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L’Italia oggi conta di più in Europa, ora una proiezione mediterranea. La versione di Quagliariello

Una manovra che mette al sicuro i conti ma non rilancia la crescita. Il Sud che torna centrale senza una strategia strutturata. Il 2026 come spartiacque politico, tra Quirinale e nuovi equilibri parlamentari. In uno scenario globale che cambia, l’Italia ritrova peso in Europa e guarda al Mediterraneo e all’Africa come assi strategici, a partire dal Piano Mattei. Colloquio con Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta 

Una manovra che mette in sicurezza i conti, ma non accende la crescita. Un Sud che torna a correre senza una vera strategia nazionale. Un’Europa meno globale e un Mediterraneo che ridiventa baricentro. Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta, legge su Formiche.net i segnali del presente senza indulgenze: il governo tiene, lo scenario cambia, la politica entra in una lunga campagna decisiva.

Presidente Quagliariello, partiamo dalla manovra: che giudizio ne dà?

È una manovra che conferma un giudizio ormai consolidato su questo governo. I conti sono garantiti, e lo sono stati anche a costo di rotture non semplici. Il rientro dall’inflazione con anticipo e uno spread ai minimi non sono risultati da sottovalutare. Tutto questo va riconosciuto. Ma resta una perplessità di fondo.

Quale?

Manca l’attacco alla crescita. Non ci sono state idee davvero risolutive. È una manovra di buona conservazione: tiene in ordine ciò che c’è, ma non spinge in avanti. E così si rischia di perdere alcune opportunità, soprattutto in una fase che avrebbe richiesto più coraggio.

C’è però un dato che lei segnala come nuovo: il Sud.

Sì, ed è un elemento tutt’altro che secondario. I conti del Sud stanno andando bene e questo riapre in modo serio la questione meridionale, che non è mai stata davvero chiusa. È il frutto di una serie di contingenze, anche epocali: il diverso posizionamento geopolitico del Mezzogiorno, la centralità del Mediterraneo, il rapporto con l’Africa che non è solo presente ma futuro.

Eppure manca una strategia dal suo punto di vista?

Esattamente. La crescita va consolidata. Serve una visione strutturata per il Sud, non solo l’effetto favorevole delle circostanze. Senza una strategia, il rischio è che questa finestra si richiuda.

Guardando al 2026, che clima politico si aspetta?

È già partita una lunga campagna elettorale. Le prossime elezioni valgono doppio: per il governo e per gli equilibri parlamentari che porteranno all’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Negli ultimi anni il Quirinale è diventato uno snodo fondamentale del sistema, e non è mai stato espressione del centrodestra. Potrebbe essere la prima volta.

E questo cosa comporta?

Che legittimamente chi è contrario a questa prospettiva farà di tutto per impedirla. Il referendum sulla giustizia è solo una tappa di un percorso che andrà avanti e che segnerà tutta la legislatura.

Il tutto mentre lo scenario globale cambia.

Siamo dentro un cambiamento epocale. Si sono consumati gli ultimi agganci con l’ordine nato a Yalta. La globalizzazione, per come l’abbiamo conosciuta, arretra: basti pensare ai dazi. Questo vale in economia e in politica estera. Non significa che la globalizzazione si fermi, ma che la competizione si sposterà tra grandi aree geografiche.

Che ruolo può avere l’Italia?

Deve concentrarsi su come contare di più in Europa. Ed è un dato che quest’anno ci consegna una novità: questo governo ha dimostrato di valere. Nell’ultimo Consiglio europeo è passata una posizione italiana capace di tenere insieme aiuto all’Ucraina, rispetto dello stato di diritto e una soluzione più europea. Non ricordo un momento in cui l’Italia abbia contato così tanto.

In un mondo meno globale, tornano le sfere d’influenza.

Esatto. La nostra è il Mediterraneo. Più influenza europea e più proiezione mediterranea devono andare insieme. In questo senso il Piano Mattei è nella direzione giusta e potrebbe diventare un’ambizione europea: un piano Ue guidato dall’Italia.

Il rapporto con l’Africa è la chiave?

Deve diventare una priorità assoluta, soprattutto per il Sud. Ma va costruito diversamente dal passato: niente errori del rapporto Nord-Sud del mondo. Servono investimenti nella formazione a tre livelli – di base, imprenditoriale e alto, a partire dai funzionari – e un vero scambio. Un rapporto bidirezionale, fondato sulla circolazione delle persone e delle élite. Solo così il Mediterraneo tornerà a essere una risorsa strategica e non una linea di frattura.


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