Mentre Grecia e Turchia proseguono nella normalizzazione delle relazioni diplomatiche, Atene, Nicosia e Ankara potenziano le rispettive difese, segno che le prospettive complessive per il Mediterraneo settentrionale e orientale sono sempre più improntate alla deterrenza.
A margine del recente summit europeo di Budapes i leader di Grecia, Cipro, Albania e Turchia hanno discusso di Mediterraneo orientale e prospettive geopolitiche. Kyriakos Mitsotakis, Nikos Christodulides, Edi Rama e Recep Tayyip Erdogan si sono ritagliati un momento di riflessione, cordiale e diplomatica, per fare il punto sui dossier aperti che riguardano la macro regione che va dal basso Adriatico sino alla fu Persia. Difesa, gas, Ue e relazioni con la nuova Casa Bianca sono stati gli argomenti al centro della discussione.
Difesa
Non è un mistero che lo scatto in avanti alla voce difesa da parte della Grecia sia uno degli elementi di maggiore novità della geopolitica mediterranea dell’ultimo lustro. Dopo i caccia Rafale ordinati dalla Francia, Atene è entrata ufficialmente nel programma degli F-35, che riceverà nei prossimi 8 anni a dimostrazione di una rilevanza precisa, sia in riferimento alle nuove rotte del gas (Revithuossa, Alexandroupolis, Tap), sia in riferimento al suo status di ponte americano nel Mediterraneo allargato. L’accordo siglato nel 2019 tra Pompeo e Mitsotakis per l’uso di quattro basi su suolo ellenico lo dimostra.
La novità delle ultime ore è rappresentata dalle trattative avviate fra Grecia e Israele per lo sviluppo del sistema Iron Dome per il governo di Atene. Il sistema condividerà elementi comuni con l’Iron Dome israeliano e altri sistemi che intercettano missili a corto e lungo raggio: il costo è stimato in 2 miliardi di euro. Lecito chiedersi: perché adesso? C’è il rischio che si potrebbero fermare i dialoghi diplomatici in corso con Ankara? La situazione a Gaza potrebbe degenerare ulteriormente e, quindi, rischiare di allargarsi a macchia d’olio?
Ma non è tutto, perché il ministro della Difesa ellenico, Nikos Dendias, ha annunciato una riforma delle intere forze armate già per il 2025 che coinvolgerà la modernizzazione di fregate, sottomarini e dei missili Meko; lo sviluppo della nuova fregata Constellation con gli Stati Uniti e di una nuova corvetta con l’Ue; infine nuovi sottomarini oltre ad un programma completo che verrà sottoposto al Parlamento già in gennaio, con la definizione delle priorità e i costi delle attrezzature necessarie. Verranno chiuse 137 basi secondarie entro il prossimo anno, al fine di ottimizzare spazi e costi, e quindi consolidare quelle maggiori.
Qui Ankara
Ad Ankara il dibattito da un lato si focalizza sulla questione siriana, dall’altro registra un attacco al governo da parte delle opposizioni proprio sul tema Grecia. Erdogan, non è un mistero, sta ridisegnando la propria postura in Siria, con l’obiettivo di partecipare alla ricostruzione del Paese, poter essere parte attiva nell’interlocuzione politica, rimandare su suolo iraniano i profughi che attualmente “ospita” sul suolo turco e così agganciare un altro Paese della sua regione di riferimento.
Il tutto in una cornice di distensione diplomatica con la Grecia che prosegue, dopo le insistenze americane dell’ultimo biennio che hanno dato una spinta decisiva.
Di contro, secondo Eylem Ertug Ertugrul, leader dell’opposizione turca del Partito Popolare Repubblicano (CHP), la Grecia avrebbe occupato le isole turche nel Mar Egeo. Per questa ragione ha presentato una mozione in Parlamento chiedendo una discussione in aula: ritiene che il governo turco stia dimostrando un atteggiamento eccessivamente conciliatorio nei confronti della Grecia per evitare conflitti con l’Occidente. Nello specifico, le accuse parlano di violazioni da parte greca del diritto internazionale militarizzando le isole dell’Egeo orientale, tra cui Lesbo, Lemno, Chio e Samo, che erano state designate come zone demilitarizzate ai sensi del Trattato di Losanna del 1912. Nell’occasione, Ertugrul ha stigmatizzato la reazione del presidente turco che, interessato da una stagione di normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Atene, non avrebbe a suo dire reagito adeguatamente.
Cipro occupata, le richieste turche
In occasione del 41° anniversario della fondazione della Repubblica turca di Cipro del Nord (TRNC), riconosciuta unilateralmente solo dalla Turchia, il governo di Ankara ha chiesto alla comunità internazionale di riconoscerla. Il vicepresidente Cevdet Yılmaz in occasione di una cerimonia ufficiale tenutasi ieri a Nicosia, nella cosiddetta green line, ha osservato che la comunità internazionale “deve stabilire relazioni politiche, economiche e diplomatiche con la RTCN”.
Yılmaz ha ribadito l’impegno di Türkiye nel sostenere i turco-ciprioti nella loro ricerca di sovranità e sicurezza e ha affermato che “non hanno tempo da perdere con i vecchi parametri delle Nazioni Unite che mirano al collaudato e fallimentare modello di federazione”. Anche Erdogan ha celebrato l’anniversario con un posto su X: “Mi congratulo per il 41° anniversario della fondazione della Repubblica turca di Cipro del Nord, nostra amica e fratello, garante della pace, della giustizia e della stabilità nel Mediterraneo. Come madrepatria e garante, la Turchia sarà sempre al fianco dei turco-ciprioti, tutelandone i diritti e gli interessi”.
Qui Nicosia
Di contro il governo di Nicosia, stato membro dell’Ue, e molto utile anche in questa fase della guerra a Gaza, ha deciso di correre ai ripari e acquisterà i missili terra-aria francesi Mistral nell’ambito del primo pacchetto di sostegno finanziario dell’Unione per gli appalti comuni della difesa. Si tratta dello strumento comune per gli appalti (Edirpa), che ha stanziato finanziamenti per un valore complessivo di 300 milioni di euro per cinque distinti progetti di difesa.
L’approvvigionamento comune dei missili Mistral costerà all’Ue un massimo di 60 milioni di euro; il ministero della Difesa di Cipro ha sottoscritto il progetto a giugno, insieme ai suoi omologhi di Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Ungheria, Romania, Slovenia e Spagna.
(Foto: X profile Mitsotakis)