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Competenze e investimenti, la doppia sveglia di Federmanager al governo

Dal Parco della Musica i dirigenti italiani tornano a chiedere all’esecutivo un’accelerazione su investimenti e formazione, elementi senza i quali non ci si potrà rendere immuni alle nuove e future crisi, a cominciare dagli effetti collaterali delle due guerre alle porte dell’Europa. Pronta la risposta della politica, che fa sue le proposte del presidente Stefano Cuzzilla

Cinque ministri, un premier e centinaia di manager per una missione comune: non perdere il treno della crescita. Che non passa poi così tanto spesso. C’era aria di tutto esaurito all’Auditorium Parco della Musica, teatro dell’assemblea 2023 di Federmanager, apertasi quest’anno con un rivisitazione corale a ritmo di orchestra del celebre brano di Michael Jackson, Heal the world, subito dopo il tradizionale inno italiano.

I dirigenti dello Stivale, guidati dal presidente Stefano Cuzzilla, non hanno alcuna voglia di gettare la spugna ora che la recessione bussa alla porta dell’Europa, cominciano a scaricarsi sull’economia reale i rialzi dei tassi da parte della Bce, che il debito italiano si fa più costoso e che il conflitto in Medio Oriente apre la strada a nuovi shock. Le parole d’ordine, pronunciate più volte dallo stesso Cuzzilla dinnanzi a una platea dove erano seduti Antonio Tajani, Matteo Salvini e Adolfo Urso, Luca Ciriani e Paolo Zangrillo e, virtualmente, Giorgia Meloni, che ha mandato un videomessaggio, sono state competenza e investimenti. Perché solo così si può evitare di uscire dal guado.

L’ORA DEL PNRR

Il primo passaggio delicato della sua relazione, Cuzzilla lo ha dedicato al Pnrr, uno di quei treni poc’anzi citati che non si possono perdere, gli investimenti. “Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta per noi un vero polmone. Un’occasione storica per l’Italia, come ha ricordato il presidente Mattarella, che voglio ringraziare pubblicamente per aver accettato di ricevere una nostra rappresentanza in Udienza al Quirinale la prossima settimana: un onore per la nostra Federazione e per la categoria”.

“Il Pnrr è il volano per realizzare infrastrutture fisiche e digitali, scuole e programmi di ricerca, impianti rinnovabili e ospedali di comunità. Per ristabilire coesione sociale nell’attivarci verso i grandi obiettivi trasversali che pone: donne, giovani e Mezzogiorno. È il debito buono che abbiamo contratto in Europa a vantaggio delle prossime generazioni. Dobbiamo pretendere che siano rispettate scadenze e obiettivi e dobbiamo contribuire affinché non si perda tempo prezioso: anche su questo ci giochiamo la fiducia dei nostri partner europei”.

Non è finita. “Voglio inoltre sottolineare che il Pnrr non è un piano di spesa, è un piano di risultato. Serve a promuovere riforme e investimenti, che sono gli unici a poter sospingere verso l’alto la crescita potenziale. Di contro, per anni, la latitanza nel fare le riforme su concorrenza, fisco, semplificazione, giustizia ha prodotto uno stallo nell’economia reale mentre la carenza di investimenti pubblici ha ridotto gli organici e assottigliato il welfare. Perciò servono competenze, capacità di execution e metodo manageriale per assicurarci che questo Piano da grande occasione storica non diventi un’occasione mancata”.

COMPETENZE CERCASI

L’altro caposaldo della relazione di Cuzzilla, è stato le competenze. I manager italiani, che sono l’anello di congiunzione più delicato della catena, architrave dell’industria, devono essere ancora più preparati più di quanto lo siano oggi. Per questo è necessario “invertire il trend di investimenti pubblici aumentando quel 4,1% del Pil che destiniamo al sistema dell’istruzione e che è sotto la media europea. Dobbiamo con coraggio rinnovare il modello di istruzione, che è troppo ancorato al passato, e incentivare la formazione continua. Guardando agli adulti tra i 25 e i 64 anni, non arriviamo al 10% di chi svolge una qualsiasi attività formativa”.

