Il piano nazionale del governo Renzi servirà a colmare il gap con il resto dell’Europa. Ma perché l’Italia è così indietro nella disponibilità e nella penetrazione delle reti a banda larga? Ad incidere potrebbero essere anche alcune caratteristiche del mercato italiano dell’audiovisivo.
COSA DICE IL TRAFFICO INTERNET
In un’audizione alla camera dei deputati, Lisa Di Feliciantonio, capo delle relazioni istituzionali di Fastweb, il principale operatore alternativo nelle telecomunicazioni a banda larga su rete fissa in Italia, partendo dall’aumento del traffico internet, e in particolare dal successo delle piattaforme di video on demand, ha segnato un solco tra quanto sta accadendo negli Usa e quello che accade invece in Europa, con particolare riferimento all’Italia.
Mentre negli Usa il traffico video rappresenta il 78% del traffico Internet totale, e il traffico video in alta definizione ne rappresenta il 49%, in Europa occidentale tale percentuale scende a 59%, e quella ad alta definizione al 37%. In Italia la percentuale di video in HD scende addirittura al 16%.
Ma perché questo elemento potrebbe essere così determinante? “E’ il traffico video di questo tipo quello con le ricadute importanti, quello cioè che spinge gli utenti ad adottare connessioni più performanti e ad innescare dunque circuiti virtuosi di domanda ed offerta di banda ultra-larga”, si legge nell’audizione alla Camera dei deputati.
LA TV IN ITALIA
Negli Stati Uniti i cittadini guardano la tv attraverso il cavo, ossia mediante la rete in fibra ottica che permette la trasmissione televisiva. Il 95% delle case americane è cablato e il 90% delle prime 20 reti televisive può contare su un’audience potenziale di oltre 90 milioni di famiglie.
La tv via cavo è molto sviluppata anche in alcuni Paesi europei come la Germania, il Belgio e l’Olanda. In Italia invece il cavo copre solo circa l’1% della popolazione e per la trasmissione del segnale televisivo si usano le frequenze via etere, fino a pochi anni fa analogiche, mentre oggi digitali, grazie alle quali vengono trasmessi molti più canali su una sola frequenza.
LA CAUSA
“La vera barriera allo sviluppo dei servizi Vod (video on demand ndr) non è legata alla indisponibilità delle reti, ma a quella dei contenuti”, ha detto Di Feliciantonio.
Per l’operatore alcune caratteristiche del mercato potrebbero infatti ostacolare l’emergere di nuove piattaforme distributive di servizi televisivi.
Affinché una piattaforma vod abbia successo è indispensabile la diffusione di reti di banda larga ma anche la disponibilità di contenuti pregiati.
“E’ noto che l’Italia, penalizzata dall’assenza di operatori via cavo, soffre di una situazione di svantaggio rispetto ad altri paesi”, si legge nel documento di Fastweb che elenca i principali effetti positivi della presenza del cavo nei principali paesi europei:
“Tutte le reti cavo in Europa sono in grado (anche senza arrivare con la fibra fino a casa degli utenti) di offrire servizi maggiori di 100 Mbs”, e “la competizione delle reti via cavo ha spinto gli operatori storici di telecomunicazione (ex monopolisti) ad accelerare sulla realizzazione di proprie reti, interamente o parzialmente in fibra ottica”.
L’ANALISI DI GUTGELD
Anche il consigliere del premier Renzi, Yoram Gutgeld, tra i ritardi nella copertura e penetrazione di Banda ultra larga, ha nominato l’assenza della televisione via cavo presente in quasi tutti i paesi europei.
“Questa consente di offrire un collegamento ultra veloce e costringe le aziende telefoniche a offrire simili servizi”, investendo “su una rete in fibra che arrivi come il cavo, fino alla casa delle famiglie”, ha spiegato il consigliere di Renzi aggiungendo che “senza la concorrenza del cavo, Telecom non ha un vero motivo economico per fare questi investimenti”, ha scritto Gutgeld in un lungo articolo pubblicato su Il Foglio.
UN DATO SCONFORTANTE
Ciò che dovrebbe più sconfortare è per Fastweb il basso livello di penetrazione di servizi con connettività a banda ultralarga, elemento strettamente collegato alla scarsa offerta di servizi televisivi online. “E’ evidente, quindi, come la velocità di realizzazione delle reti dipenda strettamente dal numero di clienti potenziali e che, se ci fosse una domanda più marcata di servizi ultraveloci da parte degli utenti finali, i business plan degli operatori nello sviluppo delle reti potrebbero essere drasticamente diversi”.
CARENZA DI CONTENUTI
“La vera barriera sono i contenuti”, ha rimarcato Fastweb nell’audizione. E sarebbero tante le ragioni: influirebbero alcune pratiche del mercato dei diritti televisivi che limitano la quantità di contenuti, come le cosiddette finestre di programmazione (“I diritti relativi a film o serie tv sono resi disponibili in periodi diversi per ogni piattaforma. Se non disponibile in modalità Vod, i clienti potenziali finiscono per rivolgersi al mercato illegale che evidentemente non è limitato dai suddetti vincoli”), oppure l’acquisizione di diritti esclusivi da parte di player che hanno “interesse a ridurre la disponibilità di questi contenuti per non subire concorrenza da altre piattaforme”.
PERCHE’ IN ITALIA NON DECOLLA
C’è un altro elemento che per Fastweb impedirebbe lo sviluppo delle piattaforme di video on demand: A differenza di quanto sperimentato in altri paesi, nei quali si riscontra la forte presenza di operatori Vod “puri”, (si pensi a Netflix), in Italia il panorama delle offerte di contenuti trasmesse su reti Internet appare dominato da operatori “tradizionali” – si pensi all’offerta di Mediaset “Infinity” o a “Sky on Demand””, le cui offerte “più che finalizzate a sviluppare un mercato Vod, hanno come obiettivo quello di evitare la cannibalizzazione delle proprie offerte principali e di tutelare la fonte principale di ricavo”.
COME LA METTIAMO CON NETFLIX?
Netflix però è alle porte, e gli operatori nostrani non potranno più sonnecchiare. Il colosso americano dello streaming on line on demand tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 si prepara infatti allo sbarco in Italia, attraverso Telecom.
Ad annunciarlo è stato Marco Patuano, l’ad della compagnia di telecomunicazioni che ha specificato che il progetto non metterà in discussione la partnership già definita da Telecom con Sky, che promette per aprile di sbarcare sul mercato con un servizio di streaming di grosse dimensioni.
La “televisione innovativa con il video on demand o catch-up tv (programmi tv su richiesta, ndr) sta crescendo pur restando al 10% del mercato televisivo”, si legge nel rapporto voluto dall’ex commissario per l’Agenda Digitale, Neelie Kroes e redatto dall’ex direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e presidente della fondazione Notre Europe, Pascal Lamy.
LA PARTITA DELLE TORRI
In questo scenario il lancio dell’offerta pubblica di acquisto e scambio da parte di Ei Towers (controllata al 40% da Mediaset) su Rai Way, con lo scopo di creare un campione nazionale capace di accelerare sugli investimenti tecnologici, potrebbe forse permettere al nostro Paese di reggere all’urto dei colossi internazionali come Netflix.