Il maxi giacimento di gas trovato dall’Eni in Egitto, i meriti del Cane a sei zampe nel suo ritrovamento, le caratteristiche della scoperta, i vantaggi per l’Italia e il Mediterraneo e gli effetti geopolitici sull’intera regione.
Ecco i temi affrontati in una conversazione con Formiche.net da Alberto Clò, uno dei massimi economisti esperti di energia, già ministro dell’Industria ed ex consigliere di amministrazione dell’Eni, oggi supervisor del Rie (Ricerche industriali ed energetiche) e direttore responsabile della rivista Energia.
Professor Clò, perché la scoperta di Eni è così importante?
Perché conferma l’assoluta sua leadership ed eccellenza internazionale nell’esplorazione di idrocarburi.
Non è esagerato?
Per niente, se si considera che il blocco dove è avvenuta la scoperta era stato scartato da altre major petrolifere che Eni aveva addirittura provato a coinvolgere, mettendo a disposizione alcuni big data, ma avendone una risposta negativa.
Le altre Big oil si staranno mangiando le mani, vuol dire?
Quel che voglio dire è che non si è trattato di un colpo di fortuna. L’Eni ha dimostrato di avere un know how non secondo a nessuno, dato da competenze professionali, capaci di intuizioni geniali come quella sul giacimento testè scoperto, modelli di analisi dei dati di primissimo ordine e, nelle fasi a valle, anche da gioielli tecnologici come Saipem, che mi auguro, anche per gli effetti di questo ritrovamento, possa rimanere nelle mani del Gruppo. Poi, ovviamente conta anche il gas.
Ecco, il gas. Che caratteristiche ha quello trovato in Egitto?
Il giacimento di Zohr è straordinario non solo o tanto per la sua dimensione e la qualità del metano. Ma soprattutto per la sua collocazione. Trovare un barile o metro cubo alle frontiere del mondo, non ha lo stesso valore che trovarlo in un posto come l’Egitto, a pochissima distanza dai mercati di destinazione e con infrastrutture e impianti di trattamento e liquefazione del gas già ampiamente realizzati.
Questo in cosa si traduce?
In un’elevata produttività del giacimento, in bassi costi di estrazione e consegna del gas e, presumo, in una significativa redditività del progetto anche a fronte di prezzi bassi. Fattore significativo è dato poi dai ristretti tempi trascorsi dall’inizio delle ricerche, gennaio 2014, e previsti per l’entrata in esercizio, entro il 2018. Niente in confronto agli altri grandi progetti in corso di realizzazione nel mondo.
Come è stato possibile tutto ciò?
Eni ha dovuto giocoforza adattare i suoi piani di spesa ai diminuti cash flow concentrando la sua azione nel core business minerario – dove già negli anni scorsi aveva superato i competitor con tassi di sostituzione degli idrocarburi estratti superiori al 100% contro percentuali altrui di molto inferiori – e nelle aree storiche di insediamento, come l’Egitto, in cui hai consolidati rapporti istituzionali e di cui ha una gran conoscenza e una gran mole di dati. Quel che ha costituito un indubbio vantaggio competitivo che la compagnia guidata da Claudio Descalzi ha sfruttato nel migliore dei modi.
Per l’Italia sarà un grosso vantaggio?
Mi è parso di capire che la maggior parte del gas estratto sarà destinato al mercato egiziano interno e solo residualmente per il nostro mercato o comunque quello europeo. L’Egitto era in affanno nei suoi approvvigionamenti di energia, potendo quindi trarne un sostegno alla sua economia e, in generale, a quella del Nord Africa, con ricadute importanti anche per le nostre imprese che vi operano.
E sul più ampio fronte geopolitico?
Non ritengo, come sostengono alcuni, che questa pur importante scoperta possa di per sé emancipare il nostro Paese o l’Europa dai rifornimenti dalla Russia. Al di là del momento delicatissimo, continuo a pensare che Bruxelles e Mosca debbano addivenire ad un’intesa nel reciproco interesse. Mentre nella regione, non è per ora chiaro quali effetti si produrranno. Israele, ad esempio, avrebbe voluto esportare il suo gas in Egitto ed ora di certo i rapporti negoziali tra i due paesi si sono modificati, o dovrà puntare su altre opzioni come quella turca o cipriota . Ma senza entrare nel merito delle singole situazioni, questo ritrovamento potrà avere effetti positivi su tutta la regione. Molti sottovalutano il fatto che la povertà energetica – segnatamente nei Paesi nella sponda Sud del Mediterraneo – è devastante quanto i rischi dei cambiamenti climatici. La lotta alla prima non può essere inferiore alla lotta a questi ultimi.