Sergio Mattarella è un presidente che stiamo scoprendo, e che apprezzeremo solo vivendo. Lo stile sobrio, la certezza delle competenze e la solidità composta sono, infatti, sue virtù oggi veramente rare e da tutelare in politica. I colloqui richiesti che ha avviato ieri con le forze dell’opposizione sono perciò importanti. Egli vuole stare nei giochi ma fuori dalla parzialità. Molto bene dunque, anche perché il compito del capo dello Stato in Italia è quello di rappresentare la concordia nazionale e l’unità, favorendo così il dialogo tra i concorrenti al potere.
Naturalmente c’è chi questo confronto non vuole accettarlo. E anche questo fa parte della libertà politica che in democrazia deve essere riconosciuta a tutti. Cosa diversa, ovviamente, è invece il giudizio sull’opportunità di un comportamento particolare. Nello specifico lo sgarbo di Matteo Salvini, il quale ha squalificato l’invito del presidente della Repubblica con una battuta infelice, dicendo che ”al massimo avrebbe potuto chiedergli l’indirizzo del parrucchiere”, si commenta da sé ed è, per giunta, veramente poco interessante.
Più importante è viceversa cercare di comprendere la logica politica che si nasconde dietro ad una risposta del genere. L’idea è quella di non legittimare la funzione del presidente, in nome del fatto che Mattarella è stato eletto con i voti della sinistra. E, con maggiore radicalità, evitare di andare al Quirinale, perché simbolo di un sistema ritenuto estraneo agli interessi “democratici” che Salvini intende personalmente incarnare.
Non siamo nuovi, d’altronde, a strappi del genere, che ormai fanno parte del lessico e della prassi comportamentale sia della Lega, fin dai tempi di Bossi, e sia del M5S. In realtà, al di fuori del fare notizia, si tratta di un autogol palese, specialmente per il leader di un partito che ambisce a far fare al suo movimento un salto di qualità nazionale ed internazionale. Credo proprio che la sua cugina francese, Marine Le Pen, non avrebbe investito su uno portamento così tracotante di lesa maestà al presidente Hollande. Se non altro perché il FN ha una tradizione incentrata sull’idea di Stato nazionale e profondamente autoritaria nella liturgia.
Storie diverse, si dirà. Ma anche, forse, livelli diversi di cultura e civiltà.
C’è tuttavia una considerazione che dà uno scacco matto diretto al gran rifiuto di Salvini, mostrando, in definitiva, un’incoerenza strutturale nella sua stessa linea politica. Lo dico a malincuore, vedendo con favore molte delle suggestioni di cui la Lega si fa portatrice.
Va benissimo, in parole povere, ritenere che la democrazia, resa possibile dalla nostra Costituzione repubblicana, oggi sia incapace di rappresentare a dovere tutti gli interessi dei cittadini italiani. Va benissimo pensare ad un rafforzamento dell’esaltazione dei bisogni di sicurezza e sviluppo delle nostre imprese, delle nostre realtà locali, dei territori, eccetera. Insomma va benissimo lavorare sulla concretezza esistenziale del popolo contro norme e procedure rappresentative faraoniche e barocche. Ma una politica conservatrice, fosse pure quella estrema di cui qui si tratta, non può scindere mai il legame con lo Stato senza diventare automaticamente ridicola o eversiva, secondo i casi, e comunque totalmente fuori rotta. La mia tesi è: diritti sì, movimentismo ok, rottura nei toni va bene, contrapposizione con la sinistra ottimo, ma tutto nel quadro del rispetto assoluto per la legittimità sostanziale del sistema legale che Mattarella impersona.
Caro Salvini, il sottoscritto, che ha una passione per Napoleone III, pensa che un buon sistema democratico debba avere poche guide personali elette, meglio temporaneamente se al vertice ve n’è perfino una sola, le quali siano emanazione diretta del popolo; e ritiene ideologicamente che le società siano sempre e solo nazionali, mai universali e raccogliticce di eclettismi multiculturali senza ordine. Ma l’azione politica, la libertà, i diritti e i doveri giustamente attivati devono essere proposti unicamente dentro lo Stato e nel quadro della disciplina istituzionale in vigore. Perché fuori dalla legge e dalle procedure corrette vi è, infatti, solo quella giungla che ci fa paura, e che dobbiamo combattere duramente dentro e fuori di noi, la quale è assurdo pensare di vincere emulandone, sia pure in modo edulcorato e simbolico, le gesta volgari e sprezzanti.