L’intesa tra Leonardo, Thales e Airbus apre a un nuovo capitolo del consolidamento dell’industria spaziale europea. Quali sono i prossimi passi per la realizzazione operativa del progetto? Come può l’Europa colmare il ritardo tecnologico e sostenere l’autonomia strategica nel settore spaziale? Qual è la posta in gioco? L’intervista di Airpress a Giovanni Soccodato
L’industria spaziale europea ha compiuto un primo – storico, forse – passo verso l’autonomia strategica. Leonardo, Thales e Airbus hanno firmato un Memorandum of Understanding per la creazione di una joint venture nel settore satellitare. L’accordo, atteso da tempo, punta a unire competenze, risorse e know-how per dare vita a un campione continentale capace di affrontare i mercati internazionali. Per comprenderne appieno le implicazioni e quale percorso attende il settore dello spazio europeo, Airpress ha parlato con Giovanni Soccodato, già managing director di Mbda Italia.
Come giudica la firma – a lungo attesa – dell’accordo che porterà alla nascita del nuovo soggetto spaziale europeo?
La firma del Memorandum of understanding tra Airbus, Leonardo e Thales per la creazione di una joint venture nel settore spaziale è un passo molto importante. Questa nuova realtà riunirà infatti persone, risorse e competenze di Airbus Space e Thales Alenia Space: i due principali gruppi europei del settore. Si tratta di uno sviluppo atteso da tempo, nella direzione di un progressivo consolidamento dell’industria aerospaziale e della difesa europea, con l’obiettivo di creare un campione continentale in un ambito strategico, dotato della scala e delle capacità necessarie per competere a livello globale.
Questa “Alleanza” nasce con grandi auspici. Quali sono i prossimi passi?
Ora che l’industria ha compiuto una prima, coraggiosa mossa, è importante che tutti i principali stakeholder seguano la stessa direzione e si adoperino per facilitare la rapida costituzione e l’integrazione operativa della nuova joint venture, consentendole di esprimere appieno il proprio potenziale. Mi auguro quindi una rapida approvazione da parte delle autorità antitrust competenti, riconoscendo la natura globale del mercato spaziale in tutte le sue componenti, e la necessità per l’Europa di poter competere sui mercati mondiali con i grandi attori internazionali (che spesso beneficiano di vasti mercati domestici), piuttosto che promuovere una “competizione interna” tra operatori attivi su mercati nazionali di dimensioni relativamente ridotte.
Questo sotto il profilo comunitario e istituzionale. Cosa si aspetta invece dai mercati?
Sarà importante che questo consolidamento della base industriale favorisca un’evoluzione analoga del mercato, conducendo a una convergenza dei requisiti dei clienti, in particolare per i sistemi e i servizi di difesa e istituzionali nei vari Paesi europei. Ciò permetterà alla nuova entità di accedere a un mercato “domestico” sufficientemente ampio, in grado di sostenere e sviluppare le proprie capacità tecnologiche e di prodotto, e di fornire infrastrutture e servizi di base all’avanguardia (ad esempio comunicazioni a banda larga e bassa latenza, osservazione ad alta risoluzione e alta frequenza di rivisitazione) essenziali per la sicurezza, lo sviluppo economico e sociale dell’Europa.
Molti parlano di questo accordo come di un primo passo verso la tanto invocata autonomia strategica europea. È d’accordo con questa lettura?
Sì. Da molto tempo a livello nazionale ed europeo si parla della necessità di disporre a livello continentale della possibilità di realizzare prodotti e servizi avvalendosi delle competenze e capacità industriali disponibili in Europa, con volumi adeguati soddisfare le esigenze dei vari Paesi consentendo al tempo stesso di seguire la sempre più rapida evoluzione delle tecnologie. Per questo è necessario però mettere a fattor comune, competenze e risorse (umane e finanziarie) e sfruttare tutto il potenziale disponibile per essere alla pari con i grandi player continentali. La costituzione di questa joint venture va proprio in questa direzione, purché diventi rapidamente operativa.
Alcuni avversano questa operazione, sostenendo che l’Europa ha un ritardo troppo grande da scontare, specialmente rispetto ai competitor americani e cinesi. Che il Vecchio continente si sia “svegliato tardi” è indubbio, ma concorda con chi dice che, a questo punto, bisognerebbe abbandonare l’idea e continuare ad affidarsi esclusivamente a fornitori extra-europei?
Che ci sia un ritardo, specialmente in alcune aree tecnologiche (IA prima fra tutte), o che si debba scontare una atavica frammentazione di offerta e domanda sul mercato è innegabile. Questo non vuol dire che ci si debba arrendere. L’Europa dispone di grandi gruppi industriali, di validissime competenze in tutto il sistema dell’innovazione e della ricerca. Purtroppo troppo spesso in passato è mancato un indirizzo a livello industriale o un coordinamento delle iniziative di ricerca che consentisse di condividere priorità e progetti in modo da ottimizzare gli sforzi nello sviluppo di soluzioni e le capacità produttive. Mi auguro che, con iniziative come questa, l’industria europea sia in grado di soddisfare la significativa domanda interna, contribuendo alla crescita economica ed allo sviluppo tecnologico, offrendo un futuro ad un importante bacino di forza lavoro qualificata.