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Come contrastare la minaccia degli Houthi? Un Memorandum per Biden

Contro gli Houthi potrebbe servire un approccio più ampio (simile a quello usato per combattere lo Stato islamico?) che inibisca le capacità di azioni e di rifornimento. Il Middle East Institute suggerisce a Biden una strategia per ristabilire l’ordine e la libertà di navigazione nell’Indo Mediterraneo

Il Programma di Difesa e Sicurezza del Middle East Institute (Mei) ha pubblicato un memorandum con cui raccomanda al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, un ruolo più ampio nel contrastare la minaccia posta al trasporto marittimo globale dall’attacco alle navi nel Mar Rosso da parte delle milizie Ansarullah – più note con il nome di Houthi, l’organizzazione militare che controlla il nord dello Yemen e riceve sostegno dall’Iran.

Il memorandum, che si intitola “Una strategia per contrastare la minaccia Houthi in mare”, arriva in risposta agli oltre 30 attacchi che da metà novembre sono stati condotti dalla milizia – usando armi iraniane – contro navi da carico e altre imbarcazioni in transito lungo le rotte dell’Indo Mediterraneo che collegano Europa e Asia. Il documento è stato redatto da cinque membri del Programma Difesa e Sicurezza del Mei: il direttore del programma Bilal Saab, il viceammiraglio in congedo Kevin Donegan, l’ex vice segretario alla Difesa per il Medio Oriente Mick Mulroy, il tenente generale in congedo Sam Mundy e Joseph Votel (generale quattro stelle ex capo dello Special Operations Command e poi del Central Comand negli anni in cui veniva sconfitta l’insorgenza statuale dello Stato islamico).

Gli autori, tutti estremamente esperti del complesso teatro geopolitico e securitario in cui si muovono gli Houthi, invocano la continuazione degli attacchi di rappresaglia da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito contro la leadership e le infrastrutture dell’organizzazione, ma sostengono che questa strategia sia insufficiente e procedono a offrire diverse raccomandazioni aggiuntive per proteggere la navigazione e contrastare le attività maligne dell’Iran nella regione.

“Per la prima volta in quattro decenni, un interesse fondamentale degli Stati Uniti nella regione su cui i presidenti americani che si sono succeduti hanno basato la loro politica mediorientale, la libertà di navigazione e il libero flusso del commercio, è sempre più a rischio”, spiega Saab: “Nella nostra nota al presidente Biden, proponiamo una strategia per contrastare in modo efficace e duraturo la minaccia Houthi in mare”.

Tra le raccomandazioni c’è l’istituzione di uno sforzo interagenzie guidato dal Comando centrale degli Stati Uniti (CentCom, quello che copre il Medio Oriente) per negare agli Houthi la capacità di prendere di mira le navi del Mar Rosso, anche attraverso sforzi per interdire il contrabbando di armi al gruppo da parte dell’Iran e attraverso continui attacchi alle infrastrutture e alla leadership Houthi.

Una strategia ampia simile a quella con cui era stato contrastato l’Is e inibito nella sua capacità di conquista e amministrazione territoriale. L’obiettivo sarebbe quello di rendere gli Houthi incapaci di attaccare, colpendo le postazioni acquisite e i carichi di rifornimento – andando dunque anche a decomporre parte del fronte miliziano che l’Iran ha costruito negli anni, armato e reso semi-indipendente per agenda e obiettivi, ma controlla per interessi e finalità.

L’analisi invita anche l’amministrazione Biden a consentire al Comandante della 5a Flotta statunitense di esercitare la cosiddetta “autodifesa collettiva” delle navi battenti bandiera statunitense, di proprietà, con equipaggio o gestite dagli Stati Uniti, o delle navi che richiedono la protezione degli Stati Uniti durante il transito nel Mar Rosso o nel Golfo di Aden.

Inoltre, gli autori chiedono un aumento dei fondi per l’aggiunta di navi di sorveglianza senza equipaggio (Usv) per pattugliare continuamente (e a basso rischio) quelle rotte – una richiesta complessa in un momento in cui Biden deve anche rispondere delle necessità di campagna elettorale, tra le pressioni al disingaggio mediorientale che durano da almeno quattro mandati, e la non belligeranza di parte della base elettorale bipartisan.

Infine, pur chiedendo un ruolo più ampio degli Stati Uniti, le raccomandazioni richiamano anche l’attenzione sugli strumenti internazionali a disposizione, come il reinvestimento nel Meccanismo di ispezione di verifica delle Nazioni Unite (UnVim), incaricato di monitorare e facilitare i flussi commerciali verso lo Yemen e i partenariati con gli alleati europei e arabi.

Gli europei entro poche settimane dovrebbero avviare la missione “Aspides”, che però ha uno scopo diverso da quello proposto dal Mei, in quanto sarà puramente difensiva indirizzata a produrre deterrenza all’interno di un quadro securitario in cui la deterrenza è saltata da tempo.

Gli arabi, nonostante appartengano a sistemi multinazionali per la sicurezza marittima della regione (come le Combined Maritime Forces), sul dossier hanno sempre tenuto una posizione sotto traccia, perché vogliono evitare di essere troppo assimilati a coloro che forniscono protezione alle attività di Israele. Questa narrazione è rischiosa, dato che sin dall’inizio degli attacchi indo-mediterranei gli Houthi hanno dichiarato di voler colpire le navi riconducibili a Israele o ai suoi alleati per rappresaglia contro l’invasione della Striscia di Gaza (anche se l’obiettivo degli Houthi è collegato al destino palestinese solo a livello di opportunità narrativa, mentre mira a sfruttare la situazione per far valere la forza della loro capacità militare sul futuro dello Yemen).

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