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​Quel blitz saudita su Telefonica e le ombre di Huawei

​L’ingresso in forze della compagnia telefonica degli emiri nel colosso iberico a un primo sguardo può sembrare amichevole, pura logica di mercato per un settore non certo troppo in salute. Ma dietro l’operazione fa capolino la Cina. Le differenze tra il caso italiano e quello spagnolo

Non si può dire che sia la prima scorribanda saudita in Europa. Nel calcio, Manchester City e Psg è già successo. Ma quando ci sono di mezzo le telecomunicazioni, allora la musica cambia. E così, mentre in Italia si attende l’offerta vincolante del fondo americano Kkr per la rete primaria e secondaria di Telecom, unitamente ai cavi di Sparkle, alla quale prenderà parte anche il Tesoro italiano con un nocciolo del 20%, ecco calare l’asso dal Golfo su Telefonica, una delle più grandi compagnie telefoniche del mondo.

Saudi Telecom, il gigante delle tlc dell’Arabia Saudita, ha infatti deciso di entrare con forza nel capitale di Telefonica, acquisendo una partecipazione del 9,9% nel colosso spagnolo con base a Madrid, per un corrispettivo totale di 2,1 miliardi di euro. Attenzione, è presto per parlare di una scalata ostile. Perché Saudi Telecom, precisa una nota, “non intende acquisire il controllo o una quota di maggioranza, ma vediamo questa operazione come un’interessante opportunità di investimento per utilizzare il nostro solido bilancio, mantenendo la nostra politica dei dividendi”.

Questa acquisizione, a sentire i sauditi, rappresenta un’altra pietra miliare “nella strategia di espansione e crescita del nostro gruppo e riflette la fiducia nella crescita sostenibile e nel potenziale di crescita di Telefonica”. In Europa, la più recente operazione nel settore di Saudi Telecom è stata l’acquisizione da parte della controllata Tawal degli asset delle torri di tlc di United Group in Bulgaria, Croazia e Slovenia. “Questo significativo investimento a lungo termine”,  ha detto il presidente Mohammed K. A. Al Faisal, “è la continuazione della nostra strategia di crescita, in quanto investiamo in settori vitali della tecnologia e delle infrastrutture digitali in mercati promettenti a livello globale”.

Fin qui le parole di circostanza, doverose per non turbare i mercati. Ma i fatti raccontano almeno due verità. Primo, ad oggi i sauditi, se le autorità daranno il benestare, sono il primo socio di Telefonica e questo nonostante la presenza di uno zoccolo duro spagnolo, composto dalle banche Bbva e Caixabank (dentro ci sono anche i francesi di Societé Genérale), che insieme rastrellano su per più l’8% del capitale. Il che pone Madrid in una situazione di potenziale svantaggio in termini di grip sul gruppo. Secondo, e qui vengono le ombre della Cina, Saudi Telecom vanta ad oggi strettissimi rapporti con Huawei, commerciali fino ad oggi. Ma il passo è breve.

Proprio poche settimane fa i due colossi hanno firmato un memorandum d’intesa per lo sviluppo della banda larga in fibra ottica, parte della più ampia serie di accordi dell’Arabia Saudita con Pechino. Forse è presto per parlare di mani cinesi sulle tlc europee, ma il dubbio è lecito. Certo, il governo spagnolo si è detto vigile, ma contro il mercato può non bastare. Di sicuro, il mercato europeo delle telecomunicazioni è provato da anni di margini ridotti, sia a causa della concorrenza spietata, sia per il progressivo affollamento del mercato. E nuovi capitali possono far gola. L’Italia per il momento non ha di questi problemi, almeno sul fronte Tim, visto che la gara per la rete è a tutti gli effetti a trazione americana e italiana.

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