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Spazio, mentre gli altri corrono, l’Europa che fa? Parla Spagnulo

In attesa di conoscere i dettagli della legge italiana per lo Spazio, lo scenario globale si fa sempre più complesso, con diversi attori, tra partner e competitor, che spingono molto sul settore. In questo quadro, il Vecchio continente rischia di rimanere indietro. L’intervista di Airpress a Marcello Spagnulo, ingegnere ed esperto aerospaziale

Mentre l’Italia si appresta ad avere una propria legge sullo Spazio, essendo stata già prevista come collegato alla Legge di Bilancio, che verrà portata in Consiglio dei ministri nelle prossime settimane, l’Europa sembra rallentare. In un momento, però, in cui le sfide internazionali aumentano e i competitor corrono a passo svelto. Airpress ne ha parlato con l’ingegnere ed esperto aerospaziale Marcello Spagnulo.

Il ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, ha illustrato di recente alcune linee guida della prima Legge organica sullo Spazio ai Distretti regionali tecnologici aerospaziali. In attesa di conoscere i dettagli della legge, a che punto siamo con la formazione della nuova regolamentazione, e cosa ci dovremmo aspettare dalle nuove norme?

Il contenuto completo della proposta legislativa deve ancora essere reso noto quindi possiamo riferirci a quanto anticipato dal Mimit sui principali criteri su cui si è basato il progetto di legge e che sostanzialmente riguardano la mitigazione dei detriti orbitali, la sostenibilità del comparto industriale, il mutuo rispetto delle attività spaziali tra paesi, il divieto d’interferenze nocive, la trasparenza e la condivisione delle informazioni sulle missioni spaziali, e l’obbligo di autorizzazione per operatori privati. Si tratta di temi del tutto condivisibili ma che per la natura globale delle attività spaziali dovranno necessariamente essere poi trattati e condivisi a livello europeo e internazionale.

Infatti, veniamo al tema europeo, mentre in Italia la legge sullo Spazio sembra procedere, in Europa il medesimo processo sembra essere in fase di stallo. Cosa sta succedendo a Bruxelles?

L’anno scorso la presidente della Commissione Ursula von der Leyen aveva annunciato il piano per una legge spaziale europea; a gennaio il Commissario Ue Thierry Breton aveva dichiarato, aprendo la Eu Space Conference a Bruxelles, che la proposta di legge sarebbe stata pubblicata in breve tempo. Ma solo qualche giorno fa, Breton in audizione al Parlamento ha detto che se ne riparlerà dopo l’estate, il che vuol dire che la questione passa alla prossima Commissione che verrà formata dopo le elezioni. La questione è complessa. Come riportava Politico.eu un mese fa, i piani della Commissione prevedevano, in estrema sintesi, di creare un’etichetta spaziale europea da utilizzare per certificare le aziende che rispettano le regole sulla sostenibilità e sicurezza, più o meno nello stesso modo con cui si certificano lavatrici o televisori, per dirla in maniera un po’ brutale. Ma al di là del paragone colorito, la questione ruota su un tema fondamentale: chi è l’ente certificatore? E qui le divergenze politiche tra i principali paesi Ue sembra si siano acuite. Non è un caso che di queste tensioni ne stia facendo per il momento le spese anche il progetto satellitare Iris2 con il ministro tedesco dell’economia Robert Habeck il quale ha scritto a Breton di non procedere con l’assegnazione dei contratti industriali e di riazzerare la procedura di offerta perché, a suo avviso, il progetto sarebbe “troppo francese”, e qui cito le testuali parole del quotidiano Le Figaro.

