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Dalla Baviera all’Ue, l’exploit di AfD e la strada imboccata da Meloni (con Ecr)

Assia e Baviera spaventano Bruxelles. Le parole di Manfred Weber, entrato senza mezzi termini nella questione migratoria tra Roma e Berlino, è una ulteriore dimostrazione di come l’intimo sentimento popolare del Ppe abbia colto davvero la possibilità offerta dalla presenza del premier italiano al gran tavolo europeo.

Non sono state piccole elezioni locali quelle di domenica scorsa in Baviera e Assia, ma segnali politici rivolti in prima battuta al governo tedesco e, per riflesso, alla nuova geografia politica europea che si appresta ad affrontare una lunga campagna elettorale sino alle europee del 2024, caratterizzata purtroppo dal quadruplo fronte critico composto da Ucraina, Nagorno, Kosovo e Israele.

Soprattutto il risultato di AfD, che è il secondo partito superando la Spd, racconta sia di un disagio/protesta territoriale contro le scelte del cancelliere Olaf Scholz, sia dei timori continentali per un asse di estremismi filo putiniani che ha come obiettivo la destrutturazione europea. Un elemento, questo, che si intreccia con l’alleanza Salvini-Le Pen da un lato e con l’aspirazione dei conservatori guidati da Giorgia Meloni di aprire una fase politica nuova nella governance Ue dall’altro.

È ormai evidente che i voti nei due Länder, che hanno in pancia quasi un quarto della popolazione tedesca, sono di fatto un barometro molto attendibile del sentimento politico generale e di come esso potrà evolversi in vista delle elezioni europee. Se Verdi, Fdp e Spd scendono, AfD e Cdu/Csu sorridono: ma a quale prezzo?

Vi sono particolari punti in comune con il 2005, quando le elezioni regionali nella Renania Settentrionale-Vestfalia furono fatali a Gerhard Schröder, ma non è tanto il fronte interno tedesco (ormai già scomposto) a destare preoccupazioni, quanto i riverberi a Bruxelles e anche a Parigi e Roma.

All’Eliseo si respira, per certi versi, la medesima aria berlinese con un governo in difficoltà, attaccato dal fronte lepenista che punta ad arricchire il suo peso specifico alle europee, come anticamera alle presidenziali. Declino economico e rabbia sociale, presenti in tandem in Francia, sono prezioso propellente per gli estremismi.

La capacità del cosiddetto centrodestra italiano di esportare quel modello anche in Ue è una scommessa che i conservatori di Ecr provano a giocare, nella consapevolezza che l’indirizzo politico impresso da Giorgia Meloni è dedicato ad un atlantismo robusto, tarato sul ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, nel fronte Sud e nell’indopacifico, senza piroette o tentennamenti, come dimostrano le decisioni sul costante sostegno all’Ucraina e sull’uscita dalla Via della Seta.

Spazi per “altre” idee non ve ne sono, così come ribadito più volte anche dal vicepremier Antonio Tajani. E le parole di Manfred Weber, entrato senza mezzi termini nella questione migratoria tra Roma e Berlino, è una ulteriore dimostrazione di come l’intimo sentimento popolare del Ppe (non solo di matrice weberiana) abbia colto davvero la possibilità offerta dalla presenza del premier italiano al gran tavolo europeo.

A patto che nessun altro (a Roma e Parigi) provi a destabilizzare un viatico già programmato e imboccato con netto anticipo.

@FDepalo

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