L’attentato a Trump gli consegna la vittoria, salvo sconvolgimenti improbabili, e gli spiana la strada verso la seconda presidenza degli Usa. Il clima che è stato creato attorno a lui in particolare da alcuni ambienti liberal è stato pericoloso e gli effetti sono sfociati nella violenza. Un suo mandato alla Casa Bianca sarebbe un bene per l’Europa e i rapporti con Meloni sarebbero solidi. Colloquio con il neo direttore scientifico della fondazione An, Francesco Giubilei
L’attentato della vittoria. Il tentativo – poi naufragato – di ucciderlo, con ogni probabilità gli varrà il ritorno alla Casa Bianca. Donald Trump, secondo Francesco Giubilei, neo direttore scientifico della Fondazione Alleanza Nazionale e presidente della fondazione Tatarella, “è pronto per tornare a guidare gli Stati Uniti. E anche per l’Europa sarà un bene”.
Giubilei, i contorni del tentativo di uccidere l’aspirante presidente sono ancora da chiarire nel dettaglio. Perché lei è così convinto che questa cosa gli varrà la riconferma alla Casa Bianca?
Già Trump partiva favorito per la corsa alla presidenza. Questo attentato gli consegna, salvo sconvolgimenti poco verosimili, la vittoria in mano. Due fattori sono determinanti: il clamore del tentato omicidio e la sua grande capacità comunicativa. Le foto in cui lui si rialza con il volto rigato dal sangue, alzando il pugno e incitando a combattere sono eloquenti in questo senso. Ma su una cosa va fatta una riflessione: la genesi dell’attentato.
Che idea si è fatto?
Per anni Trump è stato dipinto dalla sinistra statunitense non come un avversario, ma come un nemico da abbattere. E questo ha senz’altro alimentato un sentimento che poi è sfociato in un pericoloso atto di violenza. Le reazioni di tanti esponenti del mondo liberal, dell’informazione e della politica – anche in Italia – che tendono a sminuire l’episodio, sono indice di un atteggiamento molto pericoloso.
Lei è convinto che una vittoria di Trump possa portare beneficio all’Europa. In quali termini?
Se osserviamo le sue azioni in politica estera durante il primo mandato, spogliandoci dal pregiudizio ideologico, notiamo tante cose positive. Dalla grande determinazione nel porre gli Usa come argine alla Cina – la più grande insidia per il mondo occidentale – passando per gli accordi di Abramo, pensati per normalizzare la situazione in Medio Oriente. Insomma, una presidenza Trump porrà l’Europa davanti alle proprie responsabilità in particolare su temi strategici come la Difesa.
Un tema piuttosto discusso anche in questa campagna elettorale.
Sì, ma è inutile parlarne se per primi gli stati membri non ottemperano all’impegno di investire il 2% del Pil sulla Difesa. Senza contare che durante la presidenza Trump tutto sommato ha regnato la pace. E che invece i Dem hanno portato a diversi conflitti: primo fra tutti quello in Libia nel 2011.
E allora come si spiega questo allarmismo nell’ipotesi di un ritorno alla Casa Bianca di Trump?
È un candidato anti-sistema, una figura che non tiene in considerazione il deep state nel quale i liberal prosperano. Per cui, molti interessi legati a questo mondo, qualora Trump venisse rieletto, sfumerebbero inevitabilmente.
La questione ucraina resta.
Penso che anche su questo Trump potrà essere un interlocutore per lo meno in grado di ottenere un cessate il fuoco. Poi, le trattative andranno condotte tra Russia e Ucraina. A ogni modo, il conflitto si potrà risolvere solamente quando gli Usa vorranno.
La premier Giorgia Meloni ha instaurato un rapporto molto solido con Joe Biden. Potrebbe compromettersi il rapporto tra Usa e Italia nel caso di un Trump bis?
Mi sento di escluderlo in maniera categorica. Vanno, tuttavia, distinti i piani. Meloni in veste di presidente del Consiglio, ha l’obbligo di avere un rapporto con la principale potenza Occidentale e con il suo presidente, chiunque esso sia. Meloni in veste di leader di un partito conservatore penso che con Donald Trump possa avere ancora di più in comune rispetto a quanto non avesse con il democratico Biden.