La strategia di Daesh si regge su quattro pilastri che stanno alla base anche degli attentati di Parigi, e di cui dobbiamo tenere in gran conto se vogliamo trovare risposte adeguate a quanto è accaduto non solo ai parigini ma anche quanto sta accadendo ai musulmani occidentali.
Il primo pilastro strategico si trova a Sud del Mediterraneo, dove si approfitta dell’instabilità politico-economica per colpire il pluralismo islamico in nome del fondamentalismo. Il secondo, a Nord, destabilizza la vita degli occidentali trasferendo il jihad nel cuore della quotidianità delle sue capitali. Nel mezzo, l’obiettivo è quello di far vivere nell’inferno, nell’isolamento e nella discriminazione i musulmani da anni residenti se non addirittura nati in Occidente, fomentando così il dubbio e lo scontro tra chi è musulmano e il resto del mondo. E infine, il quarto pilastro, ma non meno importante degli altri tre, è questo: rubare a noi musulmani europei il futuro. Il che avviene con l’indottrinamento di giovanissime e fragili personalità che nella crisi attuale diventano facili prede da attrarre con messaggi di un mondo perfetto da costruire sulla terra, con una nuova identità e riscatto sociale o comunque da aggiudicarsi con al jannah, il paradiso, grazie al jihad.
Rispetto a questo, siamo in estremo ritardo e non c’è più tempo da perdere perché siamo nel bel mezzo di una guerra. Una guerra, peraltro, giocata d’anticipo e preparata con cura dai nostri nemici. Un esercito, conviene ribadirlo, con al seguito un nucleo di giovani pescati nel mezzo, quindi anche figli dell’Occidente, che riescono benissimo a mimetizzarsi. Non a caso, a Parigi erano solo (otto) ragazzi che però sono riusciti a seminare il panico e a lasciare sull’asfalto decine di vittime. Come si affronta una situazione simile? Da dove cominciare?
Tralasciando il primo campo di battaglia, e cioè il Sud del Mediterraneo dove, ricordiamolo, i morti sono soprattutto musulmani e l’inferno è quotidiano, bisogna adesso partire da Nord, qui è fondamentale il racconto. In giorni come questi bisogna mettere da parte la rabbia e cercare il più possibile di far parlare la ragione. La Francia, grazie a una classe dirigente preparata, nei momenti difficili riesce a essere unita, e lo stanno facendo anche ora. Purtroppo non è andata allo stesso modo per noi.
In questi giorni bisognerebbe fare l’impossibile per non cadere in una delle trappole del Daesh: cioè creare lo scontro tra musulmani che vivono in Occidente e l’Occidente stesso. Ciò significherebbe colpire la convivenza pacifica, per l’appunto creare lo scontro. In parole povere, trasformare cittadini europei in una minaccia solo perché sono di fede musulmana in modo da alzare il livello del caos, della paura, dell’instabilità, della sfiducia. Ma porterebbe anche a isolare questi cittadini europei musulmani,a discriminarli al solo scopo di pescare nuove altre fragili personalità nello smarrimento. Ebbene, noi siamo caduti in pieno in questa trappola.
Questi sono stati giorni terribili, eppure il profondo sgomento dopo gli attentati di Parigi è stato coperto da insulti, bestemmie, inesattezze e calunnie diventati gli ingredienti principali del contenitore informativo italiano.
Bastarda, assassina e terrorista. Musulmana, bastarda, assassina e terrorista. Musulmana marocchina, bastarda, assassina e terrorista. Sono le parole che hanno provato e provano a cancellare la mia italianità e la mia storia, con l’intenzione di isolarmi. Parole che mi rimbombano nella testa in continuazione. Insulti e minacce che milioni di musulmani subiscono. Anche se si tratta di musulmani che nulla hanno a che vedere con il messaggio criminale dell’Is, ciò nonostante insomma si sentono ripetere gli stessi insulti.
Musulmani che, impotenti, sono finiti in una doppia trappola: da una parte quella dell’Is, dall’altra quella dell’ignoranza e del razzismo populista. Solo chi ha anticorpi di ferro può sopportare ciò che sta accadendo sullo sfondo degli attentati di Parigi, e non solo. A chi giova tutto questo? All’Is, naturalmente. Perciò attaccare indiscriminatamente la convivenza pacifica di milioni di musulmani in Occidente è l’ultima cosa che possiamo permetterci.
È necessario fare chiarezza sugli errori commessi che hanno portato una piccola minoranza, cresciuta in grembo alla libertà, a votarsi al messaggio dell’orrore e del totalitarismo dell’Is. È il momento di farsi una domanda e cercare di rispondere a breve termine perché dobbiamo prevenire ma allo stesso tempo costruire, e allora: che Islam vogliamo far crescere in Europa?
Sino a oggi in Europa, e in Italia, si è giocata la carta dell’ambiguità. Non si è scelto, se non a slogan, di riconoscere che la realtà islamica è parte del tessuto europeo. In molti dicono che “l’Islam è una cosa che si devono vedere i musulmani tra loro”. È una scelta miope e scellerata, perché ha creato frammentarietà e più potere ai fondamentalisti, dopati da cospicui finanziamenti e appoggi esterni da parte di petrolmonarchie che hanno potuto agire senza nascondersi e nell’incuranza di tutti. Non riconoscendo l’Islam come parte integrante dell’Europa si è permesso ad altri di trasformarlo in un’ideologia oscurantista che si vuole chiamare Islam, ma che in realtà ha partorito solo un mostro. Paradossalmente l’Europa è diventata il terreno più fertile per far prosperare questa ideologia oscurantista.
Lo spazio decisionale che dovrebbe essere ricoperto dai governi e nel quale l’Islam dovrebbe crescere è stato lasciato vuoto, e quindi ricoperto da mostri.
C’è bisogno di fare scelte importanti, ambiziose e coraggiose per riappropriarsi di quello spazio decisionale lasciato vuoto. Scegliere da che parte stare significa dare all’Islam una cornice di valori europei, quelli democratici. Valori che comprendono i diritti umani, certo, ma che non dovrebbero mai trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Non si possono inglobare atteggiamenti culturali contrari ai valori di un contesto democratico dove la libertà dell’individuo è uno dei pilastri fondanti.
Nessuna scusante dunque per coloro che, sfruttando il multiculturalismo, introducono interpretazioni fondamentaliste devianti dal messaggio originario e autentico dell’Islam. Nessuna scusante per coloro che vorrebbero chiamarsi fuori dal controfirmare un patto che dovrebbe stare alla base del rapporto tra stati europei e società civile musulmana.
Questa è la base sulla quale costruire un Islam europeo. Riunire le forze migliori che abbiamo per costruire un percorso civile per le generazioni a venire. Un percorso che possa difenderci da questa minaccia fondamentalista che colpisce indistintamente, e possa anche proteggere e far crescere un Islam europeo sano e forte.
È il momento di governare anche l’Islam che abbiamo in casa, se non si vuole che venga governato dall’Is. È il momento di dotare l’Islam di una cornice di diritti e doveri. Gridare in Italia alla minaccia di moschee e imam fai da te è ridicolo e non è una risposta al problema. Dotare i musulmani di moschee legali e imam colti e illuminati significa riconoscere una realtà da guidare e proteggere è nell’interesse di tutti. Per questo gli slogan devono prendere il posto della responsabilità perché è il momento di governare la realtà islamica che è parte integrante dell’Europa, a cominciare dal nostro paese. Anche così si combatte il fondamentalismo dell’Is, ribaltando il loro messaggio del terrore e investendo nella convivenza con un Islam maturo, sano, forte e credibile.