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Bond cinesi per testare la fiducia degli investitori. La carta di Pechino

Pechino sta per lanciare una gigantesca emissione obbligazionaria di titoli di Stato a 30 anni, per quasi mille miliardi di yuan. Una mossa rara nella storia recente e spesso usata per emergenza, ma senza la quale il Dragone non potrà capire il livello di fiducia rimasto intorno alla sua economia

Forse è nell’ora della difficoltà e del bisogno che si vede quanto un’economia possa essere ancora viva e non morta e sepolta. Priva dei suoi capitali, dei suoi paperoni, con le Borse sull’ottovolante, i consumi depressi, un settore immobiliare ormai fossilizzato, le banche a corto di liquidità e un governo senza una vera strategia di rilancio, nonostante il recente Congresso del Popolo farcito di buoni propositi, la Cina affronta ancora una volta di petto i mercati. Provando a saggiare il livello di fiducia rimasto verso il Dragone.

Come? Il governo cinese inizierà a emettere obbligazioni sovrane speciali a lunghissima scadenza. Già questo venerdì, infatti, partirà la vendita del primo lotto di obbligazioni del Tesoro speciali a lungo termine per un valore di mille miliardi di yuan (138,37 miliardi di dollari), nell’intento di “fornire maggiore sostegno alla seconda economia mondiale”. Un test lungo, quasi una maratona obbligazionaria, dal momento che il collocamento si svolgerà da maggio a novembre, con una quantità non specificata di titoli del Tesoro a 30 anni.

Ma al netto delle dichiarazioni di facciata, ovvero quelle che rimarcano la necessità di garantire risorse e liquidità alle finanze, ce n’è anche una più strategica: capire cosa il mercato pensi davvero della Cina, in un momento di nuove tensioni commerciali con gli Stati Uniti sul fronte delle auto elettriche e di neo-colonialismo delle quattro ruote, condito di concorrenza sleale ai danni dell’Occidente. Tornando ai bond statali cinesi, le obbligazioni a 20 e 50 anni saranno vendute rispettivamente il 24 maggio e il 14 giugno, con l’intento, parole di premier Li Qiang, di utilizzare i fondi raccolti per sostenere mega progetti e settori in linea con i principali obiettivi strategici di sviluppo e per promuovere la sicurezza nazionale.

Insomma, Pechino ha deciso di ricorrere a strumenti raramente messi in campo per sostenere l’economia. La Cina, infatti, ha venduto titoli di Stato solo in occasioni particolari, a fronte di gravi difficoltà economiche, come all’inizio del 2020 per contribuire a finanziare gli sforzi per contrastare la pandemia. Il target di crescita ufficiale per il 2024 resta un pil a circa il 5%, cifra considerata ambiziosa da molti economisti, ma tra le più basse degli ultimi 30 anni al netto della periodo della crisi del Covid.

Secondo gli esperti il lancio delle emissioni era ampiamente atteso ma è stato annunciato leggermente prima di quanto ci si potesse aspettare. La comunicazione è arrivata dopo alcuni dati peggiori del previsto. Il settore del credito cinese si è infatti contratto ad aprile con il rallentamento delle vendite di titoli di Stato, mentre l’espansione dei prestiti è stata peggiore delle attese, a segnalare una domanda debole a dispetto degli sforzi delle autorità di Pechino.

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