Il fatto che il comando tattico dell’operazione Aspides sia stato affidato all’Italia è un grande segno di stima internazionale e al contempo fonte di seria responsabilità. Ora il Parlamento deve marciare unito: ne va anche dell’impegno sulla difesa comune europea. Conversazione con la deputata Federica Onori (Azione)
C’è già chi storce il naso. Domani arriva in Aula la deliberazione del Consiglio dei Ministri sulla partecipazione italiana all’operazione Aspides. Mar Rosso. Dalle parti di Sinistra Italiana si preannunciano voti contrari all’indirizzo del governo. Resta da capire, invece, cosa farà il Movimento 5 Stelle. E, in questo, andrà considerata di conseguenza anche la posizione del Pd che invece sembra essere orientato ad avallare la linea di Giorgia Meloni. Chi invece sosterrà convintamente la partecipazione italiana è Azione, la cui linea è anticipata dalla deputata – ex 5 Stelle – Federica Onori nella sua intervista a Formiche.net.
Onori, domani si vota l’autorizzazione del Parlamento alla missione Aspides. Quale sarà la linea del suo partito?
Si, domani arriva in Aula la deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell’Italia a ulteriori missioni internazionali per l’anno 2024, ivi incluse l’Operazione Aspides. Dati i tempi che corrono si tratta di un appuntamento politico di grande rilievo. La postura dei vari partiti rispetto alle missioni internazionali parla senza possibilità di bluff della identità politica e dei valori del gruppo rispetto ai grandi temi di politica estera e alla connessa visione strategica delle dinamiche internazionali. Azione ha sempre mirato a sostenere una Italia, saldamente ancorata a due pilastri della sua azione esterna – l’Unione europea e l’Alleanza atlantica – ribadendo l’adesione ai valori che questa solida appartenenza comporta. La partecipazione italiana alle missioni militari e civili andrebbe sempre concepita all’interno di tale cornice strutturale, come strumento per la salvaguardia dell’interesse nazionale mediante la tutela della pace e della sicurezza nei contesti internazionali. Domani voteremo in modo coerente con questa posizione.
Quale dovrebbe essere, secondo lei, il ruolo dell’Italia in quell’area?
L’obiettivo dell’operazione Aspides è contribuire alla salvaguardia della libera navigazione e alla protezione del naviglio mercantile in transito in un’ampia area che include Mar Rosso, Golfo di Aden e Golfo Persico, con compiti eminentemente difensivi. E in particolare, sappiamo che il Consiglio Ue ha affidato ad Aspides tre compiti principali: garantire la conoscenza della situazione marittima, accompagnare le navi nell’area di operazione così come proteggere le navi da attacchi multi-dominio in mare, nel pieno rispetto del diritto internazionale, compresi i principi di necessità e proporzionalità. Il fatto che il comando tattico sia stato affidato all’Italia è un grande segno di stima internazionale e al contempo fonte di seria responsabilità. Ricordo infatti che il Force commander, ossia chi risulta a guida delle operazioni nel teatro operativo a bordo della nave ammiraglia, è il Contrammiraglio Stefano Costantino. A mio avviso, in quest’area dobbiamo portare avanti la nostra virtuosa tradizione di Paese dalle riconosciute e apprezzate capacità di difesa degli interessi sensibili, stabilizzazione e mediazione in contesti di crisi decisamente complessi.
Ritiene che una risposta compatta del parlamento su questo dossier possa rafforzare la posizione italiana anche in chiave europea?
Sicuramente sarebbe un bel segnale di unità del Parlamento di fronte a tutta una vasta gamma di serie minacce agli interessi nazionali ed europei in gioco nel Mar Rosso che hanno una rilevanza e un impatto che va ben oltre l’area di crisi direttamente interessata dalle operazioni oggetto di esame parlamentare. Così come per altri dossier di politica estera, penso ad esempio al sostegno anche militare all’Ucraina, un Parlamento coeso e compatto potrebbe fare la differenza rispetto al ruolo dell’Italia nei diversi consessi internazionali. Purtroppo invece vediamo che tanto all’opposizione quanto nella maggioranza questa unità viene puntualmente compromessa, con grande giovamento di quegli attori esterni che hanno un grande interesse affinché ci sia un’Europa debole e un’Italia facilmente influenzabile.
