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Tutti gli scenari per il dopo Napolitano al Quirinale. Parla Aldo Giannuli

M5s

Le probabili dimissioni di Giorgio Napolitano dall’incarico di Capo dello Stato hanno provocato fibrillazioni ad ampio raggio nel mondo politico. E aprono orizzonti inediti per i suoi protagonisti.

Per capirne di più e ragionare sul possibile successore dell’attuale Presidente della Repubblica Formiche.net ha sentito Aldo Giannuli, storico dell’Università Statale di Milano e tra gli studiosi più autorevoli delle trame eversive che hanno insanguinato l’Italia del dopoguerra, oltre che firma di spicco del blog di Beppe Grillo.

La conclusione anticipata del mandato di Giorgio Napolitano al Quirinale rappresenta una sconfitta per Matteo Renzi?

Nel caso fossero confermate nei tempi rapidi prospettati dal Capo dello Stato non sarebbe un successo per il premier. Non si tratterebbe di una Caporetto, ma vorrebbe dire che il Presidente della Repubblica molla Renzi. Il quale potrebbe convincere Napolitano a ritardarle un po’ e a guadagnare tempo per le riforme istituzionali. Tutto ciò conferma che il capo del governo non può illudersi di proseguire con la politica dei due forni. Una orientata verso la maggioranza di governo per mandare in porto i provvedimenti economico-sociali, l’altra finalizzata a completare con Forza Italia il percorso di rinnovamento costituzionale-elettorale.

E se il canale privilegiato con gli “azzurri” venisse sostituito dal confronto con il Movimento Cinque Stelle?

A quel punto il premier andrebbe incontro a una disfatta. E i penta-stellati si spaccherebbero in 45 pezzi. La verità è che Renzi ha rappresentato un equivoco fondato su una serie di colpi di fortuna: la sconfitta elettorale di Pier Luigi Bersani, il senso di frustrazione del PD stanco di ripetuti fallimenti elettorali, la fragilità e la defenestrazione del governo Letta, il miracolo del voto europeo favorito dalla liquefazione e dalla crisi degli avversari politici. Ma non è Natale ogni giorno. E ora vengono al pettine i problemi.

Renzi mostra di volerli affrontare a viso aperto.

Ma sulle strategie economiche l’Unione Europea lo tiene per la collottola nonostante i suoi sfoghi verbali. L’opposizione della minoranza interna del Nazareno – tuttora molto forte nei gruppi parlamentari – sta crescendo di tono. L’alleato del Patto del Nazareno – Silvio Berlusconi – sta perdendo il controllo di Forza Italia. Lo rivela il voto decisivo del M5S nella recente elezione dei due giudici costituzionali.

L’accordo siglato al Nazareno contemplava la successione di Giorgio Napolitano?

Certo. Si è trattato del patto tra un moribondo e un avventuriero. L’ex Cavaliere stava e sta negoziando per salvare Mediaset. La ragione per cui nel 1994 creò Forza Italia oggi si trasforma nel motivo di disinteresse per la propria creatura politica. Tra le fila “azzurre” molti lo hanno capito. E non esitano a manifestare il loro dissenso, come provano le iniziative promosse da Raffaele Fitto. È fuor di dubbio che FI non ha più un vero capo politico.

Cosa produrrà lo scontro tra fautori e avversari del Patto del Nazareno?

Uno stallo. Da cui potrebbe emergere una figura di mediazione come Giuliano Amato, Pierferdinando Casini, Ignazio Visco, il presidente di una delle alte magistrature. Escluderei Piero Grasso, che sta deludendo nel suo ruolo istituzionale.

Quali scenari si aprono per il Colle se l’accordo Renzi-Berlusconi viene meno?

Rientrerebbe in campo Romano Prodi, specie se la minoranza del PD convergesse sul suo nome. Vi sarebbe in ogni caso un rimescolamento di carte, con lo sbriciolamento del Partito democratico e di Forza Italia oltre a un tentativo di ricomposizione politica al centro. A quel punto il nuovo Capo dello Stato scioglierebbe le Camere per verificare il tasso di autentica rappresentanza. Tuttavia il Patto del Nazareno riesce ancora a raccogliere i voti maggioritari in Parlamento: 480 circa. Si tratterebbe di negoziare per raggiungere i 20-30 consensi che servono.

Per Prodi la strada si preannuncia in salita dunque.

Soprattutto se Lega Nord e Forza Italia fanno blocco contro l’ex leader dell’Ulivo e dell’Unione. In tale scenario lo scarto di voti tra i due candidati – Prodi per gli avversari del Patto del Nazareno e Walter Veltroni per i suoi supporter – si assottiglierebbe al minimo. E basterebbe la fluttuazione di una manciata di parlamentari.

È plausibile l’ipotesi di Mario Draghi al Quirinale?

Soltanto sulla carta. Lo appoggerebbe la sinistra del PD, ma non i Cinque Stelle, Fratelli d’Italia e Carroccio: le forze più ostili all’euro. Il vero problema è convincere il governatore della BCE a compiere una simile sciocchezza, con due anni di incarico a Francoforte e in attesa di spiccare il volo verso il Fondo monetario internazionale. Accettare la candidatura al Colle rappresenterebbe per lui una grana. Tanto più in un’Italia priva di credibilità agli occhi del mondo.

Verso quale figura potrebbero puntare i nostri partner stranieri e le istituzioni finanziarie internazionali?

Il candidato che hanno in mente è un commissario in grado di far onorare i debiti del nostro paese. E capace di non trasformare l’Italia nel tallone d’Achille dell’Euro-zona. Tutto qui.

Come dovrebbero comportarsi Beppe Grillo e il M5S nell’elezione del futuro Presidente della Repubblica?

Dovrebbero seguire il metodo adottato con l’investitura della giurista Silvana Sciarra alla Corte Costituzionale. Ragionando non sottobanco ma alla luce del sole sull’unico candidato potabile. Poi non bisogna compiere l’errore di mostrare un grado di ostilità pregiudiziale e differenziata nei confronti del Nazareno e di Forza Italia. Anche sul tema della riforma elettorale. Riguardo al quale non scommetterei sulla tenuta dell’accordo PD-FI-NCD.


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