L’approdo politico per la formazione moderata appare più che mai nebuloso. Vi è chi caldeggia un asse privilegiato con le componenti più inquiete della galassia centrista, e chi invoca la costituzione di un’aggregazione “liberale-popolare” nettamente alternativa al Pd.
Paolo Messa era già intervenuto su Formiche.net per invitare il centrodestra a sostenere la candidatura di Sergio Mattarella e oggi invoca un approccio di “realistica coerenza”. Ecco cosa pensa il fondatore della rivista Formiche del dibattuto su presente e futuro di Area Popolare animato da Formiche.net con articoli di approfondimento, ricostruzioni e interviste.
Con la vittoria strappata sulla legge elettorale nella direzione nazionale del Pd, il premier ha messo nell’angolo la minoranza interna?
La leadership di Renzi è fortissima, nel paese e quindi nel Partito democratico. Può far piacere o no, ma interpreta il sentimento di una parte rilevante dell’Italia che chiede alla politica di parlare con chiarezza e agire di conseguenza. La differenza tra il premier e Landini assomiglia a quella che vi è tra tra un film in 3D ed uno in bianco e nero. Possiamo discutere su quale sia la migliore forma d’arte, ma è abbastanza evidente quale sia la preferenza degli spettatori-elettori.
Come valuta la riforma del meccanismo di voto prescelta?
La legge elettorale che verrà esaminata a Montecitorio è come un abito su misura disegnato sulla sagoma dell’ex sindaco di Firenze. A me l’Italicum non piace. Mi sembra la somma di troppi ingredienti: soglie di sbarramento, premio di maggioranza, liste bloccate, preferenze, ballottaggio. Non manca proprio nulla. Detto questo, non penso ci sia un rischio dittatura. Semmai mi auguro che gli eredi del Partito comunista, anche i più giovani, chiedano scusa per il trattamento che allora riservarono a quella che, del tutto ingiustamente, chiamarono “legge truffa”. Il problema, piuttosto, è di Area Popolare.
In che senso?
La legge elettorale è il risultato di un accordo, peraltro legittimo e reciprocamente conveniente (almeno al momento della stipula), tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. In quella fase Ncd non aveva potere contrattuale. Poi però le cose sono cambiate e, nel passaggio al Senato, il partito centrista poteva calare l’asso del Mattarellum e aprire un dibattito vero nel Pd e in Parlamento. Adesso, alla Camera, è troppo tardi.
Qual è il futuro di Area Popolare?
Area Popolare nasce in un momento particolarmente delicato e difficile. Oggi appare come un vaso di coccio tra vasi di ferro. Eppure questa fragilità risulta preziosa per la stabilità del sistema. Il suo consolidamento è fondamentale per dare voce alla prospettiva di una alternativa di governo. Potrà rafforzarsi solo mostrando un coraggio coerente. E realistico.
Cosa vuol dire?
Significa abbandonare l’ambivalenza di un partito di governo e anche di lotta. L’alleanza con Renzi non è un incidente della storia. I governi di Mario Monti e di Enrico Letta furono di grande coalizione. Quello con il segretario del Pd è invece un esecutivo politico a tutto tondo. Considerarlo un sacrificio per salvare la nazione è come nascondersi dietro un dito. Non funziona.
Qual è la conseguenza del ragionamento?
Intanto, il dilemma non riguarda solo Alfano ma, da posizioni diverse, anche Berlusconi, Fitto e Tosi. Tornando però ad Area Popolare, se quanto detto fin qui è vero e se cioè siamo in presenza di una alleanza politica, presentarsi con lo stesso formato alle elezioni regionali sarebbe tutt’altro che un’eresia.
Ma il ministro dell’Interno e i suoi “compagni di strada” sceglieranno un percorso comune con il Pd?
Leggendo i giornali e le dichiarazioni mi sembra una ipotesi molto remota ma comunque non infondata. Non si tratta di un passaggio facile e capisco le ragioni di un dibattito così profondo. Il tema vero resta quello dell’identità ma già il passaggio da Nuovo centrodestra ad Area popolare indica a mio avviso un’evoluzione toponomastica positiva.
Quindi, con Renzi anche alle politiche?
Se, come sembra, l’Italicum verrà approvato nella versione uscita al Senato, il problema non si pone perché ogni formazione correrà per sé. Questo vale sia nel caso venga confermata l’intesa con il Pd sia che si percorra la strada alternativa di una collaborazione con Forza Italia e Lega. Il tempo delle coalizioni, almeno per le politiche, sembra finito. Ecco perché ritengo che sia utile lavorare sull’identità. Questa è stata la sfida di Renzi. Ha iscritto il Pd al Pse e rivendicato una politica di sinistra ma diversa da come è stata interpretata negli ultimi decenni. Per chi si richiama alla famiglia europea del Ppe si tratta di fare un percorso diverso ma analogo. E’ difficile e ci vorrà molto tempo, nonché grande pazienza. La strada però è quella.
Messa, lei sembra un grande tifoso di Renzi. È così?
(Ride) Il presidente del Consiglio può contare su tantissimi cantori professionisti ed io sono notoriamente stonato. Renzi è un fenomeno: come negarlo? A me però non piacciono gli ultrà: né se sono in curva sud, né se sono in curva nord. Dobbiamo sforzarci tutti di guardare di più al merito delle singole scelte. Più policy e meno politics. Il Jobs Act per esempio è stato sin qui il capolavoro di Renzi e dei suoi alleati. Più problematica invece mi pare la gestione delle relazioni internazionali. Se Salvini condivide la linea del governo sulla Russia, non mi sento rassicurato.
Troppo sbilanciato verso Russia e Cina?
Spero proprio di no. Se posso cavarmela con una battuta, direi che l’iscrizione al Pse ci sta tutta ma.. per il Patto di Varsavia siamo oltre il tempo massimo.