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Tutti i segreti del voto nel Veneto felix

Come si spiega il voto del Veneto felix? E’ stato ugualmente elevato il numero degli elettori che si sono astenuti con i piedi; ma nel complesso è scaturita, dal trionfo di Luca Zaia e dal buon risultato di Flavio Tosi, un’aura di  fiducia, compattezza e solidità, nei confronti di due amministratori di vaglia, che ha avuto la meglio sul lezzo maleodorante dell’antipolitica.

Eppure, in Veneto, è emerso uno degli scandali – quello del Mose – più gravi, diffusi e protratti nel tempo degli ultimi anni. Ma in tale circostanza vi è stata  la prova del fatto che, quando le Procure agiscono in maniera corretta, le società sono in grado di affrontare e superare anche le prove più difficili.

Nella vicenda del Mose gli inquirenti hanno evitato qualsiasi forma spuria di pubblicità: non sono state rese pubbliche intercettazioni telefoniche, mentre, di solito, si abusa di questo strumento al solo scopo non di provare dei reati, ma di mettere alla gogna – con la colpevole complicità dei media – dei presunti colpevoli, sulla base soltanto di un generico, equivoco e presunto contesto di corruttela. E non si dica che, in Veneto, non è stata fatta giustizia, perché i pm sono andati a colpo sicuro, hanno evitato di spettacolarizzare l’evento ben al di là dei profili penali, e, nella maggior parte dei casi, hanno incoraggiato e consentito la via del patteggiamento.

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Ricordate il quid, quell’essenza intrinseca alla leadership di cui, ben presto, Silvio Berlusconi si accorse che mancava in Angelino Alfano, a quel tempo suo delfino? Nell’evocare il quid, l’allora Cav diede sfoggio di una non comune cultura classica, non solo per l’uso di una parola latina, ma per il concetto che essa esprime. Parla del quid niente meno che Lucio Anneo Seneca nella 58° Lettera a Lucilio: ‘’Il primo genere, secondo certi Stoici, è il quid cioè qualcosa di indefinito… Nella natura alcune cose esistono, altre non esistono’.’ Chissà se il grande filosofo pensasse proprio a una persona come il ministro Alfano.

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I Popolari per l’Italia si sono divisi: una parte è passata all’opposizione, un’altra è rimasta nella maggioranza. Il fatto è che la discriminante non ha riguardato questioni di carattere politico, bensì l’appartenenza o meno al governo. I parlamentari appollaiati su di almeno uno strapuntino si sono guardati bene dal rinunciarvi. Hic manebimus optime.

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Nella legge di stabilità il governo aveva concepito un mostruoso marchingegno per consentire ai lavoratori italiani di intascare il tfr in busta paga. Secondo una stima della Fondazione dei Consulenti del lavoro, condotta su un milione di verifiche, hanno compiuto quell’opzione in 567. Italiani brava gente.

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