Secondo il vicepresidente della Commissione Esteri/Difesa del Senato, da Roma è partito uno spunto armonico su un concetto di fondo, quello della ricostruzione di una nazione nella consapevolezza che raggiungere in prospettiva una pace giusta si può fare anche tramite un arbitro imparziale. Ma per immaginare una ricostruzione domani, è utile preparare il terreno sin da oggi
L’imponente conferenza sulla ricostruzione ospitata dalla Nuvola di Roma ha raggiunto due grandi obiettivi: unire le voci europee e atlantiche sulla volontà comune, accomunate da una lungimirante progettazione e sottolineare le capacità italiane che saranno molto utili quando cesseranno le armi, ma anche prima. Il nutrito gruppo di accordi firmato tra aziende e ministeri di Italia e Ucraina racconta, meglio di tante parole, il senso compiuto di questa conferenza di alto livello che ha segnato uno spartiacque oggettivo nel delicato tema che riguarda l’Ucraina: non solo primi ministri e ministri hanno preso parte all’evento, ma anche varie Organizzazioni internazionali, autorità locali, aziende.
Un disegno d’insieme che offre uno spaccato all’esterno diverso, senza dubbio maggiormente coeso con l’Italia a svolgere un ruolo centrale. Lo dimostra, tra le altre cose, la partecipazione dell’inviato americano Keith Kellogg alla riunione della coalizione dei volenterosi che si è tenuta a margine della conferenza. La scelta inoltre di ospitare a Roma la conferenza Urc2025 dopo Lugano (2022), Londra (2023) e Berlino (2024) testimonia quanto l’Italia e il governo di Giorgia Meloni siano stati vicini in questi anni di guerra all’Ucraina e quanto ci tengono ad esserlo in una sorta di fase due che ci auguriamo si aprirà presto.
Da Roma è partito uno spunto armonico su un concetto di fondo, quello della ricostruzione di una Nazione nella consapevolezza che raggiungere in prospettiva una pace giusta si può fare anche tramite un arbitro imparziale. Ma per immaginare una ricostruzione domani, è utile preparare il terreno sin da oggi con una serie di valutazioni. Partiamo dall’inizio. L’etimologia della parola ricostruire deriva dal latino reconstruere, composto da re (di nuovo) e construere (costruire). Non solo costruire di nuovo, che è ciò che ci apprestiamo a fare, ma anche rendere di nuovo stabile e solido qualcosa, tramite un progetto strategico di miglioramento. Ed ecco il secondo concetto dietro la ricostruzione: strategia. Siamo qui perché vogliamo impegnarci a disegnare una strategia che metta una Nazione devastata dalla guerra nelle migliori condizioni per tornare a camminare con le proprie gambe, per poter avere quel minimo di civiltà che le è stato tolto, ovvero strade, case, imprese, persone. In una parola: polis.
Lavoriamo sin da questi momenti perché l’Ucraina sia nuovamente una polis e abbia un progetto, che sia il quanto più possibile armonico, efficiente, valido. Armonico, perché dovrà rispondere a coefficienti di insieme, che raggruppino tutti gli elementi che compongono la spina dorsale di una Nazione, uniti da un filo logico ed emozionale. Efficiente, perché sia immaginato in linea con le nuove tecnologie e con lo sguardo rivolto al futuro, visto che sarebbe miope non osare in un momento di grandissima trasformazione, causata purtroppo dall’invasione russa. Valido, perché non sia un grande libro dei sogni solo sulla carta, ma effettivamente tarato sulle esigenze reali di cittadini e imprese, quindi votato al pragmatismo e alla realizzabilità concreta e, conseguentemente, lontano da una certa ottusità ideologica.
E come potremmo inseguire questi ambiziosi obiettivi se non instaurando una fruttuosa relazione con il mondo del capitale privato? Sarà questa alleanza tra istituzioni finanziarie, Ue, stati membri e realtà private a rappresentare la summa perfetta per raggiungere la crescita economica e una ricostruzione di successo. Prima però occorrerà cementare il concetto di sicurezza, al fine di lavorare in un ambiente ideale. Le competenze di altri soggetti, come l’Italia, saranno preziose sia nella fase attuativa della ricostruzione sia in quella legata alla visione da adottare per interventi e lavori. Non manca di certo alla nostra Nazione la capacità di esportare know how e di essere avanguardia industriale e di qualità in ambiti come quello in questione. Accanto a ciò la prospettiva umana, che è vera benzina della ricostruzione, perché coinvolgerà le energie positive dell’Ucraina, dai giovani alle donne, tutti accomunati dalla voglia di voltare pagina e comporre un quadro nuovo che sia un seme di speranza anche per i migliaia di bambini e bambine che sono nati in questi anni di guerra.
E poi i territori, le regioni, le città: ovvero i tre motori della ricostruzione che andranno messi a regime con gli ingranaggi dell’Ue, con la prospettiva di entrare nel mercato unico e quindi di allineare le politiche e le istituzioni dell’Ucraina agli standard europei. Grande attenzione, inoltre, dovrà essere riservata al come favorire la ripresa del settore industriale ucraino, valorizzandone le sue peculiarità, come i minerali critici che sono una risorsa fondamentale per le catene di approvvigionamento globali.
Nessuno ha dimenticato che prima dell’invasione russa, l’Ucraina, il cosiddetto granaio d’Europa, era un importante esportatore globale di grano e di altri prodotti agricoli e la guerra ha avuto un effetto tragico e significativo sulla sua capacità di esportazione e sulla sicurezza alimentare globale. Effetti che si sono visti in primis in quei paesi che già avevano una forte criticità strutturale, come Libano, Egitto, Tunisia. La sicurezza alimentare dell’intero nordafrica ha subito disastrose conseguenze dalla guerra, ecco perché bisognerà ricostruire anche le colture, le filiere, gli assetti, gli equilibri natura/imprese di una Nazione le cui scelte impattano su altre aree di prossimità.