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Tutte le colpe dei No Expo per le violenze dei Black Bloc

Unanime è stata la condanna della devastazione di alcuni quartieri di Milano nel pomeriggio del Primo Maggio. Abbiamo visto in azione i Black Bloc con tecniche di guerriglia urbana sperimentate e pianificate. Le Forze dell’ordine avevano un direttiva precisa: limitare e contenere i danni. Lo hanno fatto con abnegazione e professionalità. Nessuno ha parlato della responsabilità oggettiva degli organizzatori della manifestazione: i movimenti No Expo, i partiti veterocomunisti e quant’altro. Le riprese televisive ci hanno trasmesso le risposte serafiche di alcuni che avevano preso parte ai cortei ‘’ufficiali’’. Loro non avevano visto nulla; salvo, qua e là, qualche macchina bruciata. Ma quando si promuove un’iniziativa di cui si è consapevoli che sarà infiltrata da centinaia di delinquenti, si prendono delle contromisure, organizzando almeno un servizio d’ordine. Quando si verificano delle violenze negli stadi vengono chiamate a rispondere le società sportive. O no?

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Abominevoli sono stati gli incidenti del Primo Maggio a Milano, meritevoli delle condanne che tutti, in generale, hanno espresso. Ci furono altre epoche storiche, dal 1968 e per tutto il decennio successivo, in cui la violenza urbana era all’ordine di ogni giorno che Dio mandava sulla terra. Allora però in tanti sostenevano che si trattasse di manifestazioni contro l’autoritarismo. I cittadini – soprattutto quelli di Milano – che protestavano, venivano definiti, con disprezzo, la ‘’maggioranza silenziosa’’.

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Cinque maggio. ‘’Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro, così percossa e attonita la terra al nunzio sta’’.  Ovviamente questi versi non riguardano il ‘’giovane caudillo’’, Matteo Renzi, anche se lui crede di essere Napoleone.

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Sciopero della scuola. Il governo se ne faccia una ragione. Le motivazioni dell’astensione dal lavoro si aggrappano ai contenuti dei nuovi ordinamenti scolastici che l’esecutivo intenderebbe introdurre: in particolare, il concetto di autonomia scolastica e l’impostazione manageriale dei capi d’Istituto anche nella gestione delle risorse riservate a premiare il merito. I sindacati restano abbarbicati a una visione statalista della pubblica istruzione, come branca gestita verticalmente e centralmente. A loro, però, interessa solo la stabilizzazione dei precari. Poi tutto può restare come prima o peggio di prima.

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L’Italicum è legge dello Stato. Siamo tutti meno liberi. I No sono stati 61. La ‘’lunga marcia’’  riparte da lì.

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Negli ultimi anni ho lasciato prima Scelta civica, poi l’Ncd. Il voto determinante di questi partiti sull’Italicum spiega il perché.

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Nonostante  le Procure, l’Expo 2015  è partita bene. L’Italia sta facendo bella figura nel mondo.

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