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Le infrastrutture energetiche europee sono un obiettivo di Mosca. Report Euiss

Il nuovo studio dell’European Union Institute for Security Studies mette in guardia sull’aumento delle minacce alle infrastrutture energetiche europee e la vulnerabilità dei cavi elettrici, dei gasdotti e delle piattaforme offshore

Cavi elettrici tranciati, gasdotti sabotati, flotte ombra che solcano il Baltico con tecnologia militare nascosta nello scafo. Il nuovo report dell’European Union Institute for Security Studies (Euiss) avvisa: l’energia europea è già un fronte di una guerra che punta a colpire la stabilità del Continente a basso costo e con altissimo ritorno geopolitico.

“L’invasione russa dell’Ucraina dimostra chiaramente che le infrastrutture energetiche europee sono un obiettivo prioritario per Mosca”, ha avvertito a giugno 2025 Jean-Charles Ellermann-Kingombe, assistente segretario generale della Nato. Parole dal peso specifico, perché fotografia di un sistema energetico che resta vulnerabile a colpi low cost ma ad alto impatto politico, economico e militare, esponendo l’Unione Europea ad un rischio strutturale dai (possibili) costi altissimi.

Le vulnerabilità

L’Euiss riporta un episodio eclatante: nel dicembre 2024 la Eagle S, una nave appartenente alla flotta fantasma russa, è stata fermata dalle autorità finlandesi dopo aver tranciato EstLink 2, interconnettore elettrico vitale tra Finlandia ed Estonia. Nello scafo, militari hanno trovato sofisticati sensori di rilevamento: la prova di un’operazione deliberata e pianificata. La minaccia si somma a una fragilità sistemica e strutturale: la rete elettrica europea ha in media 40 anni, frutto di decenni di sotto-investimenti e la Commissione europea stima che serviranno 54mila km di nuove linee per integrare quasi 500 GW di rinnovabili entro il 2040, con oltre 1.200 miliardi di euro di investimenti. Ma i tempi di realizzazione sono lunghi, le interconnessioni restano poche e molte infrastrutture si concentrano in pochi punti nevralgici, facili da colpire.

Nel frattempo, i cavi e i gasdotti che sostengono l’economia del continente passano in acque solcate quotidianamente da navi russe, esponendo ogni giorno l’Europa ad attacchi capaci di scatenare blackout, shock economici e disordini sociali.

Resilienza, velocità, efficacia

Bruxelles e gli Stati membri si sono mossi con approcci prevalentemente reattivi. Più blindature ai cavi, nuove tecniche di interramento, droni subacquei per il monitoraggio, stock di materiali per le riparazioni rapide. Tutto utile, ma non sufficiente. Episodi come il sabotaggio di Nord Stream mostrano come non basti il solo acciaio per efficaci tattiche di prevenzione, mentre l’episodio di EstLink 2 dimostra come riparare un cavo significhi spendere decine di milioni e sopportare mesi di squilibri nei mercati energetici. Con elevati costi economici, sociali, energetici e di sicurezza.

Riguardo l’opzione della difesa militare delle infrastrutture, il report dell’Euiss evidenzia, numeri alla mano, come nel Mar Baltico la shadow fleet russa arrivi oltre le 1.000 imbarcazioni, contro le 28 della Joint Expeditionary Force schierata nel 2024 per la protezione marittima, dimostrando l’impossibilità e l’eventuale inefficacia delle operazioni di pattugliamento nell’area.

L’European Union Institute for Security Studies lancia il monito: serve costruire un sistema resiliente by design, con un approccio unitario basato sull’analisi del rischio e sulla conoscenza dei nodi nevralgici da difendere.  In due parole, pianificazione e costruzione. L’Europa deve soprattutto costruire più infrastrutture e in tempi più rapidi, per trasformare le aree di vulnerabilità – come oggi il Mar Baltico – in hub resilienti e capaci di garantire energia anche in caso di sabotaggio.


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