Leonardo annuncia lo stop alle trattative con Knds per un’alleanza e per il programma Main battle tank dell’Esercito. Niente più Leopard, quindi. Nel mentre si prosegue sugli Ariete, resta da vedere come orientarsi nel medio periodo, con il carro europeo del futuro che resta l’obiettivo primario
La strategia italiana per i carri armati viaggia su tre binari paralleli: il rinnovamento dell’Ariete nel breve periodo, l’acquisizione di nuovi carri nel medio periodo, l’inserimento nel progetto franco-tedesco Mgcs nel lungo periodo (Main ground combat system, il carro di nuova generazioni con ambizioni pan-europee). Nel mentre, e in un modo intimamente connesso, vi sono geometrie industriali di cui è necessario tenere conto, a livello europeo come nazionale.
Il comunicato di Leonardo
Leonardo ha comunicato che, nonostante gli sforzi profusi, le trattative con Knds per definire una configurazione comune per il programma “Main battle tank” dell’Esercito Italiano e per sviluppare una più ampia collaborazione industriale sono state interrotte. Al contempo, Leonardo conferma il proprio impegno nel fornire all’Esercito Italiano una soluzione performante, interoperabile e aggiornata, che soddisfi le esigenze attuali e rimanga ben posizionata per gli sviluppi futuri verso il Main ground combat system, anche attraverso la cooperazione con altri qualificati partner internazionali.
Le iniziative italiane
Primo motore immobile di questo rinnovamento è l’aggressione russa in Ucraina, che ha riportato alla ribalta l’importanza dei carri armati. Come spiegato anche dal generale Salvatore Farina, già capo di Stato maggiore dell’Esercito, prima della decisione di potenziare la componente pesante dello strumento terrestre, l’Italia si trovava nella condizione di possedere solo poche decine di carri Arieti C1, peraltro di penultima generazione. Ecco quindi l’indicazione del governo di acquistare 133 carri armati Leopard 2A8, e fino a 140 piattaforme ausiliarie dello stesso modello, per 8,246 miliardi di euro (con i primi esemplari consegnati nel 2028, gli ultimi nel 2037), da affiancare ai 125 carri Ariete (90+35 opzionati), modernizzati in versione C2 per 848 milioni di euro (prima consegna nel 2025, ultima nel 2029). L’obiettivo è arrivare ad avere più dei 250 sistemi Mbt (Main battle tank) richiesti dalla Nato, così da equipaggiare quattro reggimenti carri. La scelta di procedere lungo il doppio binario Ariete/Leopard risponde alla necessità di evitare gap capacitivi e stimolare l’industria nazionale – l’ammodernamento dell’Ariete è affidato al consorzio Cio (Iveco-Oto Melara, quest’ultima di Leonardo), mentre l’acquisto dei Leopard tedeschi prevede(va) importanti ruoli per l’industria italiana.
Le difficoltà emerse tra Leonardo e Knds dovrebbero essere figlie di una diversità di vedute circa la percentuale del lavoro da svolgere in Italia, e/o circa la percentuale e la qualità dei componenti del Leopard che sarebbero state italiane. In virtù di questo stop alle trattative, si potrebbe ipotizzare una riconsiderazione dell’acquisto dei Leopard, potenzialmente poggiandosi sui Panther Kf51 della tedesca Rheinmetall (che pure partecipa alla produzione dei Leopard). Il Panther è un carro tutt’ora in sviluppo, pertanto potenzialmente più performante del Leopard (la cui prima versione è degli anni Settanta).
I carri in Europa
Tra tutti i diversi sistemi d’arma, quello che più di altri rappresenta plasticamente lo stato di frammentazione del settore difesa europeo è il carro armato da battaglia. Attualmente, infatti, i circa seimila carri armati in servizio con le Forze armate dei Paesi europei appartengono a diciassette modelli diversi – senza contare le diverse varianti, spesso realizzate ad hoc per un singolo Paese. Addirittura, numerosi Stati, specialmente in Est Europa, hanno in servizio contemporaneamente più modelli diversi, più o meno moderni, di carro armato. Per fare un rapido raffronto, i circa 2.500 carri degli Stati Uniti sono tutti un unico modello, l’M1 Abrams, sulla base del quale sono poi state realizzate le diverse varianti per rispondere alle necessità operative delle Forze Usa. L’urgenza di dotarsi di carri armati aggiornati alle sfide contemporanee, inoltre, sta portando alcune capitali europee ad optare (come ha fatto Varsavia) per soluzioni extra-europee, invece di attendere lo sviluppo di un carro europeo.
Mgcs: il carro europeo del futuro
Quest’ultimo dovrebbe essere il Mgcs, programma franco-tedesco che prevede lo sviluppo di un carro armato di prossima generazione (ossia capace di integrare un sistema di sistemi). Si tratta di uno dei due progetti di punta dell’intesa tra Parigi e Berlino del 2017 (l’altro è il progetto Scaf, il corrispettivo del nostro Gcap); l’intesa di fondo è che fossero i tedeschi a guidare il progetto terrestre, mentre i francesi avrebbero avuto il ruolo di primus inter pares nello Scaf. Da quando è stato lanciato, tuttavia, il programma ha faticato a prendere slancio, funestato da una serie di ritardi e malumori sia tra i partner industriali, sia tra i governi di Francia e Germania. Comunque, il progetto procede.
Italia e Mgcs
Roma non ha mai nascosto il suo interesse a partecipare al Mgcs, di cui è osservatrice. Nel corso del tempo, sia Francia che Germania hanno a tratti tentato di forzare la mano al partner collaborando più strettamente con l’Italia, ma non si è trattato solo di mosse strumentali. Da Parigi non sono mancate le sponde istituzionali: il ministro della Difesa transalpino, Sebastien Lecornu, si è espresso a favore dell’integrazione dell’Italia nel progetto (e dell’idea di polo terrestre europeo, proposta dal suo omologo italiano Guido Crosetto), così come il vice presidente della commissione Difesa dell’Assemblea nazionale, Jean-Louis Thiérot. Con Berlino i rapporti si sono, fino ad adesso, incentrati sull’industria, proprio in virtù dell’acquisto dei Leopard e della seguente alleanza tra Leonardo e Knds – presupposti che sono venuti a mancare, ma che potrebbero ricostituirsi sul binomio Panther-Rheinmetall.