Elly Schlein ha tutti i titoli per godersi questo risultato. È vero che il polo capeggiato da Meloni esce dalla competizione meglio dall’ancora ipotetico campo largo, ma i partiti e i leader che avevano sfidato il suo Pd ne escono indiscutibilmente disfatti. I partiti del centrodestra sono serenamente divisi sul futuro e rissosamente aggrappati al presente. Il Movimento 5 Stelle è ridimensionato ma faticherà ad essere junior partner. E ciò che sta accadendo in Francia ci dice tanto sull’Occidente. Intervista all’ex ministro e docente universitario, Arturo Parisi
“Elly Schlein ha tutti i titoli per godersi questo risultato”. Ora, invece, a soffrire è il Movimento 5 Stelle: “Che Conte si metta in discussione è tutto da vedere, ma la questione del campo largo è molto aperta: la sua presenza sulla scena non potrà più essere profilata sulla classica figura di un ex premier che vuole tornare a fare il premier”. A dirlo a Formiche.net, a margine dell’esito delle consultazioni europee, è l’ex ministro e docente universitario Arturo Parisi che analizza da una chiave di lettura molto interessante le nuove configurazioni dei rapporti di forza che sono andate a determinarsi dopo le elezioni. Tanto nel centrodestra, quanto nel centrosinistra.
Professor Parisi, come leggere il risultato del Pd alle Europee per la leadership di Schlein? Ne esce davvero rafforzata o rischia di essere una vittoria di Pirro condizionata ancor di più dal successo di Bonaccini?
Fermiamoci una volta tanto all’oggi. E ad oggi si può senza dubbio dire che Elly Schlein ha tutti i titoli per godersi questo risultato. Anche al netto delle vere misure, e dei comprensibili toni della propaganda. È vero che il polo capeggiato da Meloni verso il quale aveva aperto la sfida esce dalla competizione meglio dall’ancora ipotetico campo largo di Schlein. Ma i partiti e i leader che avevano sfidato il suo Pd ne escono indiscutibilmente disfatti.
La segretaria ha già scoperto le carte indicando come linea di opposizione la battaglia contro le riforme del governo, in particolare su premierato e autonomia. Una strategia che funziona?
Innanzitutto bisogna assicurarsi che Meloni continui a difendere le riforme con una determinazione capace di perseguire l’obiettivo e di dare quindi senso e alimento alla azione delle opposizioni. Soprattutto per l’autonomia differenziata che vede la contrapposizione tra il Nord e il Sud riflettersi non solo nella divisione tra i partiti ma anche in quella interna ai partiti. Almeno ai due principali tra essi.
Il M5S crolla. E Conte si mette in discussione, seppur blandamente. È immaginabile un’alternativa alla guida del Movimento o è un diversivo per blindarsi?
Che Conte si metta in discussione è tutto da vedere. Di certo questo risultato assieme al disastro delle elezioni regionali e comunali, nonostante la vistosa eccezione sarda, ha aperto una questione, che mette in discussione la leadership di Conte così come l’abbiamo conosciuta finora. Da questo momento la sua presenza sulla scena non potrà più essere profilata sulla classica figura di un ex premier che vuole tornare a fare il premier.
Cosa cambierà nei rapporti tra Pd e M5S alla luce di questi risultati in ottica di campo largo?
Chissà? Non credo comunque che per il M5S sia disponibile la parte del partito minore, il cosiddetto junior partner.
Meloni e Forza Italia si consolidano. La Lega si “vannaccizza” e aumentano le tensioni con Bossi e la vecchia base. Cosa prevede succederà?
Cercheranno di continuare ad andare avanti così. Col vecchio schema del tridente. Serenamente divisi sul futuro. Rissosamente aggrappati al presente.
Alla luce di quello che sta accadendo in Francia, come pensa si potrà ripercuotere sugli equilibri della nuova governance europea?
La Francia è solo un effetto. La causa è l’inquietudine, la paura crescente del futuro e del mondo che va impadronendosi dell’intero Occidente. La tentazione di fare tutti un passo indietro. Dal patto squilibrato dell’Atlantico del Nord, alla predicazione soltanto a parole di un Sovranismo Europeo. Dall’Europa che non c’è all’unica che ancora c’è, quella dei vecchi Stati. Dai vecchi Stati alle Regioni. E, se non facesse ridere, al localismo dei Comuni che comunque fortunatamente ci sono ancora, o, se non facesse piangere al familismo delle famiglie che non ci sono più. Dentro un mercato globale e un mondo multipolare, tutti a giocare agli struzzi con la testa nella sabbia e il sedere alle intemperie.
È ragionevole immaginare un avvicinamento Meloni-Le Pen o prevarrà la realpolitik per confermare Ursula in Commissione?
Diciamo che è irragionevole immaginare che Meloni si faccia emarginare del tutto dalla governance europea. Non meno irragionevole è immaginare che i governanti europei di turno possano escludere un Paese come l’Italia. Almeno fino a quando l’Italia ha il volto del presidente Meloni.