Taranto deve restare una grande città industriale e lo stabilimento siderurgico dell’Ilva un luogo di produzione in cui coniugare i diritto al lavoro con quello alla salute e all’ambiente degli operai e dei cittadini che abitano in quella che tuttora è la capitale italiana dell’acciaio.
E’ stato questo il cardine del discorso del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nella sua visita nella città bimare sabato 13 settembre, ove ha incontrato Istituzioni locali e sindacati confederali. Una affermazione, la sua, corredata dalla notizia dell’interessamento manifestato al grande sito produttivo e alla sua società di controllo da big player internazionali del settore. Entro Natale, ha aggiunto, il premier tornerà in città per fare il punto della situazione.
Non poteva essere più chiaro il capo dell’esecutivo, che è anche il segretario nazionale del partito, il Pd, che governa la città di Taranto in una coalizione nella quale peraltro non sempre sulle complesse questioni dell’Ilva si avverte la chiarezza di quanto ha affermato Renzi nel suo incontro in Prefettura con le parti sociali.
E ha fondate ragioni il presidente del Consiglio nel dichiarare con grande perentorietà l’importanza dell’Ilva, non solo perché nella grande fabbrica lavorano tuttora 11.504 addetti diretti e quasi cinquemila nell’indotto di primo livello – costituendo così la più grande fabbrica d’Italia – ma anche perché proprio i dati pubblicati nei giorni scorsi dall’Istat sull’export delle regioni italiane nel primo semestre dell’anno evidenziano come Taranto – grazie proprio ad un rilancio delle vendite all’estero di metalli di base e prodotti in metallo – risulti con quelle di Torino, Massa Carrara, Vicenza, Modena e Bergamo, fra le province del Paese che più hanno contribuito nel periodo a sostenere l’export nazionale. E grazie al rilancio delle esportazioni del Siderurgico nel primo semestre dell’anno la stessa Puglia – con un + 9,4% – è risultata la prima regione d’Italia per incremento percentuale delle esportazioni. Nel 2013 invece, proprio a causa della caduta dell’export siderurgico di Taranto – con l’Ilva ancora interessata dagli effetti più restrittivi delle decisioni della Magistratura – la stessa Puglia registrò una flessione del 10,1% nelle sue vendite oltreconfine.
Ora, pur non producendo a pieno regime – essendo in corso i lavori dell’Aia, sia pure rallentati dalla carenza di risorse finanziarie della società controllante – l’impianto ionico dimostra di poter competere ancora con i prodotti di altri big player internazionali, alcuni dei quali peraltro sono interessati al suo acquisto.
Ma Renzi ha ribadito con altrettanta chiarezza che bisogna coniugare lavoro e salute di coloro che vivono dentro e fuori lo stabilimento, perché è una sfida per tutti. Pertanto l’attuazione dell’Aia, peraltro imposta per legge, deve riprendere a pieno ritmo e questo è noto a coloro che stanno analizzando la struttura della fabbrica per poterla eventualmente acquistare. Pertanto, sarà compito del Governo fare in modo che – nel pieno rispetto peraltro dei diritti dell’attuale proprietà dell’Ilva che appartiene alla Riva Fire con una partecipazione del 10% della Amenduni – possibili nuovi soci si impegnino ad adeguare integralmente gli impianti a quanto previsto dall’Aia che il Commissario Piero Gnudi si è comunque impegnato ad accelerare per rispettare il cronoprogramma a suo tempo stabilito.
Anche sull’approdo della Tap-Trans Adriatic pipeline che porterà in Italia il gas dall’Azerbaijan il premier ha detto che l’opera “si deve fare”, che non esistono diritti di veto di minoranze e ha sfidato i Sindaci dei Comuni salentini che non vogliono l’approdo già stabilito a San Foca di Melendugno a indicarne loro degli altri: tale approdo peraltro, e l’iter autorizzativo che lo ha approvato, proprio nei giorni ha ottenuto la valutazione di impatto ambientale dal Ministero dell’Ambiente con 58 prescrizioni che la società si impegna ad attuare. Ma bisognerà rispettare i tempi stabiliti perché già il 20 settembre Renzi sarà nel Paese di partenza del gasdotto per firmare l’accordo internazionale per la sua realizzazione.
Un Renzi dunque “sviluppista” a tutto campo: fermo, equilibrato nel sostenere il rapporto fra crescita e tutela ambientale, ma fermissimo nel rispondere a coloro che pensano che per la loro opposizione si possano fermare opere necessarie al Paese e volute dalla maggioranza della popolazione italiana.
Federico Pirro
Università di Bari – Centro Studi Confindustria Puglia