Sono diverse le sollecitazioni che vorrebbero un’apertura maggiore del Pd alle istanze moderate e centriste. Il raggruppamento di centrosinistra si gioca l’osso del collo in Umbria, mentre per il centrodestra la sfida è più facile. Per recuperare i centristi ci vuole un nuovo partito slegato dai poli. Conversazione con il presidente di Libdem, Andrea Marcucci
Un po’, dopo gli esiti delle consultazioni regionali in Liguria che hanno visto primeggiare il candidato di centrodestra, Marco Bucci, ma che hanno comunque registrato un consolidamento del Pd, c’era da aspettarselo. Ci riferiamo all’appello – a più voci – di allargare il centrosinistra all’ala più moderata. Senza la quale, evidentemente, non si vince. Sono sia l’eurodeputato Stefano Bonaccini, sia il sindaco di Milano, Giuseppe Sala a spingere in questa direzione. D’altra parte, come sostiene il presidente dei Libdem, Andrea Marcucci sulle colonne di Formiche.net, “l’elettorato liberal democratico, in Liguria, ha preferito Bucci. Scelta che condivido: i voti del centro ci sono ancora”.
Presidente Marcucci, dopo il voto in Liguria il Pd si sta rendendo conto – e ne è un esempio la dichiarazione di Bonaccini sul Corriere – che servono anche i moderati. C’è margine di recupero di questa fetta di elettorato o è definitivamente dispersa?
In Liguria è successa una cosa abbastanza prevedibile: l’elettorato Libdem, come dimostrano i flussi elettorali dell’Istituto Cattaneo, hanno preferito il sindaco Marco Bucci ad Andrea Orlando. Una scelta che ho condiviso, dal nostro punto di vista il programma del candidato civico, soprattutto sulle infrastrutture, era più affidabile di quello di una coalizione dominata dal M5S e da Avs. I voti del centro ci sono ancora, d’altra parte anche alle Europee la somma delle due liste che si sono presentate senza prendere il quorum, ha superato il 7%.
Il sindaco Sala si sta facendo in qualche modo promotore di un’iniziativa centrista che possa ridare centralità ad alcune sensibilità che al momento non trovano spazio nel Pd. Potrà avere successo?
È importante che sia una operazione autonoma dai poli, e da quel che leggo non mi pare. Io guardo piuttosto all’evento che stiamo organizzando a Milano, con Luigi Marattin ed Alessandro Tomasi, il 22-23 novembre al Big Theatre, “Il coraggio di partire”. L’obiettivo di Libdem, Orizzonti liberali e Nos è quello di creare nel ‘25 un nuovo partito liberaldemocratico in grado di offrire un tetto all’elettorato centrista, senza essere per definizione il cespuglio di qualcuno. Questo cantiere che sta prendendo vita interessa esponenti dell’area liberale, e non sarà mai un partito personale.
Nel Movimento 5 Stelle è in corso una guerra intestina dai riverberi molto pesanti. Si smarcherà dal campo largo e dall’ipotesi di alleanza col Pd, oppure si procederà a singhiozzo in base alla convenienza?
Il partito di Giuseppe Conte, perché di questo si tratta, ha mantenuto il tratto giustizialista delle origini. È solo molto più debole elettoralmente. Su giustizia, politica internazionale, economia ed opere pubbliche, è esattamente il nostro opposto. Se ci sono loro, non possiamo esserci noi. Se il nuovo M5S dovesse lasciare il campo largo, oggettivamente si creerebbe uno spazio nuovo.
A questo punto è legittimo chiedersi cosa resterà di Italia Viva e di Azione a fronte di uno scenario politico in cui, comunque, Fratelli d’Italia e Pd polarizzano molto.
Italia Viva mi sembra orientata a fare una battaglia dentro il centrosinistra. Difficile però scalfire l’identità molto marcata a sinistra che ha il Pd con Elly Schlein. Matteo Renzi rischia di finire travolta nella stessa dinamica che portò alla fine dell’esperienza di Romano Prodi. Quanto a Carlo Calenda, non ho capito molto bene cosa voglia fare, se vorrà darci una mano a costruire il partito dei liberaldemocratici, è bene accolto. Oggettivamente oggi la presenza moderata più radicata è quella di Forza Italia.
Tra poco si voterà sia in Emilia-Romagna che in Umbria. Posto che il 3 a zero preconizzato dalla sinistra non è più percorribile, che cosa c’è da aspettarsi?
Credo che la partita dirimente si giochi in Umbria, dove il campo largo si presenta sostanzialmente con un modello genovese. Chissà se repetita iuvant? Quanto all’Emilia-Romagna, personalmente non avrei problemi a sostenere Michele de Pascale.
In un senso o in un altro, i voti sui territori come incideranno sugli equilibri nazionali?
Il centrodestra gioca una partita meno impegnativa, il centrosinistra invece si gioca l’osso del collo. Il tema è un altro: il Pd può anche andare molto bene come percentuali, senza un’alleanza però rischia di restare per anni all’opposizione. Ci vuole un programma di governo, è la cosa più importante, e non mi sembra che Elly Schlein lo stia capendo.