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Così l’Italia farà un balzo nella Space economy. Parla Mascaretti

Con l’approvazione alla Camera della prima legge italiana sulla Space economy, l’Italia si prepara a un ruolo da protagonista nella nuova corsa allo Spazio. Per Andrea Mascaretti, presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Space economy e relatore della legge, il ddl è un punto di partenza per un ecosistema in rapida evoluzione in cui il Paese deve interrogarsi su come capitalizzare al meglio le opportunità della nuova era spaziale

Scegliamo di andare sulla Luna in questo decennio e fare le altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili. Inizia citando il famoso discorso del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy al Rice Stadium di Houston, destinato a convincere il popolo americano a sostenere il programma Apollo, Andrea Mascaretti, deputato di Fratelli d’Italia, presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Space economy e relatore della cosiddetta Legge sullo Spazio, approvata dall’Aula di Montecitorio. Una legge che per il suo relatore è solo il primo passo, essendo arrivata “l’ora di fare”.

Presidente, il ddl sulle disposizioni in materia di economia dello Spazio è passato a Montecitorio. Che passaggio rappresenta e quali sono i prossimi sviluppi?

Il traguardo che abbiamo raggiunto, intanto alla Camera, aspettiamo ora la seconda lettura al Senato, è sicuramente importante, anche perché ci permette di mettere un pochino le cose a posto, di mettere i “puntini sulle i”. In questi giorni è stata fatta molta confusione, come capita spesso con le leggi in discussione, utilizzando il ddl per parlare di altro. Questa legge invece è una conquista. La prima legge italiana sullo Spazio e arriva dopo sessant’anni di protagonismo italiano oltre l’atmosfera. Un impegno che, per l’Italia, ma anche per l’Europa e il mondo, è stato puramente pubblico ma che oggi sta cambiando.

L’ingresso dei privati ha rivoluzionato il settore?

L’avventura spaziale parte con lo Sputnik 1 e fino alla fine del programma Shuttle tutto è stato gestito esclusivamente dalle agenzie spaziali governative. Tutto quello che andava nello Spazio passava attraverso gli enti pubblici: Nasa, Roscosmos, Esa, Jaxa, Asi. Nel 2011, tutto è cambiato. Da quel momento lì la Nasa ha deciso che era tropo oneroso, anche in termini di vite umane, il programma Shuttle e decide invece di affidarsi ai privati, di andare a vedere se sul mercato ci fossero aziende capaci di fornire i servizi di cui la Nasa aveva bisogno. Che voleva dire portare gli astronauti su e dalla Stazione spaziale internazionale, trasportare rifornimenti, esperimenti e così via. Quello che ricevono è una grande risposta da parte degli imprenditori americani, alcuni molto geniali. Spesso si parla solo di alcuni, ma in realtà la risposta è stata davvero numerosa.

È l’inizio della Space economy…

I privati si sono dimostrati capaci di fare cose incredibili. Finché il tutto era in mano al pubblico, non c’erano vincoli di tempo o spesa. Bisognava raggiungere i risultati. I privati invece devono essere efficienti. Ci sono scadenze, obiettivi dei bandi, devono consegnare i prodotti entro certe date. Inoltre, i privati devono fare profitto. Ecco allora che hanno trovato delle soluzioni per abbassare i costi e rendere il tutto più accessibile. Questo cambia tutto. Basta fare un confronto tra i lanci realizzati dai vettori europei, i francesi e italiani Ariane e Vega, dalla nascita dell’Esa, nel 1975, a oggi. In cinquant’anni sono stati realizzati un po’ più di trecento lanci. Negli ultimi due anni i privati, messi insieme, hanno fatto più di 340 lanci. È la Space economy, e chi non capisce questa cosa non sa di cosa sta parlando. Il pubblico naturalmente non scompare, ma i privati hanno capito che rendendo l’accesso alle orbite più economico, si apre un mercato che prima non c’era. Mettere in orbita decine di migliaia di satelliti era impensabile qualche anno fa con i costi del pubblico. Oggi è normale. Questo cambia anche le prospettive future.

In che senso?

