Mentre il settore spaziale internazionale corre, trainato da giganti come SpaceX negli Usa, le imprese cinesi e indiane, l’Agenzia spaziale italiana è alle prese con uno stato di agitazione sindacale, incentrato su temi di flessibilità oraria e lavoro agile. Nonostante gli sforzi del nuovo management per riorganizzare e modernizzare l’Asi, le rivendicazioni sembrano ignorare la necessità di rilanciare un settore cruciale, rischiano di rallentare la competitività italiana nello scenario internazionale
Lo spazio sta correndo in tutto il mondo. Negli Usa, SpaceX di Elon Musk e il razzo Starship, che promette di portarci sulla Luna e poi su Marte, hanno rivoluzionato il sistema dei lanci per lo spazio. Il James Webb Space Telescope” (Jwst) continua a fornire immagini e dati straordinari, rivoluzionando la nostra comprensione del cosmo. Anche Paesi come Cina e India stanno compiendo passi da gigante nell’esplorazione spaziale. Pechino con la missione Chang’e 6, segnando la prima missione di ritorno di campioni di suolo lunare dalla faccia nascosta della Luna, e Nuova Delhi si è imposta nel mercato delle esplorazioni spaziali.
In questo scenario, invece, in Italia le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) hanno proclamato lo stato di agitazione permanente e la stasi amministrativa, al quale hanno fatto seguito ulteriori critiche da parte di alcuni sindacati del settore ricerca.
L’iniziativa di protesta, seppur nobile in linea di principio, non ha però come oggetto rivendicazioni di aumenti salariali (siamo in fase di approvazione del nuovo Ccnl per la ricerca), oppure obiettivi di riqualificazioni delle attività gestite dall’Agenzia – se consideriamo l’importanza attuale del settore spaziale e della New space economy – come per esempio per ottenere il riconoscimento di vera e propria Autorità nazionale per le attività spaziali, con tutti gli annessi del caso. Non hanno nemmeno oggetto esigenze di partecipazione nell’elaborazione della legge per lo spazio di cui al Dddl A.C. 2026, attualmente all’esame del Parlamento. Niente di tutto questo. La protesta è invece incentrata sulla salvaguardia di una situazione che, vista all’interno del sistema del pubblico impiego (ed a maggior ragione del sistema privato), ha tutta l’aria di un privilegio, qual è l’attuale regolamento sull’orario di lavoro e sul lavoro agile applicato all’interno dell’Agenzia stessa.
Questi regolamenti – elaborati nel corso di precedenti gestioni, è bene dirlo – facendo leva sulla natura di ente di ricerca dell’Asi, sono arrivati ad un punto dove la flessibilità oraria è quasi assoluta così come il lavoro agile, tra possibilità di cumulo illimitato delle giornate e regole molto elastiche nella fruizione delle stesse, che di fatto lo ha reso una valida alternativa alle ferie e, in alcuni casi, anche al prepensionamento.
È vero che i ricercatori devono essere flessibili nell’espletare la loro attività e, proprio nel caso dell’Asi, spesso ci si confronta con realtà situate all’altro capo della Terra e ciò rende assolutamente necessario un sistema orario capace di venire incontro a tali esigenze, ma questo non spiega come i suddetti regolamenti possano trovare applicazione per tutto il personale indistintamente, il quale nella stragrande maggioranza svolge essenzialmente un lavoro d’ufficio, al pari di tutti gli altri dipendenti pubblici e privati. A nulla sembrano essere valse le lamentele degli stakeholder privati e pubblici negli anni precedenti, i quali proprio a causa di un tale modello organizzativo forse troppo flessibile sono rimasti troppo spesso privi delle necessarie risposte nei termini e nei modi che il mercato odierno e la competizione economica internazionale in un settore, quello spaziale, in forte espansione richiederebbero.
A fronte di una siffatta situazione, l’attuale management, insediatosi da poco più di un anno, ha adottato una serie di misure volte a restituire all’Asi un sistema efficiente al fine di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione che consentisse all’Agenzia di poter recuperare quel ruolo primario nel settore dello spazio che giustamente le compete sia in Italia che all’estero.
