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Dalla colonizzazione della Luna alla difesa aerea europea. Ad Atreju 2025 l’Italia spaziale

Il panel di Atreju 2025 dedicato allo spazio ha messo a fuoco il ruolo dell’Italia in una competizione internazionale sempre più tecnologica e integrata. Tra memoria storica e nuove architetture industriali, i relatori hanno delineato le direttrici che plasmeranno governance, sicurezza, servizi orbitali ed economie emergenti. L’attenzione si è concentrata sulla necessità di cooperazioni europee più solide, sull’evoluzione delle minacce e sulle opportunità aperte dall’esplorazione lunare. Al centro resta il capitale umano, tassello decisivo per sostenere un settore in rapida espansione

Lo spazio è la frontiera del futuro, e l’Italia ha le carte in regola per esserci da protagonista. Nel contesto di Atreju 2025, il panel dedicato allo spazio ha riunito figure di primo piano della ricerca, dell’industria e delle istituzioni. Moderati da Flavia Giacobbe, direttore di Formiche e Airpress, i relatori hanno ricostruito l’evoluzione della presenza italiana nel settore, analizzando le nuove traiettorie tecnologiche, le dinamiche geopolitiche e le prospettive economiche che caratterizzano la competizione globale nello spazio. Il confronto ha evidenziato continuità storiche e punti di svolta, in un momento in cui lo scenario internazionale accelera verso un utilizzo sempre più intensivo delle orbite e verso lo sviluppo di capacità di osservazione e difesa attiva.

La sfida europea nello spazio e nella difesa

Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, ha affrontato il tema della frammentazione europea negli investimenti spaziali e la conseguente difficoltà a sviluppare grandi progetti coordinati. Secondo Cingolani, l’Europa ha disperso le proprie risorse tra i 27 Stati membri, adottando un modello di ritorno geografico che garantisce a ciascun Paese la proporzionale ricaduta economica degli investimenti, ma impedisce la realizzazione di programmi strategici su larga scala.

L’ad di Leonardo ha presentato il progetto Bromo come “il primo mattoncino di una difesa aerea integrata”, sottolineando la necessità di un approccio multidominio che connetta satelliti di osservazione terrestre, radar ad alta precisione, supercomputer e piattaforme di difesa terrestri, navali e aeree. L’obiettivo è costruire un vero e proprio “web della difesa”, in cui le informazioni fluiscono in tempo reale tra tutti i sistemi, sostituendo la tradizionale sequenza lineare di valutazione e risposta delle minacce. “Un missile impiega tre minuti ad arrivare da Mosca a Roma”, ha ricordato. “Dobbiamo ridurre i tempi decisionali da dodici minuti a pochi secondi”. In questo contesto, l’uso dell’intelligenza artificiale sarà cruciale per analizzare in pochi secondi i dati provenienti da sensori infrarossi, radar e piattaforme di osservazione, determinando rapidamente traiettoria e priorità di intervento.

Cingolani ha inoltre sottolineato l’importanza di alleanze industriali strategiche tra i principali Paesi europei. “Forse è il caso che gli Stati si mettano al tavolo e, invece di fare il campionato europeo dello spazio, facciano una sola squadra per il campionato mondiale dello spazio.” Secondo l’ad, il progetto Bromo non solo raccoglie le competenze di grandi aziende come Airbus, Thales e Leonardo, ma coinvolge anche piccole e medie imprese europee, valorizzando innovazione e capacità tecnologiche locali. Allo stesso tempo, serve a compensare alcune criticità del sistema europeo, come la mancanza di visione strategica di lungo periodo e l’assenza di investimenti coordinati a lungo termine da parte degli attori pubblici.

