I segnali di ripresa dell’occupazione anche in Puglia stanno evidenziando la capacità dei grandi apparati di produzione regionali di agganciarsi alle dinamiche in corso a livello macroeconomico, segnate da un minor costo del petrolio – attestatosi intorno ai 60 dollari – da un minor costo del servizio del nostro debito pubblico e da una svalutazione dell’euro rispetto al dollaro. Secondo gli ultimi dati Istat riferiti al primo trimestre dell’anno, in Puglia gli occupati sono saliti da 1 milione e 148 mila del primo trimestre 2014 a 1 milione e 178, con un incremento di 30 mila unità risultato il più elevato in valore assoluto fra le regioni italiane. Stanno giovando anche i provvedimenti del Governo, come la riduzione del costo del lavoro e il tanto discusso Jobs act che però solo da aprile ha avuto una piena applicazione. Stanno inoltre andando a regime e a rendicontazione gli investimenti finanziati dalla Regione con 44 contratti di programma e i Pia-pacchetti integrati di agevolazioni a valere sui fondi europei 2007-2013 – una preziosa eredità della Giunta Vendola, molto apprezzata dalle aziende che il nuovo Presidente Emiliano dovrà salvaguardare nella stessa impostazione dei bandi anche nel ciclo di programmazione delle risorse comunitarie 2014-2020 – mentre si stanno completando altri investimenti che non hanno goduto di agevolazioni pubbliche.
Proprio pochi giorni orsono sono stati avviati alcuni interventi di rilievo, come ad esempio l’investimento di una multinazionale farmaceutica nella zona industriale di Bari: la Merck Serono, infatti, ha avviato i lavori di ampliamento del suo sito, già oggi uno di quelli di eccellenza del gruppo. Ma anche la Getrag aveva annunciato nelle scorse settimane nuovi interventi per 100 milioni al fine di potenziare la produzione di cambi nella sua fabbrica di Bari, mentre proseguono i nuovi investimenti alla Tdit-Bosch e alla Magneti Marelli. Tutti gli interventi citati sono stati cofinanziati con contratti di programma dalla Regione Puglia.
Di tutto ciò, ma anche di tanti altri investimenti industriali in corso nella regione – da quello di 50 milioni per il revamping alla Versalis-Eni di Brindisi a quelli in attuazione all’Ilva sul gigantesco Afo 5 per adeguarlo alla nuova Aia – si è parlato poco nella campagna elettorale appena conclusasi, come se le problematiche dell’apparato di produzione manifatturiero, motore trainante dell’economia pugliese, interessassero marginalmente i vari candidati. Anche i due candidati del centro-destra, entrambi fuori dal nuovo Consiglio regionale, ove invece è entrata la seconda classificata del M5S dietro il vincitore del centro-sinistra Michele Emiliano, ne hanno parlato molto poco. Ed è un peccato che non se ne sia parlato a lungo perché, invece, qualora gli aspiranti Presidenti lo avessero fatto con dovizia di dati a disposizione di tutti si sarebbe potuto smentire chi ritiene che nel nostro territorio vi siano solo poche eccellenze nell’automotive e nell’aerospazio circondate da distese di ulivi e da cattedrali di pietra.
La Puglia al contrario – come è emerso il 23 maggio anche in occasione del conferimento al Golf Club Acaya di Vernole nel Salento del premio Industria Felix alle migliori imprese per settori e province presenti nella regione – è divenuta ormai una delle maggiori aree industriali del Paese: la seconda nel Sud dopo la Campania e l’ottava in Italia per il pil del settore secondario. L’esserne pienamente consapevole a chi si accinge ad entrare in Consiglio regionale gli eviterebbe almeno di incorrere in veri e propri infortuni propositivi, se è vero che ancora oggi sono in molti ad affermare che la Puglia potrebbe crescere solo con turismo, agricoltura e artigianato: affermazioni prive di fondamento scientifico – confinabili in realtà più nell’ambito del vaniloquio – cui si oppongono non solo i cospicui fatturati di centinaia di imprese industriali di ogni dimensione, ma anche la volontà di migliaia di operai, tecnici, quadri e dirigenti di difenderle con assoluta determinazione contro ogni disegno che, demonizzandone alcune fra le più grandi, volesse proporne lo smantellamento o almeno un qualche ridimensionamento. Ma anche le cinque Università pugliesi e il sistema creditizio lo difenderebbero questo apparato manifatturiero.
A proposito, ci si è accorti che altre banche del Nord come la Popolare di Vicenza e la Popolare di Milano aprono sportelli come a Lecce, o vi ampliano i loro prodotti finanziari come a Bari, avendo osservato che in Puglia vi è un potenziale di crescita di grande rilievo proprio grazie alle sue aziende industriali ? Naturalmente, agricoltura e agroalimentare competitivi, turismo di qualità, terziario avanzato legato al manifatturiero e moderno artigianato di produzione e di servizi sono risorse preziose dell’economia regionale. Ma il primato resta dell’industria nella varietà dei suoi comparti e con tutte le filiere produttive e logistiche ad essi collegate.
Se non si avrà piena consapevolezza da parte dei nuovi amministratori regionali (di maggioranza ma anche di opposizione) della grande forza del sistema industriale pugliese – che naturalmente è possibile e doveroso rafforzare con ulteriori misure di politica industriale varabili a livello locale, ma da coniugarsi con quelle nazionali – si rischia di creare una frattura profonda fra l’impegno e la determinazione che guida imprenditori, manager e sindacati dei comparti trainanti dell’economia e segnatamente dell’industria regionale, e la più vasta opinione pubblica locale che continuerebbe a pensare ad una Puglia caratterizzata solo da divari incolmabili con le aree più forti del Nord. Ed invece, una serie di indicatori ci dice che già oggi questa regione con i suoi settori più avanzati compete con successo nello scenario dell’economia globale. Ma si potrebbero superare ancora di più i buoni livelli di competitività ormai raggiunti da tante aziende di ogni dimensione. E di molto anche, senza alcuna ombra di dubbio.
Federico Pirro (Università di Bari – Centro Studi Confindustria Puglia)