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Roma non è più l’anello debole d’Europa. La visione dei conservatori raccontata da Giordano

“Macron è crollato al 15% nei sondaggi, Starmer è già travolto da proteste crescenti. L’Italia, invece, rappresenta l’opposto. L’Ucraina? Nessun soldato italiano. La transizione? Difenderemo l’occupazione. L’Europa? Smetta di essere vittima di utopie regolatorie”. Conversazione con l’eurodeputato di Ecr/FdI Antonio Giordano

La parata cinese non è folklore, dice a Formiche.net l’eurodeputato di Ecr/FdI Antonio Giordano, alla vigilia di un inverno che si preannuncia molto denso di lavoro per il Parlamento Europeo. Si tratta di un messaggio geopolitico chiarissimo, perché la competizione globale si gioca sulla forza industriale e militare, e l’Europa rischia di arrivare disarmata. Servono filiere strategiche autonome, investimenti comuni sulla difesa e un’Unione che faccia meno, ma lo faccia meglio. Temi che saranno al centro di tre giorni di studio di Ecr a Igea Marina, da venerdì 5 a domenica 7 settembre, evento promosso da New Direction, la fondazione ufficiale dei conservatori europei presieduta da Nicola Procaccini.

Sull’Ucraina e i volenterosi, Berlino ha gli stessi dubbi di Roma sull’invio di truppe. Cosa vuol dire?

Vuol dire che l’Italia non è isolata. La linea della premier Meloni è chiara: nessun soldato italiano in Ucraina. Non significa disimpegno, anzi. Significa sostenere Kyiv con strumenti concreti – dall’addestramento alla logistica, dal supporto satellitare al monitoraggio di un eventuale cessate il fuoco – senza aprire scenari di escalation militare. Anche Germania e Polonia condividono questa prudenza, mentre altri insistono su boots on the ground. È la dimostrazione che la posizione italiana è non solo coerente, ma anche condivisa dai principali partner europei.

Altre sanzioni alla Russia serviranno ad un cessate il fuoco?

Le sanzioni non sono un feticcio, sono uno strumento politico. Da sole non bastano, ma senza la pressione economica e diplomatica Mosca non avrebbe alcun incentivo a sedersi a un tavolo credibile. Lo ha ricordato la premier anche ai Volenterosi: la pace giusta si costruisce con deterrenza, sostegno militare e pressione economica, non con concessioni unilaterali. Le sanzioni vanno quindi mantenute e calibrate, ma sempre accompagnate da un percorso politico che preveda garanzie solide per l’Ucraina.

Guardando all’Ue, come si preparano i conservatori ad un inverno gravido di sfide?

L’inverno sarà il banco di prova della serietà europea. Sul tavolo c’è l’automotive, simbolo industriale del nostro continente. La posizione dei conservatori è netta: transizione sì, ma non ideologica. Difendere l’occupazione, le filiere produttive, la sovranità tecnologica. Questo significa evitare imposizioni green irrealistiche, lavorare su innovazione e semplificazione burocratica, proteggere le imprese dalle distorsioni di concorrenza provenienti da Cina e Stati Uniti. L’Europa deve smettere di essere vittima di utopie regolatorie e tornare protagonista con pragmatismo.

Lunedì potrebbe cadere il governo francese, mentre Starmer già fa un rimpasto e mentre in tutta Europa le destre sono avanti nei sondaggi. Che segnale è per il futuro dei conservatori?

Il segnale è chiaro: i cittadini non credono più alla vecchia politica fatta di coalizioni arcobaleno costruite solo per salvare le poltrone. In Francia Macron è crollato al 15% nei sondaggi, come riportato da Le Figaro: un tracollo senza precedenti che rende il Paese ingovernabile. Nel Regno Unito, Starmer è già travolto da proteste crescenti e da un rimpasto che svela tutte le fragilità della sinistra. L’Italia, invece, rappresenta l’opposto: con Giorgia Meloni abbiamo stabilità, serietà e credibilità internazionale. Roma non è più l’anello debole d’Europa: è diventata il modello a cui si guarda. È questa la ragione per cui i conservatori crescono ovunque: perché mentre gli altri sopravvivono di promesse, noi governiamo e portiamo risultati.

Quali consapevolezze deve maturare l’Ue dopo l’imponente parata cinese?

La parata cinese non è folklore: è un messaggio geopolitico chiarissimo. La competizione globale si gioca sulla forza industriale e militare, e l’Europa rischia di arrivare disarmata. Servono filiere strategiche autonome, investimenti comuni sulla difesa e un’Unione che faccia meno, ma lo faccia meglio. Continuare a delegare la nostra sicurezza agli Stati Uniti significa condannarci a dipendenza perpetua. Serve una colonna europea nella Nato, non in contrapposizione a Washington ma per contare di più insieme ai nostri amici americani.

E attenzione: dietro le immagini trionfali e le strette di mano, l’asse tra Pechino, Mosca e Nuova Delhi (non a caso il leader indiano è tornato in Patria prima della parata) non è un’alleanza naturale, ma un matrimonio di convenienza. Xi, Putin e Modi hanno interessi che spesso divergono. L’Europa deve cogliere questo dato e rafforzare se stessa adesso, prima che quelle crepe vengano colmate da un nemico comune.


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