Le radici della capacità spaziale italiana

“L’Italia è sempre stata presente”. La dimensione storica ha rappresentato un filo conduttore del dibattito, soprattutto grazie al contributo di Amalia Ercoli Finzi, scienziata e prima donna italiana laureata in Ingegneria aeronautica, che ha ricordato come l’Italia abbia mantenuto una presenza costante e qualificata nello spazio fin dagli esordi. Ripercorrendo alcune missioni emblematiche, ha richiamato, ad esempio, l’esperienza Cassini-Huygens, di cui l’Italia realizzò l’antenna. Un altro riferimento storico è stato il satellite Sirio, messo in orbita in anticipo sui tempi previsti, diventando operativo 15 giorni in anticipo sulla tabella di marcia. 

Anche Andrea Mascaretti, presidente dell’Intergruppo parlamentare per la space economy, introducendo il panel, ha collocato il percorso italiano all’interno della tradizione pionieristica del programma San Marco, ricordando che “l’Italia è una grande potenza spaziale e lo è stata fin dall’inizio”. Mascaretti ha richiamato la figura di Luigi Broglio e la piattaforma di Malindi come simboli dell’ingresso precoce del Paese nella corsa allo spazio.

Governance e strategie industriali

Accanto al tema industriale, Luciano Violante, presidente della Fondazione Futuri Probabili ed già presidente della Camera, ha posto l’accento sulle ricadute politiche della competizione internazionale. Violante ha ribadito l’esigenza di “avere in Europa un tipo di alleanza che ci consenta di andare avanti”, in un contesto in cui anche la cooperazione transatlantica potrebbe subire assestamenti e ribilanciamenti.

Difesa e nuove architetture di sicurezza nello spazio

Le dinamiche di sicurezza hanno occupato un ampio spazio nella discussione. Cingolani ha illustrato l’evoluzione delle minacce balistiche e la necessità di nuovi sistemi integrati di risposta. “Da Mosca a Roma in tre minuti arriva un missile”, ha dichiarato, richiamando la sproporzione tra i tempi di reazione richiesti e quelli garantiti dagli attuali processi decisionali. Il manager ha descritto la costruzione di un’architettura multidominio basata su satelliti, radar, supercomputer e comunicazioni coperte, una rete capace di operare in un “web della difesa” invece che in una sequenza lineare. Satelliti, radar, supercomputer e cybersicurezza dovranno quindi confluire in una catena di calcolo in grado di ridurre i tempi decisionali da dodici minuti a pochi secondi. Sul tema si è inserito anche il colonnello Walter Villadei, astronauta dell’Aeronautica militare, che ha osservato come lo spazio sia ormai “un contesto in cui si incrociano interessi geopolitici, economici, industriali, scientifici. Villadei ha ricordato che la competizione non coinvolge più soltanto Stati Uniti e Russia, ma anche attori nuovi e sistemi privati sempre più avanzati, configurando una competizione “democratizzata” e ad alta intensità tecnologica.

La filiera industriale e la crescita dei nuovi operatori

Il ruolo delle piccole e medie imprese è stato sottolineato da David Avino, fondatore e Ceo di Argotec, che ha descritto la trasformazione in corso e come lo spazio stia “cambiando completamente”. Avino ha ricordato che la sua azienda ha lanciato 8 satelliti quest’anno e prevede di lanciarne oltre 20 l’anno successivo, dimostrando come anche soggetti di dimensioni ridotte ma tecnologicamente avanzati possano contribuire agli sforzi del sistema-Paese. Secondo Avino, la competitività si gioca soprattutto sulla capacità di sviluppare tecnologia proprietaria: “Possiamo fare tutti i PowerPoint possibili e immaginabili, ma in realtà è la tecnologia quella che differenzia il nostro Paese”.

Competenze, formazione e capitale umano

La crescita del settore richiede un rafforzamento delle competenze. Luciano Violante ha segnalato “2.200.000 posti di lavoro vacanti per mancanza di competenze” e ha evidenziato come, nella filiera spaziale, non servano solo profili ingegneristici. Villadei, con la prospettiva di chi opera direttamente nelle missioni, ha confermato la necessità di formare professionalità in grado di sostenere un ecosistema sempre più complesso, ricordando anche l’importanza di strutturare regole condivise tra pubblico e privato per mantenere lo spazio accessibile e sostenibile.


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