E’ durato soltanto qualche giorno, come promesso, l’interim del premier Renzi alle Infrastrutture. Graziano Delrio smette di fare il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e prende così le redini dell’intera partita degli appalti e delle grandi opere, dopo lo scandalo dell’inchiesta di Venezia che ha portato all’arresto dell’ex dirigente del dicastero, Ercole Incalza, e del ras dei cantieri Stefano Perotti, e le dimissioni del ministro Maurizio Lupi.
COSA FARA’ DELRIO?
Per riportare ordine nel dicastero Delrio potrebbe tenere in mente i consigli del giornalista Giorgio Barbieri e dell’economista Francesco Giavazzi racchiusi nel libro “Corruzione a norma di legge”, (Rizzoli) recentemente all’attenzione degli ambienti governativi ed evocato anche nell’inchiesta sulla corruzione intorno a Tav ed Expo.
Ecco spunti e soluzioni “bomba” contenuti nel saggio di Barbieri e Giavazzi che potrebbero tornare utili al nuovo ministro Delrio.
TRE MODI PER ARGINARE LA CORRUZIONE
Numero uno: “Non occorre inventare nulla di nuovo”, scrivono gli autori.”Basta studiare le regole applicate in altri Paesi. Regole che non garantiscono l’assenza di corruzione, ma certo la attenuano molto rispetto a quanto accade da noi”.
E se per Barbieri e Giavazzi non è possibile disegnare gare d’appalto a prova di corruzione, questo non significa che non ci siano modi per arginarla. Ne citano tre: “I performance bond (una garanzia contro il rischio di inadempimento ndr), il controllo della qualità e dei costi dei lavori eseguiti, e il ruolo degli whistleblowers, le gole profonde”.
PAROLA CHIAVE: SEMPLICITA’
I due giornalisti mettono in risalto una caratteristica comune alle tre soluzioni proposte per minimizzare la corruzione nelle gare d’appalto: “La loro grande semplicità”. “In Italia invece si affronta il problema degli appalti, della corruzione e della collusione fra imprese con leggi e norme che elencano anche i dettagli più minuti. Evidentemente non è la strada giusta, visto che corruzione e collusione continuano a dilagare”.
LA PROPOSTA BOMBA
Barbieri e Giavazzi propongono come ulteriore arma di dissuasione la possibilità di fondere i nuovi poteri che il decreto prevede di attribuire al commissario anticorruzione Raffaele Cantone, con quelli previsti dal decreto di commissariamento dell’Ilva.
Ecco cosa stabiliscono le due norme citate da Barbieri e Giavazzi:
“I nuovi poteri consentono a Cantone di avocare a sé la gestione di singoli appalti in caso di reato o provvedimenti restrittivi: un balzo in avanti importante che, seppur non consentendo la revoca di un appalto, dà al commissario un potere che l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici non possiede”.
“Il decreto Ilva prevede invece il commissariamento di un’intera azienda la cui attività comporti pericoli gravi alla salute a causa dell’inosservanza delle norme di legge”, spiegano gli autori del volume sulla Corruzione.
Il risultato? “La combinazione delle due norme, (anticorruzione e Ilva), farebbe sì che le imprese colpevoli di corruzione possano essere di fatto messe all’asta”, spiegano gli autori del saggio edito da Rizzoli definendole “Una “bomba atomica” e una norma dal sapore indubbiamente “sovietico”, ma che potrebbero ridurre considerevolmente il rischio che le imprese siano coinvolte in episodi ci corruzione”.
IL FENOMENO PIÙ PERICOLOSO
“Tali misure – scrivono però a conclusione del volume – non risolvono il problema più difficile: la corruzione delle leggi, che è il fenomeno più ampio e pericoloso per il bene pubblico. Evitare la corruzione delle leggi è impossibile”.