“Secondo rimedio, valorizzare i talenti e trattenerli. Questo implica dotarsi di programmi di scale-up delle competenze, affinché le doti individuali possano trovare ecosistemi dove svilupparsi e crescere qui in Italia, aperti alle intelligenze di altri Paesi che dovremmo voler attrarre e poi trattenere qui, anche con sistemi di incentivazione al rientro dall’estero. Al primo gennaio di quest’anno 6 milioni di italiani hanno lasciato il nostro Paese, con una crescita del 2,2% sul 2022. In media, ogni cento giovani, 10 decidono di andarsene”. Poi, un messaggio urbi et orbi. “Abbiamo l’obbligo di rinnovare la nostra strategia di politica industriale. L’industria non è solo il tema che sta più a cuore a questa platea, ma è l’architrave della nostra economia”.

L’ASSE CON IL GOVERNO

Fin qui, il punto di vista dei manager. Poi è toccato all’esecutivo provare a fare sue le proposte dei dirigenti, tentando quel gioco di squadra che Federmanager ha sempre cercato. La sintesi è arrivata con il messaggio video di Giorgia Meloni. Poco più di tre minuti per fare da sponda ai manager. “Il cammino che il governo ha davanti è un cammino ancora lungo, sono tanti i provvedimenti concreti che saremo chiamati ad affrontare ma siamo certi che potremo sempre contare su di voi (i manager, ndr) che sapete cosa è il merito”, ha spiegato il premier.

“Perché nessuno più di voi sa quanto è importante il gioco di squadra per centrare l’obiettivo che ci si pone. La squadra è questo: governo, istituzioni, imprenditori, dirigenti e lavoratori. L’obiettivo è complesso ma rimane entusiasmante: far riscoprire all’Italia l’orgoglio di ciò che è una grande nazione all’altezza della sua storia e capace ancora di stupire il mondo”. Meloni è poi entrata nel merito delle istanze dei dirigenti. “La competitività e la competenza sono due pilastri dell’azione di governo. Per noi la parola competitività significa costruire un’Italia che possa giocarsela ad armi pari con le altre grandi nazioni del mondo. Un concetto che vale per tutti gli ambiti e a maggior ragione per le nostre imprese. Fin dal nostro insediamento stiamo lavorando per superare le rigidità del nostro sistema, per liberare le energie positive dell’Italia, lo stiamo facendo costruendo un fisco più amico, con una burocrazia alleata di chi crea ricchezza e occupazione, investendo in infrastrutture, ricerca e innovazione”.

“Bisogna poi garantire pari condizioni con le imprese straniere, con i sistemi più produttivi delle altre nazioni europee e non. Questo vuol dire stesse regole e tutele per il lavoro, sistemi fiscali allineati, medesime regole produttive, con riferimento ad esempio all’ambiente. Perché il dumping salariale, ambientale e fiscale erige un muro che si chiama concorrenza sleale, un muro che limita la competitività”.

RIPARTIRE DA SE STESSI

Il vicepremier e ministro degli Esteri Tajani ha invece puntato l’attenzione sui punti di forza e le leve dell’Italia e dalle quali il Paese deve ripartire. E ancora una volta è arrivata una sponda. “Condivido la scelta di Cuzzilla di puntare su competenze e investimenti. Ma non è una missione facile, abbiamo due guerre alle nostre porte. Non dobbiamo però mai dimenticare che il nostro straordinario sistema di imprese ci ha permesso di resistere alla crisi della Grecia, alla pandemia, agli shock dell’Ucraina. Ed è da qui che ci dobbiamo muovere”, ha spiegato Tajani.

“Io non sono un grande fan dello Stato imprenditore, se un porto è gestito da manager, allora forse può funzionare meglio. Tante cose si possono fare con una maggiore presenza del privato, il che però presuppone che ci sia una classe all’altezza. Ecco perché, e anche qui mi trovo d’accordo con i manager, la formazione dalla scuola all’Università oggi è determinante. Non si tratta di appendere una laurea alle pareti dello studio, ma di crescere nelle competenze e nella cultura di impresa e di industria. Abbiamo bisogno di manager di alto livello se vogliamo essere competitivi”.

Infine, un riferimento alla delicata partita per la riforma del Patto di stabilità. Che, secondo il vicepremier, “non deve solo essere un Patto per la stabilità, ma anche per la crescita. Con il rigore, non si va da nessuna parte”. Di connettività e necessità di una rete all’altezza del Paese ha invece parlato il ministro per le Imprese Urso. “L’Italia, se vogliamo parlare di investimenti, ha bisogno di una rete, questo è il primo passo”. Poi, inevitabile, un riferimento alla formazione. “Questo è il Paese della manifattura, possibile che qui ci sia una sorta di allergia ai licei professionali”.

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