Il presidente Meloni non fa un endorsement al privato, semplicemente interviene in una discussione che sta interessando gli italiani. E questa cosa è perfettamente coerente con l’era comunicativa che stiamo vivendo. E non c’è nulla di cui scandalizzarsi
Dibattito nel dibattito. Non si sa se a far discutere maggiormente sia l’intervento del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a commento dello spot pubblicitario di Esselunga o lo spot stesso. Certo è che, dopo il post su X in cui il premier ha espresso un giudizio positivo sui contenuti della campagna pubblicitaria, si è alzato un vero e proprio vespaio. Una ridda di polemiche finalizzate “ad attaccare il governo”. Sì, perché “non c’è nulla di più normale, nell’epoca dell’iper-comunicazione, di un politico che interviene su un tema che esula dalla politica”. A dirlo a Formiche.net è Antonio Palmieri, ex parlamentare, esperto di comunicazione, fondatore e presidente della fondazione Pensiero Solido.
Presidente Palmieri, chi contesta l’intervento di Giorgia Meloni lo fa per questioni di “opportunità”. È un endorsement o chi avanza critiche lo fa per speculazione politica?
Il presidente Meloni non fa un endorsement al privato, semplicemente interviene in una discussione che sta interessando gli italiani. E, torno a dire, questa cosa è perfettamente coerente con l’era comunicativa che stiamo vivendo. Meloni dice che lo spot è “bello e toccante”. Dunque avanza un apprezzamento sull’oggetto comunicativo. Mi pare che non ci sia nulla di cui scandalizzarsi.
Forse il “caso” ha creato dibattito proprio perché si tratta di Esselunga, il cui fondatore si è scagliato contro il sistema di mercato della sinistra.
Ho letto diverse critiche in questa direzione, anche in relazione all’intervento di Meloni. Probabilmente l’endorsement del premier si può leggere come una forma di sostegno “culturale” a Esselunga e alla storia del suo fondatore. Ma nulla di più. È l’oggetto comunicativo ad essere efficace in se.
L’obiettivo di Esselunga era quello di generare questo cancan?
Questa domanda andrebbe rivolta a loro. Certo è che il registro comunicativo ha funzionato, ma io penso che fosse fatto per attirare l’attenzione su Esselunga non per generare questo dibattito che poi si è trasformato in scontro politico.
E allora come siamo arrivati a questo cortocircuito?
Mi sembra un po’ come il caso del libro del generale Vannacci. Se la sinistra non avesse scatenato un fuoco comunicativo di tale portata, probabilmente quel libro sarebbe stato uno dei tanti autoprodotti destinato a giacere sulle librerie virtuali di Amazon. E invece si è trovato al centro di un fortissimo dibattito.
Quindi la responsabilità è anche (e soprattutto) dei media?
Diciamo dei media politicamente orientati verso sinistra che, storicamente, hanno un impatto decisamente maggiore rispetto a quelli più vicini al centrodestra. Ma, più in generale, il “caso Esselunga” rappresenta un pretesto per attaccare chi in questo momento si trova al governo nel Paese.