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Terre rare, la nuova carta della Grecia da giocare in Europa

Se ai giacimenti di gas e petrolio si sommasse l’impatto dei materiali rari si otterrebbe un quadro d’insieme con, da un lato, la possibilità per l’Europa di avere una diversificazione oggettiva rispetto al monopolio cinese e, dall’altro, la definitiva consacrazione della Grecia come jolly energetico del Mediterraneo. Il tutto in attesa delle decisioni sul gasdotto EastMed, che potrebbe mettere a regime i copiosi giacimenti di gas presenti nelle acque di Cipro, Egitto e Israele

La Grecia si potrebbe aggiungere a Svezia, Groenlandia e Norvegia per la presenza nel proprio sottosuolo di materiali rari e preziosi. Se i rilievi confermeranno le prime indicazioni, ecco che non ci sarebbero solo benefici economici per la Grecia stessa, ma il Paese avrebbe nelle proprie mani una carta geopolitica da giocare sul tavolo europeo (e anche extra Ue), con la possibilità di contribuire alle esigenze delle industrie continentali in vari settori, che comprendono i microchip, le batterie di cellulari e tablet, gli schermi dei computer, le fibre ottiche, i laser per satelliti, i sistemi d’arma, le turbine eoliche e il fotovoltaico.

Analisi

Le analisi svolte nell’ultimo triennio in varie regioni elleniche da parte dell’Istituto di ricerca geologica e mineraria (Igme) e dall’Autorità ellenica per la ricerca agricola e mineraria (EAGME), hanno rilevato un alto contenuto di terre rare in aree della Grecia centrale e settentrionale (Lokris, Florina, Parnassos), nell’isola di Samotracia, a Loutra Eleftheron Nea Peramos e alle foci dei fiumi Evros, Strymonas e Nestos, ma anche nell’ambiente sottomarino tra Alexandroupolis e nella penisola Calcidica, dove il contenuto di terre rare è dell’1,17%.

Dovrebbero essere presenti lateriti, bauxite, rocce magmatiche alcaline, fosforiti, sabbie nere, oltre all’elemento radioattivo torio. Il passo successivo è un processo burocratico che potrebbe richiedere fino a 10 anni per vedere il pieno sviluppo di un giacimento, in virtù di carotaggi, valutazioni di impatto ambientale e, solo dopo, perforazioni regolari.

Volontà politica

Non c’è solo la Grecia ad essersi “accorta” delle proprie potenzialità di natura energetica grazie alla volontà del governo guidato dal conservatore Kyriakos Mitsotakis, dopo i no ideologici di Alexis Tsipras: anche l’Ue ha deciso di accelerare queste procedure perché spaventata dal monopolio cinese. Per cui ha messo a punto nuove norme che consentono di accelerare le procedure. Infatti con il Critical Raw Materials Act (Crma) si prevede di ridurre a 24 mesi i tempi per il rilascio delle licenze minerarie, definendo progetti strategici ammissibili al finanziamento, fissando obiettivi di approvvigionamento, produzione e riciclaggio nazionali, ma anche la creazione di risorse permanenti e centri di produzione di magneti, il 94% dei quali proviene dalla Cina.

La Grecia può approfittare di questa nuova rete legislativa e recuperare il tempo perso anche in chiave continentale. Al momento Pechino resta il principale fornitore mondiale di questi preziosi minerali rari, ma al contempo Bruxelles prova a garantirsi una minima autonomia con i giacimenti di Norra Karr in Svezia, Kvanefjeld e Kringlerne in Groenlandia, Fen in Norvegia.

Scenari

Gas e terre rare rappresentano potenzialmente una doppia scommessa che la Grecia può vincere. In primis occorre ricordare che il gasdotto Tap, che passa dalla Grecia per sboccare in Salento, ha impedito che la crisi del gas post invasione russa dell’Ucraina avesse effetti ancora più gravi sull’Italia e sull’Europa. Nello scorso anno l’Ue ha ricevuto circa 12 miliardi di metri cubi di gas dall’Azerbaigian, con la prospettiva di raddoppiare il commercio di gas entro il 2027. Parte del Corridoio meridionale riguarda anche l’Italia attraverso il gasdotto che attraversa Grecia, Albania e Italia. Bruxelles dunque lavora per raddoppiare la capacità del gasdotto da 10 a 20 miliardi di metri cubi entro il prossimo triennio.

Ma oltre al Tap la Grecia ha in piedi una serie di rilievi per la presenza di gas e petrolio nelle isole ioniche, al largo di Creta e del Peloponneso, con il coinvolgimento di super players come ExxonMobile. Nel Mar Egeo, in prossimità del punto più profondo del Mediterraneo (l’Oenousses Frere, a 5.269 metri di profondità), la ExxonMobil-HellenIQ Energy sta lavorando su due giacimenti, che presentano gli stessi dati incoraggianti trovati nelle aree a ovest e sud-ovest di Creta. Anche Chevron sta per entrare in gioco perché i due giacimenti ellenici in questione sarebbero i più grandi del Mediterraneo orientale e probabilmente gli ultimi ad essere perforati.

Se a questo scenario si sommasse l’impatto dei materiali rari si otterrebbe un quadro d’insieme con da un lato la possibilità per l’Europa di avere una diversificazione oggettiva rispetto al monopolio cinese e, dall’altro, la definitiva consacrazione della Grecia come jolly energetico del Mediterraneo. Il tutto in attesa delle decisioni sul gasdotto EastMed, che al netto delle difficoltà economiche, belliche e diplomatiche potrebbe mettere a regime i copiosi giacimenti di gas presenti nelle acque di Cipro, Egitto e Israele. Non male per un’area che esattamente dieci anni fa era sull’orlo della bancarotta.

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