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Tiziano Treu all’Inps, finisce finalmente il giovanilismo del governo Renzi?

Il Re Sole? No, il premier ‘’sòla’’.

Tiziano Treu è stato nominato Commissario straordinario dell’Inps, che poi è l’anticamera della presidenza. Treu ha 75 anni e un curriculum vitae che somiglia ad un pedigree. Insigne giurista, è professore emerito di diritto del lavoro dell’Università Cattolica di Milano. Come avvocato è un professionista affermato e un consulente apprezzato. Poi è veneto e non toscano. Chapeau per il ministro Giuliano Poletti. Questa volta non è passata la retorica galeotta del giovanilismo, del pauperismo, dell’invidia sociale per le pensioni e i redditi altrui (ricordate la crocefissione di Antonio Mastrapasqua?) e dell’inesperienza brandita come un valore. Sta cambiando rapidamente l’aria.

In  onore dell’articolo 18:

‘’Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’’

Ricordate quando, ai tempi di Sandro Curzi, il Tg 3  fu soprannominato TeleKabul? Anche a La 7 sta cambiando ditta: si chiamerà La Floris.

Matteo Renzi ha bofonchiato qualche parole anche a proposito del tfr in busta paga. I ‘’traduttor dei traduttor di Omero’’ che gli reggono la coda hanno cercato di articolare la proposta. Ma non hanno spiegato – al solito – come potrebbe funzionare il meccanismo. Il fatto è che gli accantonamenti annui del tfr hanno già una loro destinazione. Rimanendo soltanto nell’ambito del settore privato (nel pubblico impiego la normativa è più complicata, poi a pagare dovrebbero essere le amministrazioni, quindi aumenterebbe la spesa pubblica) le quote sono così ripartite: 5,5 miliardi alle forme di previdenza complementare; 6 miliardi al Fondo Tesoro gestito dall’Inps (corrispondenti alla parte che i lavoratori, occupati nelle aziende con 50 e più dipendenti, non utilizzano come finanziamento della previdenza complementare e che i datori devono versare al Fondo suddetto); tra i 11 e i 14 miliardi (a seconda delle valutazioni) detenuti nelle aziende fino a 49 dipendenti in conseguenza dell’opzione dei lavoratori di restare nel regime del tfr. Queste ingenti risorse sono scritte a bilancio e costituiscono un’importante forma di autofinanziamento. Sembra evidente che il Governo del ‘’sòla’’ vuole mettere le mani, prioritariamente, su quest’ultimo malloppo. In primo luogo perché è la sola quota che non abbia una specifica destinazione (i 6 miliardi, al netto di quanto serve annualmente a pagare le liquidazioni correnti, incrementano, ad esempio, la spesa corrente, mentre i 5,5 miliardi alimentano le posizioni individuali nei fondi). Poi, chi ha ascoltato le spiegazioni fornite da Filippo Taddei riguardanti il patto con l’Abi per destinare – a compensazione del venir meno del tfr –  gli stanziamenti derivanti dalla Bce alle PMI, ha capito che si andrebbe a colpire proprio quel settore.

Afferma il premier ‘’sòla’’che dopo di lui c’è solo la trojka. Fosse la volta buona…

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