Nel frattempo, però, i principali competitor dell’Europa continuano a correre. In particolare, Russia e Cina sembrano star intensificando il proprio dialogo su diversi temi, a partire da quello dell’alta tecnologia e dell’aerospazio…

Lo Spazio è sempre di più una dimensione di proiezione geopolitica e nel contesto globale di multi-polarizzazione assistiamo a evoluzioni rapide. Proprio in questi giorni il presidente russo Putin è in Cina e poco prima di sbarcare a Pechino ha rilasciato un’intervista all’agenzia Xinhua News in cui ribadisce che lo Spazio è uno dei temi della collaborazione e dell’amicizia “senza limiti” tra i due Paesi. Nel corso della sua visita, il presidente russo accompagnato dal neonominato ministro della Difesa Belousov, ha visitato l’Istituto di tecnologia HIT di Harbin con un simbolismo che non deve sfuggirci. L’HIT fu fondato nel 1920 nella città allora abitata dai russi che formavano il personale tecnico della Ferrovia Orientale Cinese, una linea di collegamento che partendo dalla città russa di Čita attraversava la Manciuria e passando poi per Harbin terminava al porto di Vladivostok. Nel 2020, proprio a Harbin è stato creato un campus congiunto in segno di rinnovata cooperazione tecnologica. Ma l’HIT è anche un importante centro di ricerca missilistica e aerospaziale al punto da essere stato sanzionato anni fa dagli Stati Uniti per aver tentato di acquisire componentistica americana per missili militari. Oltre ai simboli però c’è anche la sostanza, solo poche settimane fa Pechino ha annunciato l’apertura di una filiale del Moscow Power Engineering Institute, una grande università moscovita, presso la base spaziale cinese di Wenchang da cui a maggio è decollata la sonda lunare Chang’e-6. Come si capisce, i due paesi stanno facendo passi da gigante nella costruzione di un’alleanza tecnologica, politica e financo sociale, che vede lo Spazio come un elemento fondamentale della sfida globale per il nuovo ordine mondiale.

Quali i rischi per l’Europa?

Considero l’Italia come parte di essa ovviamente. Rischiamo di ripeterci: irrilevanza geopolitica, dipendenza tecnologica e soprattutto commerciale, tutte cose dette più volte. Ma non ci sono solo le superpotenze da tenere d’occhio, non dimenticherei infatti di guardare a paesi come Giappone e India che investono molto nello Spazio e con programmi strategici. New Delhi punta a lanciare i suoi astronauti nel 2025 su una capsula interamente costruita in India e che sarà testata in orbita quest’anno con a bordo il robot umanoide Vyommitra, che in sanscrito vuol dire “space friend”. Tutte cose che qui in Europa ci sogniamo.

Di fronte a questo scenario, quali dovrebbero essere le misure adottate dall’Europa, sia a livello comune, sia a livello dei singoli Stati, Italia compresa?

“Vasto programma”, citando il generale De Gaulle. Proviamo a sintetizzare: Usa, Cina Russia stanno costruendo coalizioni di Paesi che la pensano, diciamo così, allo stesso modo, e la maggior parte dei Paesi Ue ha aderito agli accordi americani Artemis per la cooperazione nell’esplorazione spaziale. Quindi la scelta di campo politico c’è già. Resta, per gli europei, la scelta strategica di cosa apportare a questo campo politico. Sì, è vero che l’industria costruisce elementi importanti di Artemis ma al di là di questo l’Europa, intesa come entità politica, non sembra avere una coesa visione strategica spaziale, perché al pari dell’intera architettura dell’Unione, anche la governance dello Spazio si regge su un equilibrio, spesso fragile, tra interesse europeo e interessi nazionali. I principi fondanti e il funzionamento stesso dell’Agenzia Spaziale Europea ne sono evidente dimostrazione. Ma se questo sistema ha funzionato nella fase di avvio e sviluppo delle capacità spaziali europee, direi dagli anni Settanta in poi, da oltre un decennio si sta rivelando poco innovativo, burocratico e soprattutto poco adattabile alle esigenze di difesa e sicurezza. Forse sarebbe il caso che, qualsiasi configurazione politica risultasse dalle prossime elezioni europee, il nuovo Parlamento istituisse una specifica commissione che si occupi di definire l’assetto istituzionale più idoneo per rendere efficace la governance dello Spazio.



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