Le Filippine sono “un punto caldo davvero critico in questo momento che potrebbe finire in una brutta situazione”, dice il capo della forze armate americane nell’Indo Pacifico. La tensione tra Manila e Pechino è altissima, e c’è un trattato di mutua difesa che obbligherebbe Washington a rispondere alle aggressione contro gli alleati filippini
La Cina continua a svolgere “attività belligeranti, pericolose e aggressive” nel Mar Cinese Meridionale, ha dichiarato il 20 marzo, durante un’audizione alla Commissione Servizi armati della Camera, l’ammiraglio John Aquilino, capo dell’IndoPaCom, il comando del Pentagono che si occupa di Indo Pacifico. Aggiungendo di essere molto preoccupato per la situazione attorno alle Filippine, che sono “un punto caldo davvero critico in questo momento che potrebbe finire in una brutta situazione”. E ancora: “Il fatto che ora stiano speronando le navi filippine […] mi preoccupa dove potrebbe andare a finire. Se un marinaio o un soldato o uno dei loro membri venissero uccisi, potrebbero invocare l’Articolo 5 del trattato di mutua difesa. E questo metterebbe i nostri decisori politici in una situazione che richiederebbe scelte davvero difficili”.
Durante un’audizione, un legislatore chiede, riferendosi alle immagini che stanno circolando anche in questi giorni delle manovre pericolose tra Cina e Filippine se ci sono “meccanismi di comunicazione mil-to-mil” per ridurre il rischio di certi episodi o incidenti (significa che la politica americana vuole sapere dal campo del comando del Pentagono che copre l’Indo Pacifico se ci sono modi “military-to-military” per evitare che una manovra avventata finisca come miccia di innesco di una guerra, e vuole soprattutto essere aggiornata su come procedere la distensione nelle comunicazioni militari tra cinesi e americani). La risposta è interessante: “Esistono procedure in atto per evitare incidenti pericolosi e non sicuri. Lo facciamo da decenni. Gli Stati Uniti hanno un codice per gli incontri non pianificati in mare. Le Filippine possono usarlo. Hanno comunicato con la Prc (Repubblica popolare cinese, ma la Prc continua a svolgere questa attività belligerante, pericolosa e aggressiva per impedire ai pescatori filippini di esercitare i propri diritti all’interno della loro zona economica esclusiva a Scarborough Shoal. E hanno anche impedito il rifornimento delle forze filippine sulla Sierra Madre a Second Thomas Shoal”.
Aquilino poi ricorda che queste attività non si basano su esterni di legalità, perché nel 2016 un giudizio arbitrale ha stabilito che la Cina non ha alcun diritto legale sull’area di Second Thomas Shoal. “Eppure continuano a diffondere la percezione e ad affermare che si tratta di territorio sovrano cinese. Non è!”.
“Le provocazioni della Repubblica popolare cinese nel Mar Cinese Meridionale hanno prodotto il ferimento dei membri dell’equipaggio filippino, hanno minato la stabilità regionale e hanno mostrato un chiaro disprezzo per il diritto internazionale. Gli Stati Uniti stanno al fianco dei nostri alleati filippini”. Questa dichiarazione del dipartimento di Stato è invece uscita dopo l’audizione, il 23 marzo, e segna un precedente chiaro, marcando una posizione netta (nota) presa da Washington riguardo alle dispute in corso, con l’accusa diretta alla Cina di aver ferito persone di un Paese rivale – e alleato americano attraverso un trattato di mutua difesa – nell’ambito delle rivendicazioni.
