Skip to main content

La nuova legge elettorale potrebbe convenire (anche) a Schlein. Parla Petruccioli

Nel dibattito sulla legge elettorale, ci sono ancora diversi punti da chiarire, ma approvare una nuova modalità di voto, di stampo proporzionale con il premio di maggioranza, potrebbe convenire anche a sinistra. Occorre però che si inizi ad affrontare il tema, perché gli italiani devono sapere. Colloquio con l’ex presidente Rai, già dirigente della sinistra Claudio Petruccioli

Come si voterà nel 2027? Nel dibattito politico torna con forza il tema della legge elettorale. Il premier Giorgia Meloni ha riaperto il dossier e da mesi c’è un lavoro più o meno sotterraneo per trovare una quadra su un testo che possa passare al vaglio. Tanto delle Camere quanto della Consulta. La riforma della legge elettorale – si è ventilata l’ipotesi di un proporzionale con premio di maggioranza –  si presenta come una delle sfide più delicate della legislatura. Formiche.net ne ha parlato con Claudio Petruccioli, già presidente Rai e ex dirigente storico della sinistra italiana.

Petruccioli, perché Meloni vuole cambiare la legge elettorale proprio adesso?

Per due ordini di ragioni. La prima è di sistema, ed è quella che viene accreditata pubblicamente: secondo diverse analisi, l’attuale legge elettorale, dati i rapporti di forza tra gli schieramenti, potrebbe produrre un esito non risolutivo. Troppi collegi uninominali, una frammentazione che rischia di non dare una maggioranza chiara e quindi di generare instabilità. 

E la seconda ragione?

Meloni non è riuscita a portare a casa il premierato e cerca una sorta di surrogato. La proposta che circola ricorda il Porcellum: premio di maggioranza alla coalizione e, soprattutto, il nome del leader in evidenza sulla scheda. Non più solo un simbolo, ma il candidato premier come elemento aggregante.

Dal punto di vista politico, questa riforma può davvero arrivare in porto?

Oggi è difficile dirlo. Molto dipenderà dal comportamento delle forze politiche e dal metodo con cui la riforma verrà portata avanti. Finché questi elementi non si chiariscono, ogni previsione è azzardata.

Nel centrodestra però Meloni appare indiscussa. Questo non facilita l’operazione?

Sì. Allo stato attuale, la sua prevalenza non è messa in discussione da nessuno, neppure in prospettiva elettorale. Non vedo margini reali per una rottura.

Il premio di maggioranza alla coalizione, con seggi distribuiti proporzionalmente ai partiti, chi penalizza?

Sicuramente la Lega, che ha una concentrazione geografica al Nord. Ma questo non la porterà a rompere. È un prezzo che può essere pagato in nome della tenuta della coalizione.

Dal punto di vista dell’equità del sistema, il centrosinistra avrebbe motivo di opporsi?

No, non necessariamente. Se ci sono due coalizioni in competizione, il meccanismo è equo: il premio va a chi prende un voto in più. È già successo nel 2006, quando Prodi vinse con 25 mila voti di scarto. Non è un’ingiustizia strutturale per la sinistra.

Il vero problema, allora, è la compattezza delle coalizioni?

Esattamente. Il centrodestra è più omogeneo elettoralmente del centrosinistra. Questo non è un difetto della legge, è un problema politico della sinistra.

Elly Schlein come si colloca in questo scenario?

Paradossalmente, potrebbe trovare in questa legge anche delle convenienze. Schlein ha detto di essere pronta a fare la leader. Un sistema meno vincolato dai collegi uninominali potrebbe favorire una competizione più identitaria, con ogni forza che si presenta con il proprio profilo, all’interno di una piattaforma comune.

E Giuseppe Conte?

Conte è il punto chiave. Potrebbe essere interessato a un’andata alle urne “lasca”, senza vincoli troppo stringenti, per parlare direttamente al suo elettorato. Da questo punto di vista non avrebbe interesse a contrastare la riforma. Ma deve fare i conti con la realtà: al Nord è sostanzialmente assente, al Centro poco, mentre è al Sud che i Cinque Stelle possono risultare determinanti. 

Quindi questa legge potrebbe non trovare un’opposizione frontale nel centrosinistra?

È possibile. Alcuni aspetti possono apparire convenienti sia a Schlein sia a Conte. Questo potrebbe indurre a non fare una battaglia dura contro la riforma.

Il nodo vero resta il metodo parlamentare?

Assolutamente sì. Se la legge passasse con un voto di fiducia, come fece Renzi – e fu un grave errore – sarebbe un problema serio. Se invece passasse senza barricate dell’opposizione, il quadro cambierebbe radicalmente.

In conclusione, qual è il vero discrimine rispetto alla legge attuale?

La certezza dell’esito. La legge ipotizzata garantisce che chi prende un voto in più governa. Quella attuale può produrre esiti incerti e anche l’assenza di una maggioranza. È una differenza enorme.

La sorprende il relativo silenzio dell’opinione pubblica?

Molto. Siamo già a un anno e mezzo dall’inizio della campagna elettorale. Una riforma così o si fa ora o non si fa più. Bisogna chiarire come si vota e con quali regole. Gli italiani hanno il diritto di saperlo.


×

Iscriviti alla newsletter