La notizia è ormai rimbalzata un po’ su tutti i media nazionali, ed è stata già ampiamente discussa: la Commissione Ue ha aperto una procedura d’infrazione all’Italia in materia di asilo. Con una lettera di costituzione in mora – primo passo della procedura effettiva – la Commissione Ue esorta Italia, Grecia e Croazia ad attuare correttamente il regolamento Eurodac per la raccolta d’impronte degli arrivati.
Si tratta, a ben vedere, di un iter applicativo che segue alla lettera le normative in fatto di riconoscimenti richieste ai Paesi membri per le relative identificazioni. D’altronde, senza sapere chi sono scrupolosamente le persone che circolano clandestinamente sul territorio, è evidentemente quasi impossibile riuscire a gestire i flussi, e impostare conseguentemente le quote da destinarsi poi ai singoli Stati membri.
La reazione dell’Italia è stata dura, e a giusta ragione. Matteo Renzi ha replicato alle accuse con parole nette: “Non basta lavarsi la coscienza dando qualche soldo a qualche paese. Noi realizzeremo tutti e cinque gli hotspot, ma non è partito il processo di relocation come vorremmo che partisse”. Ha poi aggiunto piccato: “Non possiamo farci passare addosso come niente fosse quello che avviene nel Mediterraneo. In Italia non ci lasciamo emozionare per un momento come qualche collega europeo che poi si dimentica di quel che succede. Noi facciamo in modo diverso da altri Paesi che strillano dopo la tragedia e poi si dimenticano”.
A titolo di commento si può notare, d’altronde, che la risposta indispettita che il Governo italiano ha prontamente trasmesso a Bruxelles è sacrosanta. L’UE si è completamente disinteressata e per lunghi anni alla gestione collettiva del fenomeno immigrazione, salvo poi prendersela con i Paesi di confine maggiormente sottoposti agli arrivi per ragioni geopolitiche.
L’atteggiamento bacchettone tenuto dalle autorità comunitarie è, infatti, sbagliato e fallimentare. E’ sbagliato perché si fa portatore esclusivamente degli interessi dei Paesi più forti e protetti; e fallimentare perché fornisce sanzioni e critiche, senza dare aiuti e soluzioni corrispondenti e proporzionate.
D’altra parte, al netto di questa valutazione soggettiva, occorre aggiungere che la richiesta di monitoraggio delle presenze è invece oggettivamente necessaria e imprescindibile. Tanto per cominciare perché, davanti ai rischi sicurezza e terrorismo, occorre sapere bene chi c’è accanto a noi e schedare pertanto chi arriva. Il controllo del territorio riguarda principalmente le persone, ed è una delle funzioni prioritarie di cui devono occuparsi gli Stati moderni nella nostra epoca.
In più, il controllo preciso delle identità dei migranti rappresenta una soluzione intermedia e intelligente a due eccessi che sembrano contrastare e minacciare la democrazia europea: da un lato l’atteggiamento sostenuto dall’estrema destra di proporre una nuova forma di Stato chiuso che eriga muri, come in Ungheria, o determini diseguaglianze radicali tra le persone, come vuole il Fronte Nazionale in Francia, oppure sostenga il sistema dei respingimenti in qualità di metodo, come nel caso di Donald Trump negli States; e dall’altro la politica falso buonista e irresponsabile dell’accoglienza indiscriminata, scelta questa per anni portata avanti da tanti Paesi di confine molto deboli e troppo “umanitari” come l’Italia.
In direzione opposta è necessario certamente accogliere. Ma è obbligatorio farlo sapendo bene quale sia l’identità di chi arriva, quale sia la ragione per cui è qui, e dove e per quale giustificata esigenza voglia andare poi in un altro Paese confinante dell’Unione.
Alla logica del soccorso per motivi eccezionali, dovuta alla sopravvivenza dei profughi, deve andare dietro una seria politica della sicurezza nelle finalità positive e non criminali di chi è sopraggiunto in modo comunque illegale da noi, e viene lo stesso accolto dentro l’area Schengen come profugo.
L’Ue, dunque, invece di fare stupide accuse contro Paesi come l’Italia che pagano di tasca propria e si gravano difficoltosamente degli oneri delle missioni di soccorso in mare, dovrebbe viceversa mettere a disposizione soldi e mezzi per rendere più agevole la complessa azione di anagrafe preventiva dei migranti. Tenendo conto, infine, che il nostro Paese da tanto tempo sta già operando egregiamente e con grandissima umanità in tal senso, pur tra mille e più di mille complicazioni, senza il minimo appoggio da parte di nessuno.