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La Cina è in trappola? Perché tassi e mattone non funzionano più

Il Dragone non riesce ad accelerare sulla crescita, nonostante gli immani sforzi del governo. E così, quando imprese e consumatori non rispondono più agli stimoli della politica, il guaio diventa davvero grosso

E se la Cina fosse davvero in un vicolo cieco? Gli enormi stimoli all’economia messi in campo in questi giorni dal governo del Dragone non stanno avendo il loro effetto sulla vita reale, sui consumi e sui fatturati. In altre parole, l’economia reale non sembra rispondere alle sollecitazioni della politica.

John Maynard Keynes la chiamava trappola della liquidità, una situazione in cui la politica monetaria non riesce più ad esercitare alcuna influenza sulla domanda, e dunque sull’economia. Tradotto, tassi o non tassi, tutto rimane statico. E proprio questo starebbe succedendo nella Cina anemica come non mai. Come racconta l’autorevole testata Axios, “sebbene ci si aspettasse da tempo che la Cina rallentasse rispetto ai tassi di crescita a due cifre raggiunti regolarmente tra il 2000 e il 2010, la sua performance attuale è di gran lunga peggiore di quanto molti prevedessero solo pochi anni fa”.

E questo nonostante il recente piano di stimoli messo a punto da Pechino, a base di tassi tagliati e costo per i mutui abbattuto, “rappresenti il più grande sforzo economico da quando il Paese è passato al sistema di mercato nei primi anni ’80. Senza considerare che la Cina sta anche pianificando una nuova abbuffata di di infrastrutture finanziata dal debito, nella speranza di rilanciare l’attività economica”.

Pechino ha deciso di valutare su due piedi un ampio pacchetto di misure di stimolo all’economia, nei giorni in cui pare sia tornata molto forte la pressione del governo di Xi Jinping per rilanciare la crescita. Le proposte di stimolo includono almeno una dozzina di misure destinate a sostenere settori come quello immobiliare e la domanda interna. Per esempio, ulteriori riduzioni dei tassi di interesse, consentendo un maggiore afflusso di denaro nell’economia. “Eppure tali strumenti, che la Cina utilizza da tempo per gestire la crescita, sono sempre più inefficaci”.

Ed ecco il punto, cittadini e imprese non rispondono più a tali sollecitazioni. “I grandi shock, ripensando agli Stati Uniti all’indomani della crisi finanziaria, spesso significano che i consumatori e le aziende sono più lenti nel rispondere agli sforzi del governo per stimolare la crescita. Il concetto è emerso durante la Grande Depressione negli Stati Uniti ed è stato applicato anche al Giappone all’indomani del crollo dei primi anni ’90 che ha portato alla lunga battaglia contro il calo dei prezzi, o deflazione. Eppure, il modo tradizionale per sfuggire a una trappola della liquidità è attraverso massicci prestiti e spese del governo, qualcosa per cui il modello cinese è apparentemente ben progettato”. Apparentemente, appunto. Qualcosa non funziona.

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