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Dalla casa bianca a Caracas, Trump ordina le covert actions contro Maduro

Trump rompe il silenzio e conferma le covert action della Cia in Venezuela. Tra deterrenza, consenso interno e guerra ibrida, il backyard latino torna ad essere un laboratorio di influenza.

Donald Trump ha rotto la segretezza. Da Washington, il presidente ha confermato di aver autorizzato operazioni coperte della Cia in Venezuela, volte a “neutralizzare” il regime di Nicolás Maduro. È la prima conferma pubblica di un “presidential finding”,  il dispositivo legale che consente all’intelligence americana di operare nell’ombra,  firmato nel pieno di una nuova escalation militare ai Caraibi. Diecimila uomini schierati tra Puerto Rico e le navi d’assalto nel Mar delle Antille, droni di sorveglianza e team della Cia dispiegati tra Panama e la Colombia: il linguaggio della deterrenza, come spesso accade, precede quello della diplomazia.

Le covert actions

Nella grammatica dell’intelligence statunitense, il termine covert action indica qualsiasi attività condotta per influenzare le condizioni politiche, economiche o militari all’estero senza che il ruolo degli Stati Uniti sia pubblicamente riconosciuto. Rientra nella “dottrina della negazione plausibile”, teorizzata negli anni della Guerra Fredda, poi perfezionata nel tempo come strumento di politica estera non dichiarata. Come ricordava Roy Godson, uno dei massimi studiosi della materia, l’intelligence americana si articola in quattro pilastri: analisi, raccolta, controspionaggio e covert actions. Proprio quest’ultime si muovono nel confine sottile tra l’informazione e l’intervento e ogni amministrazione ne ha fatto il proprio uso, solitamente accomunato dal vincolo della segretezza.

Il ritorno al backyard

Il Venezuela, oggi, rappresenta per Washington un laboratorio di potenza a bassa visibilità. Trump, affiancato dal segretario di Stato Marco Rubio, figura chiave del fronte anti-Maduro,  e dal direttore della Cia John Ratcliffe, rilancia oggi la stessa logica di potere che negli anni ’80 portò l’amministrazione Reagan a finanziare i Contras in Nicaragua e i mujaheddin in Afghanistan. Allora il nemico era il comunismo sovietico; oggi è il narcoterrorismo latinoamericano, ridefinito come minaccia esistenziale alla sicurezza interna degli Stati Uniti. Non cambiano le modalità, ma la definizione del perimetro del proprio backyard, il cortile di casa.

Ma come la storia insegna, le operazioni coperte vivono di effetti collaterali. L’“Iran-Contra Affair” dimostrò che, quando l’ombrello della segretezza si spezza, la potenza americana si ritrova nuda davanti al mondo. Il sostegno ai mujaheddin, celebrato allora come una vittoria contro l’Armata Rossa, ha generato decenni dopo un nemico più subdolo: il terrorismo globale.

La continuità della dottrina

Le dichiarazioni incendiarie di Trump seguono la continuità della dottrina americana del controllo regionale. Dall’operazione Ajax in Iran nel 1953 al golpe in Guatemala nel 1954, fino al Cile di Pinochet, la Cia è stata il motore occulto di una strategia che alterna “hard power” e “shadow power”, mantenendo però sempre il medesimo obiettivo. Modellare l’ambiente geopolitico in modo che nessuna delle potenze ostili, allora era Mosca, oggi Pechino e Teheran, possano consolidarsi troppo vicino ai confini americani.

Hub energetico e di riserve di petrolio e rete logistica che collega l’Atlantico al Pacifico, il Venezuela di Maduro, oggi simbolicamente colpito dal Nobel a Marìa Corina Machado e stretto tra la protezione russa e i capitali cinesi, rappresenta una pedina d’influenza estera vicina al backyard statunitense e, al contempo, un obbiettivo strategico che, in caso di attacco diretto o di destabilizzazione indiretta, non susciterebbe una reazione significativa da parte dell’opinione pubblica internazionale, già da tempo non favorevole a Maduro.

L’intelligence come politica estera

Le covert actions non sono semplici operazioni paramilitari o ibride sotto copertura, ma vere e proprie politiche pubbliche parallele, la cui necessità nasce da esigenze di politica interna.  Quando un presidente autorizza la Cia a “influenzare” gli eventi di un Paese straniero, ciò che viene messo in moto è un ecosistema autonomo di risorse, operatori, contractor, alleati regionali e narrative mediatiche. In poche parole, la proiezione non ufficiale della sovranità statale, in questo caso americana, capace di agire dove la diplomazia si ferma.

Maduro, il “nemico utile”

Maduro, isolato, screditato, ma ancora in sella, rappresenta un bersaglio perfetto, tra il Nobel a Machado e la narrazione del “narcostato socialista che esporta criminali negli Stati Uniti”, il contrasto al presidente venezuelano alimenta il consenso di una parte dell’elettorato americano e consente di trasformare l’intelligence in storytelling politico, legittimandone le operazioni.


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