Dal gennaio 2025 sette petroliere legate alla flotta fantasma russa sono state colpite da esplosioni in porti e rotte strategiche, come Ust’-Luga e il Mediterraneo. Le flotte ombra, operando con tecniche di occultamento avanzate, permettono a Mosca di aggirare le sanzioni occidentali sul suo petrolio
Dal gennaio 2025 sei petroliere sono state colpite da esplosioni di matrice ignota, tutte avvenute dopo che le navi avevano effettuato scali nei porti russi. L’ultimo episodio riguarda la Eco Wizard, che il 6 luglio ha subito due detonazioni a distanza di dieci minuti mentre era attraccata al porto russo di Ust’-Luga, sul Mar Baltico. Operazioni di sabotaggio con un rilevante impatto militare, logistico e finanziario sulla sostenibilità delle operazioni di Mosca e sull’utilizzo delle flotte fantasma come strategie per la rivendita del petrolio e per l’aggiramento delle sanzioni.
Gli attacchi alle navi russe
Questo evento ha accresciuto i timori, perché, come osservato da France24, rappresenta il settimo incidente in sette mesi. Due settimane prima, un’esplosione aveva colpito la petroliera Vilamoura, segnalata dall’intelligence ucraina come appartenente alla flotta ombra di Mosca e anch’essa gestita da una compagnia greca, che trasportava un milione di barili di greggio al largo della Libia. In inverno erano stati registrati altri quattro episodi: la Seacharm danneggiata vicino al porto turco di Ceyhan a gennaio, la Grace Ferrum colpita al largo della Libia a febbraio, la Seajewel esplosa nel porto italiano di Savona il 15 febbraio e la Koala, già teatro di un incidente a Ust’-Luga il 9 febbraio. Prima ancora, alla fine di dicembre 2024, la nave cargo russa Ursa Major, legata al Ministero della Difesa di Mosca, era affondata nel Mediterraneo dopo diverse esplosioni.
Lo schema della guerriglia ombra
Come osservato da Martin Kelly (Eos risk group), nelle esplosioni e nei sabotaggi delle navi russe è possibile individuare un pattern ricorrente: tutte le navi coinvolte avevano recentemente fatto scalo in Russia, in particolare nei porti di Ust’-Luga sul Baltico o Novorossiysk, sul Mar Nero. I danni riportati – falle nello scafo con metallo piegato verso l’interno e tagli lungo le giunzioni – suggeriscono esplosioni esterne ad alta intensità, individuando le mine a patella come gli ordigni più plausibili, ordigni navali che vengono fissati manualmente sotto la linea di galleggiamento, spesso in prossimità delle sale macchine per massimizzare i danni. Ordigni che richiedono, però, l’intervento di sommozzatori addestrati, capaci di operare di notte o in condizioni di scarsa visibilità, e possono essere fatte detonare a tempo o a distanza, conducendo così verso l’ipotesi dell’esistenza di più squadre operative in aree diverse, Mediterraneo, Egeo, Mar Nero e Baltico, operando con complessità logistica, ampiezza geografica e sofisticazione militare sotto una regia unificata.
La flotta fantasma russa, una risorsa strategica per la vendita del petrolio sanzionato
Centinaia di petroliere clandestine solcano i mari issando bandiere di comodo, con proprietari difficilmente rintracciabili e percorsi volutamente oscurati. Sono il cuore di un sistema che consente a Mosca di continuare a incassare enormi profitti dalle esportazioni di greggio, nonostante le sanzioni imposte in seguito alla guerra contro l’Ucraina.
Ma quante sono davvero queste navi?
Trecento, quattrocento, seicento, forse ancora di più.
Secondo il colosso assicurativo Allianz, le flotte ombra, che non sono una prerogativa esclusiva della Russia – anche Iran e Venezuela le hanno utilizzate per mantenere le esportazioni di petrolio nonostante gli embarghi – conterebbero tra le 600 e le 1.400 navi coinvolte in questi traffici, pari a circa un quinto dell’intera flotta mondiale di petroliere.
Dall’embargo dell’Unione europea sul petrolio russo del 2022 e dall’introduzione, all’inizio del 2023, del tetto massimo di prezzo sui prodotti energetici russi deciso dai Paesi del G7 e dai loro alleati, l’attenzione si è concentrata sulla proliferazione di queste flotte fantasma. Il fenomeno ha assunto proporzioni tali che il Regno Unito ha annunciato il quarto pacchetto di sanzioni mirato a colpire 18 petroliere sospette. A queste navi non è più consentito attraccare nei porti britannici né beneficiare dei servizi marittimi forniti da compagnie del Regno Unito, comprese le assicurazioni. La flotta fantasma di Mosca si è evoluta dagli iniziali schemi operativi, i quali erano basati su vecchie petroliere noleggiate direttamente dalla Russia, di proprietà della compagnia pubblica Sovcomflot, navi assicurate da compagnie non occidentali che navigavano già allora in condizioni opache e con scarsi margini di sicurezza marittima.
Oggi sono molteplici le nuove flotte fantasma, pronte a sostenere o sostituire il compito di trasportare petrolio e prodotti raffinati russi, ignorando i limiti di prezzo imposti dalle misure occidentali. Queste navi operano al di fuori dei radar ufficiali, eludendo sia i controlli governativi sia le società specializzate nella sorveglianza oceanica.
L’opacità di questi schemi rende difficile identificare con chiarezza tutti gli attori coinvolti ed il risultato è che la Russia continua a guadagnare dalla sua rendita petrolifera, mentre mancano dati completi per valutare la reale entità del fenomeno
Secondo stime recenti della Kyiv School of Economics, pubblicate a inizio ottobre, Mosca avrebbe investito quasi 10 miliardi di dollari per la costruzione della sua flotta fantasma, arrivata a circa 600 unità nel luglio scorso. Queste petroliere trasportano, secondo i ricercatori, circa il 70% delle esportazioni russe di prodotti petroliferi via mare e addirittura il 90% del greggio, quadruplicando il movimento dei volumi complessivi dall’aprile 2022.
Tecniche di occultamento sempre più sofisticate
Grazie all’efficacia di tecniche di occultamento ben rodate, le petroliere fantasma impiegate per aggirare le sanzioni vengono rintracciate a fatica. Cambiano frequentemente proprietari e bandiere di registrazione; falsificano le coordinate e trasmettono dati di posizione errati per rendere più complesso seguire le rotte reali; effettuano trasferimenti di idrocarburi nave a nave al largo delle coste di Grecia, Malta o Gibilterra per mascherare l’origine russa del carico; oppure spengono deliberatamente i transponder, i dispositivi che trasmettono il segnale GPS, per periodi superiori alle 48 ore, nascondendo sia il carico sia le operazioni di trasbordo. La creatività degli armatori coinvolti sembra inesauribile. Alcuni ricorrono a navi gemelle, identiche per tipo e dimensioni, per scambiarsi identità nei momenti critici o fingere di essere unità già smantellate. Quando una nave pirata di questo genere viene infine individuata e smascherata, di solito ha già avuto il tempo di consegnare il carico con discrezione.