Le Filippine hanno convocato lunedì l’ambasciatore cinese per protestare contro le “azioni aggressive” di Pechino nel Mar Cinese Meridionale. Il ministro della Difesa di Manila ha anche sfidato la Repubblica popolare a sostenere le sue ampie rivendicazioni di sovranità portandole (di nuovo) davanti al giudizio dell’arbitrato internazionale. Tutto avviene dopo che sabato scorso la guardia costiera cinese ha utilizzato un cannone ad acqua contro una barca civile che stava rifornendo le truppe filippine al Second Thomas Shoal, atollo semi-sommerso dove è spiaggiata al Sierra Madre, navi militare che attualmente fa da avamposto filippino sulle rivendicazioni cinesi (notare che al di là di tutto, la Cina dista oltre mille chilometri da Second Thomas Shoal). La manovra della Guardia Costiera Cinese ha prodotto danni all’imbarcazione e ha ferito alcuni membri dell’equipaggio. I cannoni ad acqua hanno infatti un getto potentissimo.
La risposta di Pechino è stata quella di accusare le Filippine di intrusione nelle sue acque, sostenendo una sovranità indiscutibile sulla scogliera, nonostante esista già quella sentenza del 2016 del Tribunale Permanente di Arbitrato, in un caso portato da Manila, secondo cui la rivendicazione cinese non aveva basi secondo il diritto internazionale. Le Filippine hanno anche convocato una riunione di alto livello per preparare raccomandazioni da presentare alla presidenza su come procedere nella disputa.
In questo contesto di crescenti tensioni nel Mar Cinese Meridionale, le Filippine e gli Stati Uniti hanno annunciato che terranno esercitazioni navali congiunte al di fuori delle acque territoriali filippine nel West Philippine Sea il prossimo mese. Questa mossa, la prima del genere in 39 anni, è un chiaro segnale di solidarietà e di deterrenza contro le azioni provocatorie della Cina nella regione, che per altro arriva a poche settimane dall’incontro a tre – con il Giappone – che sarà ospitato a Washington.
Stati Uniti, Filippine e Giappone terranno un vertice trilaterale di massimo livello (ossia vi parteciperanno il padrone di casa Joe Biden, il leader filippino, Ferdinando Marcos Jr, e il premier nipponico Kishida Fumio). Il summit, previsto per l’11 aprile, si concentrerà sulla cooperazione economica, le catene di approvvigionamento di energia pulita, la cooperazione climatica e la promozione della pace e della sicurezza nell’Indo-Pacifico. La riunione dei leader rappresenta un’ulteriore dimostrazione dell’impegno condiviso per un Indo Pacifico libero e aperto e per il rispetto del diritto internazionale.
Questi sviluppi riflettono la complessità delle dinamiche geopolitiche nella regione e l’importanza che Washington dà alle alleanze strategiche. In particolare, l’asse nippo-americano che prossimamente vedrà il più importante aggiornamento in sessant’anni di patto di difesa congiunta – e probabilmente anche per questo Pechino attacca Tokyo usando come leva il Gcap e facendoci finire in mezzo, automaticamente, anche l’Italia. Mentre le esercitazioni congiunte e i vertici diplomatici rafforzano la posizione delle Filippine, rimane da vedere come la Cina reagirà a queste mosse coordinate, che sfidano le sue ambizioni territoriali nel Mar Cinese Meridionale, perché è possibile che il leader Xi Jinping non accetti di sembrare debole davanti a certe costruzioni, e risponda non solo con la narrazione, ma anche con gesti più eloquenti e diretti – ed è qui che le preoccupazioni dei legislatori prendono ulteriore peso.
C’è poi un elemento ulteriore di valore più strategico: l’incontro a tre di Washington è importante perché da diverso tempo si discute della possibilità di includere le Filippine nel Quad, modificando la struttura a quattro – Usa, India, Giappone e Australia. Le Filippine sono il Paese con cui gli Stati Uniti hanno stretto di più la cooperazione negli ultimi mesi, anche come reazione alle coercizioni cinesi (attenzione: è in corso una guerra di informazioni intensissima tra Manila e Pechino per un rimbalzo di responsabilità). Manila è stata anche la prima capitale a cercare Tokyo mentre si manifestava l’esigenza di creare cooperazioni anche regionali per evitare di finire schiacciati nello scontro tra potenze.