Il lavoro per arrivare alla svolta di Fiuggi, che legittimò la destra italiana al governo, iniziò nel 1986 anche grazie al contributo di Pinuccio Tatarella. Gli antesignani di quel passaggio epocale furono i sindaci che mostrarono al Paese una classe dirigente in grado di governare. Adesso, grazie a Giorgia Meloni, ci sono le condizioni per lanciare un partito conservatore di massa. Intervista a Fabrizio Tatarella, vicepresidente della Fondazione Tatarella
Trent’anni dopo Fiuggi, dalla prospettiva di governo, ci sono i presupposti per lanciare – magari non oggi, ma sicuramente domani – “un partito conservatore di massa”. E la premier Giorgia Meloni “è l’unica che lo può fare”. Fabrizio Tatarella, vicepresidente dell’omonima fondazione, ha bene in mente cosa accadde il 27 gennaio di trent’anni fa. Lo spartiacque, la svolta. Anche se il lavoro per arrivare a quel passaggio epocale nella destra politica italiana “iniziò molto prima, grazie all’intuizione di Pinuccio Tatarella”.
A quale lavoro fa riferimento?
Tatarella nel 1986 fondò un giornale che si chiamava Destra Politica. L’obiettivo era quello di rivolgersi direttamente alle giovani generazioni. In qualche modo di passare un testimone nuovo, che veicolasse un concetto molto chiaro e piuttosto innovativo: la destra non doveva più essere emarginata.
Fu così che cominciò la destra di governo e l’esperienza di Alleanza Nazionale?
An è stato il primo, vero, tentativo di creare un partito conservatore di massa proprio nel solco della visione di Tatarella. Un partito che aveva anche un respiro europeo ma che basò una parte importante del suo successo anche sui territori. Fu la vittoria di alcuni comuni italiani a creare le basi per la fondazione di Alleanza Nazionale.
Nel 1993, però, i sindaci che si rifacevano alla destra vennero candidati nelle liste del Movimento Sociale Italiano.
Certo. Ma le vittorie di Latina, Benevento e Cerignola oltre a molte altre in città “minori” sparse in tutto lo Stivale furono un antipasto alla svolta di Fiuggi. L’importanza è stata sancita dall’aver dimostrato sul campo che la destra poteva esprimere una classe dirigente in grado di governare.
Per alcuni oggi è un innominabile, ma non c’è dubbio che Gianfranco Fini fu colui che portò la destra, fino ad allora marginalizzata, a una legittimazione senza precedenti.
È così. Fini fu davvero un visionario e, in buona parte, se oggi la destra siede al governo, lo si deve alla sua intuizione. Dell’esperienza di Alleanza Nazionale e della svolta di Fiuggi. Anche perché Fini capì che gli spazi per un partito come il Movimento Sociale Italiano sarebbero stati sempre più ridotti. Era a rischio estinzione anche in ragione di un passato che non passava.
Poi ci fu il Popolo delle Libertà. Un’esperienza drammatica?
Senz’altro un grande errore. Come tutte le fusioni a freddo, quell’operazione non funzionò. Tatarella era per una grande coalizione di destra al governo ma non per un partito unico. Fu quello l’errore. Adesso, invece, ci sono condizioni molto diverse.
Ci sono le condizioni per creare un’unica forza conservatrice?
Credo nella forza delle coalizioni. Ma penso che Giorgia Meloni, la migliore figlia della destra italiana, possa – in un futuro prossimo – lanciare l’idea di un partito conservatore di massa. Parallelamente, anche in virtù della sua straordinaria credibilità come leader e alle relazioni internazionali che ha maturato, sarebbe interessante lanciare il progetto di una Internazionale Conservatrice.