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Tutte le sciocchezze dei contestatori del ministro Giannini

Il ministro della Pubblica Istruzione Stefania Giannini è soprannominata Speedy Gonzales in conseguenza della velocità con cui si è impossessata dell’unica poltrona ministeriale assegnata, a suo tempo, a Scelta Civica di cui era segretaria. La stessa rapidità ha dimostrato quando è venuto il momento di passare armi e bagagli al Pd nella speranza (destinata forse ad andare delusa) di rimanere a quel posto.

Di uguale prontezza di riflessi Stefania Giannini ha dato prova quando ha capito che, al Festival dell’Unità di Bologna, i contestatori non l’avrebbero lasciata parlare. Se ne è andata accusandoli di squadrismo (ohibò) e di non rappresentare la vera scuola.

Se la prima definizione è suonata un po’ esagerata (tanto da suscitare le reazioni di Stefano Fassina), la seconda è stata sicuramente sbagliata, perché gli insegnanti italiani (almeno quelli sindacalizzati) sono come ‘’gli squadristi’’ intrufolatisi nel Parco della Montagnola. Basta leggere i cartelli che brandivano: ‘’Più risorse alla scuola pubblica’’; ‘’La scuola non è un’azienda’’: ‘’No al preside-padrone’’ e altre amenità stataliste, garantiste, contrarie a ogni valutazione del merito. E, ovviamente, assunzione di tutti i precari per decreto legge.

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A proposito dei presidi-padroni (la definizione è un attacco al ruolo manageriale dei capi d’istituto e all’autonomia scolastica), nello stesso giorno in cui veniva raccontata la contestazione al ministro, il Quotidiano nazionale pubblicava un’intervista di un preside di una città del Nord il quale aveva dovuto chiedere la sostituzione di un docente in malattia per un mese. Gli avevano mandato un’insegnante da Palermo, la quale si era presentata un giorno soltanto; poi era tornata nella sua città adducendo una malattia del figlio. Infine, per farla breve, aveva inviato un certificato medico anche per se stessa.

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E’ cominciata la telenovela del voto sull’Italicum alla Camera. I talk show si sono profusi a mostrare, con la solita indignazione, l’Aula vuota in tutti i settori nel giorno della discussione generale. Nessuno si è preso la briga di spiegare che, in questa fase del procedimento, si presentano in Aula soltanto coloro che intendono intervenire e forse qualche loro amico; e regolarmente se ne vanno dopo aver parlato. Se si volesse dire la verità si dovrebbe riconoscere che la discussione generale è un rito inutile, che serve ai parlamentari per pronunciare discorsi che nessuno ascolta e che finiscono solo sui resoconti, consumando inutilmente della carta. Ciò dimostra che, per dare maggiore efficienza al lavoro legislativo, sarebbe bastato semplificare e razionalizzare i Regolamenti anziché prendere a pedate la Costituzione.

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