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Perché gli Usa mandano una super esperta di Cina alle Isole Marshall

Gli Stati Uniti intendono rafforzare la loro presenza nell’arco insulare profondo del Pacifico. Alle Marshall arriverà un’ambasciatrice con lunga esperienza a Pechino, perché l’influenza cinese nell’area è sempre più forte

Il confronto tra Stati Uniti e Cina per il controllo dell’Oceano Pacifico tocca orma una serie di dossier infiniti, oggetto al clima di costante securitarizzazione che permea l’intero rapporto tra potenze di cui parla il professore Evan Feigenbaum. Anche il campo diplomatico è interessato a questo confronto, come dimostra la nomina di una specialista della Cina come prossimo ambasciatore degli Stati Uniti nelle Isole Marshall.

La candidata è Laura Stone, la quale ha svolto tre missioni presso l’ambasciata statunitense a Pechino, e un periodo presso l’ufficio del sottosegretario di Stato per la crescita economica “dove ha coordinato gli sforzi per contrastare l’influenza economica maligna cinese” ed è un ex vice segretario ad interim per Cina, Taiwan, Hong Kong e Mongolia. Il fatto che sia la stessa Casa Bianca a ricordare queste esperienze, a sottolinearle come un elemento di valore per la nomina, spiega di per sé il clima reale – ossia quello che va al di là delle photo opportunity permesse dalla ripresa del flusso dei contatti tra funzionari di alto livello sino-americani.

L’amministrazione Biden ha incrementato le risorse diplomatiche per i Paesi insulari del Pacifico dopo che la Cina ha siglato un controverso patto di sicurezza con le Isole Salomone nel 2022. Pechino ha ulteriormente approfondito le proprie relazioni con le Honiara siglando martedì un accordo di cooperazione congiunta per “l’applicazione della legge e le questioni di sicurezza”. Le Isole Marshall stanno invece negoziando l’estensione di un accordo di partenariato strategico con gli Stati Uniti che scadrà alla fine del 2023 e che obbliga gli Stati Uniti a fornire assistenza finanziaria e diritti di migrazione senza visto in cambio del diritto di negare l’accesso di estranei alle acque, allo spazio aereo e alla terraferma di questi Paesi.

Il lavoro di Stone sarà quello di permettere la riconferma dell’intesa tra Washington e DUD (nota come Compacts of Free Association, Cofa), che significa nella sostanza impedire che anche le Marshall finiscano oggetto delle ambizioni cinesi. A maggio il Cofa è stato ri-firmato con Micronesia e Palau. I media regionali sottolineano che la riconferma definitiva del partenariato con le Isole Marshall è stato bloccato dal disaccordo su come affrontare l’eredità dei massicci esperimenti nucleari statunitensi.

L’anno scorso, più di 100 gruppi di attivisti, ambientalisti e di controllo degli armamenti hanno sollecitato l’amministrazione Biden a scusarsi formalmente con le Isole Marshall e a fornire un equo risarcimento. “Gli abitanti delle Isole Marshall sono ancora tormentati dagli effetti sulla salute e sull’ambiente di 67 test di bombe nucleari condotti dagli Stati Uniti tra il 1946 e il 1958, tra cui ‘Castle Bravo’ sull’atollo di Bikini nel 1954, la più grande bomba statunitense mai esplosa”, scrive il Global Times inserendosi nella narrazione e rilanciandola. Nel frattempo, i diplomatici cinesi hanno corteggiato la regione e le imprese edili e minerarie cinesi hanno ampliato le loro attività nei Paesi insulari del Pacifico.

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