All’inizio della presenza umana oltre l’atmosfera gli unici due operatori erano la Russia (o l’allora Urss) e gli Stati Uniti, attraverso le loro agenzie pubbliche. Nel 2019 si aggiungono rapidamente la Cina, l’India e il Giappone. In circa cinque anni, cambia completamente l’equilibrio che era stato mantenuto per i precedenti cinquanta. L’anno scorso, poi, un privato è arrivato sulla Luna, e il 3 marzo di quest’anno, un altro privato (tra l’altro con a bordo tecnologia italiana) ha raggiunto il nostro satellite. Questo ci descrive quanto i cambiamenti siano veloci in questo settore. Da cinquant’anni di stasi, a cinque di allargamento, fino a due privati che uno dopo l’altro riescono ad allunare. Dobbiamo allora immaginare che queste evoluzioni andranno sempre più veloci, e noi dobbiamo stare al passo. Sia come imprese, sia come collaborazione pubblico-privata, come dimostrato da missioni quali Axiom 3, del 3 gennaio 2024, dove a bordo di una missione privata c’era un ilota italiano, tecnologia italiana, esperimenti italiani, con la partecipazione persino di una regione come l’Emilia-Romagna, una dimensione locale che – nello spazio tradizionale – non avrebbe mai potuto pensare di partecipare a una missione oltre l’atmosfera. È radicalmente cambiato tutto.

La legge mira, dunque, a tenere il passo?

Faccio un esempio concreto. All’apertura dei lavori in Aula sono intervenuto su una pregiudiziale che voleva fissare quale tecnologia utilizzare per le orbite alte. Sarebbe stato come se negli anni Settanta una legge avesse fissato quale tecnologia usare tra VHS e Betamax per la videoregistrazione. Se si fosse scelto, per esempio, il Betamax, pochi anni dopo ci si sarebbe dovuti confrontare con un mercato che, invece, aveva premiato il VHS. Lo stesso esempio lo si può vedere con il repentino sviluppo dei telefoni cellulari, dove in pochi anni si è assistito all’evoluzione che ha portato agli smartphone di oggi. Le tecnologie cambiano troppo velocemente per fissare una tecnologia in un settore che ogni anno è diverso da quello precedente. La nuova legge, allora, è il punto di partenza, l’ingresso dell’Italia in questo mondo incredibile che è la Space economy e che offre opportunità incredibili.

Il ddl, infatti, introduce tutta una serie di misure per regolare il rapporto con i privati del settore…

Nella legge ci sono cose molto precise. C’è il percorso di autorizzazione per le missioni, l’identificazione di quali autorità possono dare questa autorizzazione, l’obbligo assicurativo. Ci sono anche misure come la creazione di un Fondo dedicato all’economia dello Spazio, un contenitore degli investimenti che già questo governo sta introducendo, con sette miliardi e duecento milioni già stanziati entro la fine del 2026. Ma poi bisogna andare avanti, ci vogliono altri fondi, e la legge prevede appunto il fondo che andrà aggiornato costantemente. A questo si aggiunge il Piano nazionale per l’economia dello Spazio, fatto esattamente per dare un impulso al sistema italiano. Viene introdotto il concetto di spazioporto, da regolamentare con atti successivi. La legge serve anche a sperimentare, iniziare a colmare i vuoti normativi. I governi precedenti, forse, avrebbero già potuto pensarci, noi siamo andati a colmare questo gap con questa prima legge, da cui si parte per guardare al futuro.

Quali sono, allora, le prossime tappe?

Sicuramente c’è da lavorare con i distretti aerospaziali in tutte le regioni italiane e con le amministrazioni regionali, che hanno avuto un ruolo fondamentale nel sostenere questi distretti. C’è il tema della ricerca e dello sviluppo, della formazione del capitale umano. C’è il tema del lavoro, con le ipotesi di contratti nazionali che agevolino le imprese che investono nel settore per assumere giovani ricercatori e scienziati. Possiamo e dobbiamo lavorare sulle start up, su tutta l’innovazione, sulla contaminazione tra il mondo dello spazio e gli altri settori, partendo dall’intelligenza artificiale. Le cose da fare sono tante e bisogna continuare a lavorare. In qualità di presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Space economy guardo già all’appuntamento del prossimo autunno, quando tutto l’ecosistema dell’economia spaziale italiana si incontrerà agli Stati generali della Space economy. Nel nostro Paese abbiamo persone capaci, preparate e geniali, abbiamo una grande capacità scientifica ed economica, grazie alle nostre imprese, anche medie e piccole. Abbiamo i mesi giusti per preparaci e arrivare pronti all’appuntamento, dove potremo riflettere su come favorire l’Italia in questo avvenire spaziale.


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