Partecipare alle riunioni tecniche dell’OCSE a Parigi può essere un’occasione illuminante di confronto con le esperienze di Paesi più progrediti del nostro, ma anche di frustrazione nel constatare il ritardo che separa il nostro Paese da quelli e per la snervante lentezza con cui il necessario cambiamento procede nella realtà italiana. Questo è il caso di un recente incontro di policy makers di paesi emergenti con quelli dei paesi più avanzati.
L’argomento riguardava il metodo per rendere i servizi pubblici più rispondenti alle esigenze dei cittadini e delle imprese. Il modello che viene additato come esempio da seguire è stato introdotto nel Regno Unito nel 2007 ed è un approccio chiamato “Diccelo solo una volta”, che si basa sul metodo Life Event Strategy. Il metodo è incentrato sulla ricognizione dettagliata delle concrete difficoltà che l’utente incontra nell’ottenere dalla PA un servizio, come una licenza, una patente, un certificato, il passaporto, o il pagamento delle tasse, al fine di individuare la natura delle difficoltà o dei nodi, insieme alla loro frequenza ed estensione.
Sulla scorta di questa analisi, dialogando con gli utenti ed attraverso un coordinamento di ministeri ed autorità locali, la PA ristruttura il contenuto del servizio, il procedimento e il modo di farlo fruire. Il risultato consiste in un drastico snellimento dell’iter amministrativo, nella centralizzazione di tutte le informazioni relative all’utente in un’unica banca dati aggiornata in tempo reale, nella soppressione dell’obbligo di ripresentare gli stessi documenti per ogni servizio che si chiede, nella rapidità del servizio e nel taglio dei costi per entrambi, PA e utente. Si elimina, inoltre, la circolazione di documenti cartacei.
Ad esempio, i certificati anagrafici di nascita e decesso sono stilati automaticamente una volta ottenuta l’informazione e sono dati per acquisiti dall’intera PA. La patente e il passaporto sono emessi e rinnovati automaticamente una volta acquisite le informazioni necessarie in tempo reale. Altrettanto per licenze e permessi, utilizzando tutte le informazioni presenti nella banca dati.
Nel RU si calcola che per una famiglia che prima dell’introduzione del sistema doveva contattare la PA 44 volte in tre mesi per ottenere quanto richiesto, dopo bastava un solo contatto. Si aggiunga che il sistema ha fatto realizzare in 10 anni risparmi stimati in £192 milioni per la PA e £68 milioni per gli utenti, senza contare il miglioramento della qualità della vita.
Il sistema rende la vita più facile a famiglie ed imprese, ma richiede forte coordinamento e all’interno della PA, e con gli utenti privati, estesa digitalizzazione e semplificazione delle procedure e delle comunicazioni, sperimentazione della piattaforma digitale, e sviluppo per gradi partendo da un progetto pilota. Comporta anche investimenti in ICT per hardware e software, e soprattutto un’alfabetizzazione digitale estesa a gran parte della popolazione.
L’esempio britannico è stato seguito dalla Francia che ha lanciato lo stesso sistema nel 2008 con risultati altrettanto notevoli. Esempio: mentre quell’anno il 77% delle imprese incontrava difficoltà nelle pratiche amministrative per l’export, tre anni dopo la percentuale si era ridotta al 45%. Anche il Portogallo ha attuato una strategia simile.
E l’Italia? Non si può parlare di una strategia perché non esiste, ma di misure parziali, limitate a qualche comparto, e con disparità sul territorio e ritardi nell’attuazione. Il piano per la banda larga è ancora in alto mare, la semplificazione amministrativa va avanti ma la meta è ancora lontana, l’e-government è frammentario, non copre tutti gli enti e poco affidabile. La digitalizzazione delle cause di giustizia è ancora una scommessa da vincere. E sullo sfondo i dati disarmanti sugli utenti del web: il Paese è terzultimo nella graduatoria europea.
Secondo l’ultimo rapporto del CENSIS, solo il 18% interagisce con la PA via web, il 10% per le pratiche anagrafiche, il 12% per le prestazioni del welfare, il 17% per le prenotazioni mediche e il 10,6% per gli accertamenti diagnostici, benché la maggioranza degli utenti si dichiari soddisfatta dei servizi online. Sbloccare il Paese e la crescita vuol dire anche fare un salto in avanti forzando la PA a semplificare e digitalizzarsi nelle procedure e nel suo fare, e imparando dai paesi avanzati. Non si può più attendere anni in un’interminabile serie di vincoli e ritardi.