Pensa che si possa, in effetti, consumare una frattura tra Movimento 5 Stelle e Pd su questo voto?
Credo che chi siede in Parlamento dovrebbe cercare di fare tutto il possibile per portare beneficio al nostro Paese in una congiuntura storica così delicata. Personalmente reputo che non sostenere l’avvio di queste tre nuove missioni di sarebbe un atto di estrema miopia rispetto agli interessi italiani ed europei, e con buona probabilità, un mero atto ideologico. Gli effetti dell’attuale instabilità nella regione sono stati più che concreti: in un mese, il traffico marittimo nel Mar Rosso è diminuito del 30% rispetto al mese precedente, a causa dell’aumento dei costi del trasporto marittimo. Si è così creata una crisi nel sistema di connettività internazionale e nel trasporto di merci e risorse primarie da e verso l’Europa. Il commercio estero italiano ha riportato perdite per 8,8 miliardi di euro, pari a 95 milioni di euro al giorno. A quanto detto, si aggiungano ulteriori serie conseguenze sul sistema portuale italiano e sul suo indotto. Si stima che siano a rischio 2,5 miliardi di euro del sistema di trasporto e logistica italiano, filiera che nei territori presi in considerazione coinvolge circa 13.000 imprese. Tutto ciò non è un caso ma frutto di una precisa agenda di distruzione da parte di potenze che operano in maniera spregiudicata e al di fuori della legalità internazionale. Serve quindi una risposta equilibrata e lungimirante ma al tempo stesso diretta e chiara.
Al netto di Aspides, non le pare che il contraccolpo della polveriera Mar Rosso riaccenda pesantemente la necessità di una difesa comune europea?
Si. E questo è uno dei grandi temi politici che da tempo Azione solleva a vari livelli. Una difesa comune europea è un passo necessario, fondamentale se si vuole garantire stabilità e pace duratura nella nostra regione e, allo tesso tempo, se si vuole finalmente far percepire l’Ue quale attore globale capace di parlare con una voce sola e tutelare i propri interessi vitali in maniera credibile, forte, coesa. Inoltre, io ritengo che, proprio in questo momento storico, sia opportuno guardare allo strumento dei Corpi di Pace Europei (Ccpe). A febbraio ho presentato un’apposita interrogazione sul tema. ritengo, infatti, che adesso sia essenziale affrontare questi temi. A mio avviso, lo scenario di sicurezza globale indica più che mai la necessità di costituire un Corpo civile di pace sovranazionale, in grado di intervenire dove ci sia un conflitto o quando lo stesso finisca, così come al fine di prevenire eventuali escalation. Con un pizzico di soddisfazione posso dire che ora anche le maggiori Istituzioni europee sembrano guardare con maggiore attenzione in questa direzione. Nel primo semestre del 2024 è prevista una prima conferenza annuale sulle capacità civili nell’ambito del processo di sviluppo delle capacità civili (CCDP), nel contesto di un percorso di rafforzamento del nuovo patto sulla dimensione civile della politica di sicurezza e difesa comune (PSDC). Il 28 febbraio, il Parlamento europeo nella sua risoluzione annuale di attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, ha invitato il Consiglio ad avviare un progetto per istituire un corpo civile europeo di pace che riunisca le competenze degli attori istituzionali e non istituzionali in materia di prevenzione dei conflitti, nonché di risoluzione pacifica degli stessi e di riconciliazione, al fine di rendere più credibile, coerente, efficace, flessibile e visibile la gestione civile delle crisi da parte dell’Ue. Lo considero un segnale positivo. la politica deve cogliere l’attimo.
Qual è attualmente lo stato di interazione europea su questo versante?
Adesso è il momento di agire sinergicamente a livello nazionale, europeo e internazionale per affrontare gli attuali scenari di crisi che mettono a rischio l’architettura di sicurezza globale. Credo che lo strumento dei Corpi civili di pace meriti di essere sviluppato in tutte le sue potenzialità. Il momento storico lo richiede.