Con le tasche vuote e costretti a licenziare i dipendenti, i partiti pensano a una reintroduzione del finanziamento pubblico. D’altronde la comparazione è impietosa. Se per i rimborsi per le elezioni del 2008 le forze politiche hanno ricevuto la bellezza di circa 500 milioni di euro, la somma raccolta nel 2014 con il 2 x mille è stata di appena 325 mila euro, con soli sedici mila contribuenti che hanno deciso di dare i propri soldi ai partiti (in testa il Pd con 199 mila euro, seguito dalla Lega con 28.140 e Sell con 23.287).
Briciole in confronto ai fasti del passato. Come andare in giro con una Punto di terza mano dopo aver guidato una Ferrari. E i risultati si sono visti proprio negli ultimi mesi. A parte la stretta che si registra a Montecitorio e Palazzo Madama su funzionati e addetti stampa, Forza Italia ha lasciato a casa dall’oggi al domani un’ottantina di dipendenti e sta anche pensando di traslocare dalla sede di Piazza San Lorenzo in Lucina. Lo stesso ha fatto la Lega, licenziando tutti i dipendenti e chiudendo La Padania, il quotidiano del partito. Gli altri, a cominciare dal Pd, forse più accorti con le spese in passato e più zelanti nel farsi versare dai parlamentari le quote mensili, non sono ancora a quei livelli. Ma potrebbero arrivarci.
Un flop è stato anche il cosiddetto fund raising, ovvero la raccolta basata sulle offerte tra i privati. Le cene con imprenditori cui hanno partecipato sia Renzi che Berlusconi non hanno portato molti fondi in cassa di Pd e Forza Italia. E lo stesso si può dire per le iniziative politiche: la raccolta fondi all’ultima Leopolda, per esempio, è stata di due milioni, che però Renzi non ha messo totalmente a disposizione del Pd. E comunque sono bazzecole se comparate alla pioggia milionaria del passato.
Insomma, dopo l’abolizione del finanziamento pubblico, soldi per la politica non ce ne sono più. Ma i partiti non hanno intenzione di restare con le mani in mano di fronte a questa Caporetto finanziaria. E hanno iniziato a muoversi. Con grande cautela, senza farsi notare, con passo felpato, nel Palazzo si è ricominciato a parlare, o meglio sussurrare, di ridare vita a una sorta di finanziamento pubblico.
Il tema è stato oggetto di un paio di riunioni tenute segrete tra i vari tesorieri, cui hanno partecipato tutti tranne i grillini. E qui il lamento è andato in scena in maniera assolutamente bipartisan: “Non abbiamo soldi, così non possiamo fare politica, è una catastrofe, qualcosa dobbiamo fare”. E così ecco cominciare a spuntare, in sordina, le prime proposte di legge. Come quella di Sel, con il deputato Giovanni Paglia. Che ha da poco presentato un ddl per la costituzione di un fondo per partiti e movimenti politici. Secondo la proposta, ogni partito che elegge almeno un parlamentare avrebbe diritto a un euro per ogni voto preso. Così, se alle ultime Europee hanno votato 29 milioni di elettori, ecco una nuova bella torta da spartire. Più piccola di quella di prima, ma di tutto rispetto.
Un’altra proposta è stata invece depositata in Senato da uno che di bilanci di partito se ne intende: l’ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti. Che però si è tenuto basso rispetto a Sel. Secondo Sposetti andrebbe istituito un fondo per rimborsare le primarie di ogni partito con circa 2 milioni di euro. Altre proposte, però, sono in arrivo. Da Fratelli d’Italia, Lega e Ncd. Lo stesso Silvio Berlusconi, arcistufo di cacciare fuori i soldi di tasca sua per ripianare i debiti di Forza Italia, è favorevole al ripristino di un finanziamento pubblico.
La materia, però, è assai delicata e le proposte arriveranno come la neve, senza fare rumore. Perché, si sa, il tema non incontra il favore dell’opinione pubblica. Lo stesso Matteo Renzi, per esempio, è assolutamente contrario, perché sa bene che reazione ci sarebbe tra gli elettori se dovesse risorgere il finanziamento pubblico. “Noi siamo il governo che l’ha tolto, non quello che lo rimette”, ripete sempre a chi lo interroga sull’argomento.
Il tema, però, è sul tavolo. Perché, come fanno notare diversi parlamentari, le casse vuote dei partiti potrebbero incentivare la voglia di andare a procurarsi risorse con altri metodi, aumentando fenomeni corruttivi. Anche se poi la corruzione c’era anche prima, all’epoca dei rimborsi elettorali a pieno regime (gli ultimi verranno erogati nel 2017). Sta di fatto che ne ha parlato di recente anche il presidente dell’autorità anticorruzione Raffaele Cantone. Il quale, però, non ha chiesto un ritorno al finanziamento pubblico, ma semmai ha esortato verso una maggiore chiarezza nei bilanci dei partiti, ma soprattutto delle associazioni parallele e delle fondazioni. I cui finanziatori adesso possono tranquillamente rimanere anonimi.