Il censimento in Kosovo boicottato dai serbi. Ma non c’è purtroppo solo la contrapposizione tra Pristina e Belgrado nel costone balcanico alla voce fronte di crisi, bensì anche la situazione in Bosnia Erzegovina che potrebbe essere alla base di nuovi e pericolosi moti popolari: la prima conseguenza sarebbe nuovo caos, nelle stesse settimane in cui sono iniziati i negoziati per l’adesione all’Unione europea
Sembrano lontani anni luce i giorni degli accordi di Ocrida, quando tra Kosovo e Serbia sembrava profilarsi una nuova stagione di dialogo e di buon vicinato dopo le aspre contrapposizioni figlie di rancori mai sopiti post guerra nella ex Jugoslavia. Il censimento annunciato in Kosovo registra l’immediato boicottaggio da parte serba, a dimostrazione di una situazione sempre più al limite: il principale partito dei serbi, Srpska Lista, ha deciso di mettersi di traverso. Il tutto mentre un procuratore serbo chiede il carcere per gli omicidi commessi da nove soldati dell’ex esercito jugoslavo in quattro villaggi del Kosovo intorno alla città di Peja nella primavera del 1999.
Qui Kosovo
Il popolo serbo non parteciperà alla falsa registrazione, ammoniscono dal partito Srpska Lista, secondo cui con questa iniziativa di Pristina si vuole confermare “il successo dei suoi atti vergognosi diretti all’espulsione dei serbi”. La presa di posizione segue la messa al bando del dinaro serbo, decisione fortemente contestata da Belgrado perché avrebbe notevoli riflessi sociali sulle condizioni generali della popolazione serba in Kosovo. Il vertice ad hoc convocato due giorni fa a Bruxelles non è riuscito a trovare un’intesa su questo aspetto.
Nel Paese intanto la ribelle regione settentrionale si avvicina progressivamente ai desiderata di Pristina, con la conseguenza di allontanare le istituzioni serbe: in sostanza è messo in crisi l’intero impianto dell’accordo mediato dall’Ue per normalizzare le relazioni tra i due Paesi.
Qui Ue
Preoccupazione è stata espressa da Peter Stano, portavoce del Servizio europeo d’Azione esterna, secondo cui un’aspettativa fondamentale dell’Unione europea nei confronti di Serbia e Kosovo è quella che inizino ad attuare l’accordo che entrambi hanno concordato più di un anno fa. “Se non riusciranno o se continueranno a non attuare quanto concordato, ciò avrà gravi conseguenze”.
Belgrado insiste sul concetto di autonoma serba, che invece il Kosovo chiama Associazione in quanto punta ad avere sul proprio territorio un organismo minimo con un ruolo puramente di coordinamento per i comuni che ne farebbero parte.
Qui Serbia
Anche per questa ragione il presidente serbo Aleksandar Vucic dovrebbe partecipare a New York alle riunioni presso le Nazioni Unite focalizzate su Kosovo e Srebrenica. Il prossimo 22 aprile infatti la periodica seduta del consiglio di sicurezza si concentrerà sull’ultimo rapporto di Unmik, la missione dell’Onu in Kosovo.
Intanto prende forma la squadra serba contro l’adesione del Kosovo al Consiglio d’Europa, che verrà guidata dal ministro degli Esteri serbo uscente Ivica Dacic, assieme al direttore dell’Ufficio del governo serbo per il Kosovo Petar Petkovic. Il team, sollecitato direttamente da Vucic, sarà composto anche da altri esponenti provenienti dal ministero degli Esteri, dall’Assemblea nazionale, con alcuni ministri come Tanja Miscevic, ministra per l’Integrazione europea e Tomislav Momirovic del commercio.
Scenari
Non c’è purtroppo solo la contrapposizione tra Serbia e Kosovo nel costone balcanico alla voce fronte di crisi, ma anche la situazione in Bosnia Erzegovina che potrebbe essere alla base di nuovi e pericolosi moti popolari: la prima conseguenza sarebbe nuovo caos, nelle stesse settimane in cui sono iniziati i negoziati per l’adesione all’Unione europea, passaggio che Palazzo Chigi ha definito “storico”. Il governo italiano ha espresso da tempo grande soddisfazione per l’apertura dei negoziati, anche perché con questa decisione l’Unione europea invia un messaggio chiaro e inequivocabile non solo a Sarajevo, ma a tutti i Balcani Occidentali. “È un grande passo in avanti, in quella che noi chiamiamo riunificazione”.
Ieri è stato in visita nel Paese il premier ungherese Viktor Orbán, che ha promesso di sostenere l’adesione all’Ue della Bosnia-Erzegovina “il prima possibile”, non appena l’Ungheria assumerà la presidenza del Consiglio europeo a luglio. Nell’occasione è stato ricevuto dalla premier bosniaca Borjana Kristo.
Poco dopo Orbán ha visitato Banja Luka, dove ha parlando con il presidente filo-russo della Repubblica Srpska, entità serba del Paese, Milorad Dodik. A Orbán è stata concessa l’onorificenza della collana dell’Ordine della Repubblica Srpska.