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Vi spiego come superare il Reddito di cittadinanza. Il punto di Spanò

Premesso che è stato giusto porre fine a una misura che ha fatto il suo tempo, ora è il momento di tornare ad ambire a una vera cultura del lavoro. E il primo passo è capire che futuro dare a chi finora ha preso il sussidio e rischia di essere rimbalzato dal mercato. Conversazione con Francesco Spanò, esperto di mercato del lavoro e saggista

Dallo Stato assistenzialista a quello lungimirante. Missione possibile? Forse. Nei giorni in cui il governo di Giorgia Meloni incassa un dividendo non scontato dai mercati, lo stop al reddito di cittadinanza per quasi 170 mila famiglie continua a creare problemi ai comuni ora alla prese con la difficile presa in carico di chi non potrà più beneficiare del sussidio.

In attesa che l’Inps si esprima con una comunicazione ufficiale, sono in corso contatti tra l’Anci e il ministero del Lavoro per cercare di risolvere alcuni problemi tecnici che causano lo scarto temporale tra il momento in cui viene revocato il Reddito di cittadinanza e l’effettiva verifica sugli aventi diritto. Ma la domanda è un’altra. E cioè, è davvero cominciata l’opera di demolizione di un sistema troppo assistenzialista e poco di mercato? Formiche.net ne ha parlato con Francesco Spanò, esperto di mercato del lavoro e saggista, nelle librerie con il volume “Lo smart working tra la libertà degli antichi e quella dei moderni” (Rubbettino).

“Il problema del Reddito di cittadinanza è che quella parte di lavoratori che dovrebbero poter lavorare, hanno un bassissimo tasso di formazione e professionalità dunque possono fare lavori tutto sommato basici. Lo sforzo da fare, è capire come inserire queste figure nel mercato del lavoro”, premette Spanò. “I sistemi di collocamento pubblico finora utilizzati, tutor o navigator che si chiamino, sono deboli e non hanno funzionato molto. E questo è il vero punto. Difficile che la formazione pubblica possa inserirli subito nel mercato del lavoro”.

Andando in profondità, Spanò spiega come sia “stato giusto dare un carattere temporaneo al Reddito. A parte il costo esoso per i contribuenti e dunque per lo Stato, diversi miliardi, abbiamo assistito a dei ritorni insufficienti, a cominciare da chi è effettivamente riuscito a trovare un lavoro. Ora c’è una scelta politica, chiara, da parte di questo governo: quella di sviluppare una cultura del lavoro al posto di un’assistenza. Personalmente penso sia meglio la prima. Peccato non esserci arrivati prima, visto che lo stop al Reddito è stato programmato mesi fa. Ora c’è da disinnescare la mina: come inserire chi ha finora percepito il Reddito nel mercato del lavoro?”.

“Faccio un esempio. Io lavoro nelle risorse umane, devo scegliere 100 lavoratori ma inserirne 10. Mettiamo che queste 10 persone non riescano a inserirsi, perché privi di costanza produttiva, non reggano il ritmo. Ebbene io non le scelgo perché rischio di interrompere la catena produttiva. E questo nonostante assumere quelle persone mi costi meno, perché ci sono degli sgravi. Ma se il rischio è spezzare la produttività, allora meglio pagare un lavoratore di più ma avere la garanzia della qualità e della tenuta della sua resa sul lavoro. Eccolo il vero problema, la vera eredità del Reddito di cittadinanza”.

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