Ad esempio ad agosto di quest’anno, dal medesimo management, è stata approvata la riorganizzazione dell’Agenzia che ha previsto il taglio di numerose posizioni organizzative (ad invarianza di personale in servizio), circa il 30%, allo scopo di eliminare tutte quelle funzioni di responsabilità (a cui corrispondeva un emolumento aggiuntivo) le quali, non avendo alcun organico a riporto, di fatto, erano responsabili di sé stessi, nonché di razionalizzare le funzioni con caratteristiche ridondanti e duplicate, se non addirittura triplicate, il tutto garantendo anche un consistente risparmio di spesa per le casse del pubblico erario.
Nel pacchetto di misure organizzative del nuovo management, sia prima sia dopo la riorganizzazione, è arrivato anche il momento del recupero della forma amministrativa mediante la previsione di provvedimenti adottati anche a beneficio del personale dell’Agenzia. Per esempio attraverso l’analisi e lo sviluppo di processi di digitalizzazione integrata che hanno consentito, per la prima volta in Asi, la messa a regime di procedure di mappatura delle competenze, il rapido avvio dei processi di riorganizzazione dell’Ente, l’analisi dei carichi di lavoro, la definizione di albi ed elenchi interni, lo svolgimento delle progressioni interne di carriera in un percorso semplificato, veloce e trasparente, nonché gli atti di programmazione e di impulso al piano assunzionale dell’Agenzia. Le interlocuzioni avviate proprio con le organizzazioni sindacali per le aspettative di interesse di tutto il personale hanno portato alle nuove procedure, dirette alla valorizzazione delle risorse umane dell’Agenzia, mediante l’avvio di bandi e la costituzione di fondi che mancavano, in alcuni casi, da quasi dieci anni.
Non solo, il nuovo management ha altresì operato sul bilancio dell’Asi con rimodulazioni e assestamenti che ne garantissero la sostenibilità negli anni a venire, e ancora sull’individuazione di programmi non più attuali e da riconvertire in altri maggiormente sfidanti nello scenario internazionale, nonché sulla valorizzazione dell’immagine della stessa Agenzia culminata nel 75th International astronautical congress (Iac) dello scorso ottobre 2024, evento che ha rappresentato il massimo suggello in termini di successo e visibilità internazionale per l’Agenzia e che ha visto detta edizione battere tutti i record delle edizioni precedenti.
Nel pacchetto di tutte le nuove misure organizzative adottate dal nuovo management è arrivato anche il tanto vituperato regolamento del lavoro agile e dell’orario di lavoro. I quali, nella nuova formulazione, sostanzialmente ricalcano quelli già in vigore in altre amministrazioni pubbliche, senza aggiungere alcuna particolare limitazione o restrizione e sui quali, a quanto pare, il nuovo management aveva anche dato l’apertura alla negoziazione.
È ovvio che la confusione danneggia in primis quella parte di personale che con senso di responsabilità e professionalità (ed in Asi ve ne è parecchio) si sobbarca carichi di lavoro spesso estenuanti, dovendo sopperire a tutti coloro che per varie ragioni riescono ad infilarsi nelle pieghe della disfunzione del sistema del lavoro agile e dell’orario di lavoro godendosi, di fatto, la tanto agognata settimana corta, a volte cortissima.
Purtroppo le Rsu, che dovrebbero tutelare proprio le categorie dei lavoratori diligenti e responsabili, soprattutto nel pubblico impiego, continuano a vedere il dito e non la Luna, e a fronte della possibilità e degli sforzi che sta offrendo il nuovo management al fine di rilanciare a livello nazionale e internazionale le attività dell’Agenzia e di costruire al contempo un sistema equo e responsabile per tutti i lavoratori dell’Ente – rimettendo regole dove le stesse latitavano – alla fine invece sembra difendere e proteggere posizioni di una minoranza che non apprezza il grande valore di occupare un posto di lavoro pubblico, con le relative garanzie, in uno degli Enti italiani di maggior rilievo internazionale, rischiando anche di ledere il prestigio della stessa Agenzia. Il tutto mentre oltreconfine il settore spaziale internazionale corre irrefrenabilmente sulle onde della New space economy.