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Lombardia, perché Maroni e Mingardi duellano sulla sanità regionale

Il mondo della sanità lombarda, assurto a modello di eccellenza, libertà di scelta e gestione economica virtuosa, rischia di essere stravolto? È l’interrogativo-allarme sollevato dal direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni Alberto Mingardi sul Libro bianco sulla salute regionale messo a punto dal governatore della Lombardia Roberto Maroni.

Le ragioni del cambiamento

Il testo, frutto del lavoro di un comitato di esperti nominato dal presidente del Pirellone e guidato dallo scienziato Umberto Veronesi, è stato concepito per adeguare l’assistenza medica della Regione al processo di invecchiamento della popolazione lombarda. Entro il 2030 oltre 3 milioni di persone avranno più di 65 anni, e 1 milione saranno ultra ottantenni.

Il contenuto del Libro bianco

L’evoluzione tracciata nel piano prevede ASL più snelle per una più efficace programmazione delle prestazioni, e ospedali trasformati in Aziende integrate per la salute allo scopo di curare i pazienti acuti e cronici. Per questi ultimi vengono introdotti rimborsi “a percorso” tramite voucher.

Il principio di libertà di scelta tra strutture pubbliche e private – entrambe con copertura finanziaria regionale – resta inalterato, ma è soggetto a controlli più stringenti. “La Lombardia – spiega Maroni – non è vincolata ad alcun interesse specifico e non ha nulla da nascondere”.

Capitolo nevralgico nel pianeta sanità, che accomuna le realtà più all’avanguardia con quelle più arretrate del nostro paese, è la procedura di nomina dei manager. Al contrario di quanto richiesto dalla commissione Veronesi, rimane in vigore la legittimazione politica dei vertici di ASL e nosocomi.

Un modello di eccellenza

Le linee-guida prospettate nel Libro bianco hanno provocato una reazione negativa nell’intellettuale liberista Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni. Secondo Mingardi, il progetto di riforma Maroni rischia di annacquare e archiviare i tratti caratterizzanti di un modello di eccellenza riconosciuto sul piano internazionale.

La Lombardia, ha scritto lo studioso sul Corriere della Sera, garantisce cure di elevata qualità richiamando pazienti da tutta Italia e spendendo risorse pubbliche pari al 5 per cento del Prodotto interno lordo regionale. E riesce a farlo grazie a un regime unico: “Anziché centralizzare le prestazioni riconducendone la gestione, la fornitura e il controllo alle ASL, si è tentato di applicare il principio della libertà di scelta del luogo di cura”.

Mantenendo ben distinte aziende sanitarie locali e realtà ospedaliere, è stato favorito lo sviluppo di strutture private non residuali ma strategiche nell’intervento di emergenza e nell’assistenza specializzata. Fattori pro-concorrenziali – osserva Mingardi – che hanno consentito di mantenere i conti in ordine, promuovere una rete di cure di prim’ordine, salvaguardare e valorizzare l’universalità del servizio.

Critiche liberali

Agli occhi del responsabile dell’IBL, il progetto Maroni si muove in un orizzonte antitetico a quello liberale: “Attribuire alla Regione un ruolo di regia nell’offerta delle prestazioni rischia di centralizzare il sistema e agevolare l’ingerenza della politica nell’universo della salute”.

Al centro delle obiezioni di Mingardi è poi il superamento parziale del pagamento del servizio per prestazione, “un essenziale strumento di trasparenza”.

La strada per adattare l’assistenza sanitaria regionale alle esigenze dei cittadini non è “centralizzare, pubblicizzare, italianizzare la salute della Lombardia”, bensì un’iniezione di maggior concorrenza.

La replica del governatore

Argomentazioni respinte da Roberto Maroni, che sempre sul Corriere della Sera ha rivendicato la volontà di valorizzare ed estendere le peculiarità del “modello lombardo”. Il governatore nega l’archiviazione del pagamento a prestazione e prefigura un ulteriore ampliamento della libera scelta del cittadino: “Non soltanto nei confronti del singolo intervento, ma anche per l’intero percorso di una malattia cronica”.

Replicando alle critiche sul rischio centralizzazione dell’assistenza, l’ex leader della Lega Nord parla di una nuova governance fondata su un notevole coinvolgimento delle realtà territoriali e su una forte devoluzione di competenze nei loro confronti.

Le future Agenzie sanitarie locali, rimarca Maroni, avranno il compito di programmare e controllare la fornitura delle prestazioni e l’utilizzo delle risorse finanziarie nelle proprie aree. Mentre alle istituzioni regionali verranno riservate semplici funzioni di raccordo e di garanzia dell’uniformità del servizio.

Una risposta caustica

Il ragionamento di Maroni non convince affatto Mingardi, il quale ha affida la sua replica a un tweet tagliente: “Politico. Colui che programmaticamente, dando una conferma, sostiene di aver dato una smentita”.



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