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Che ha combinato Renzi su Banca Etruria e Banca Marche?

C’è lo storytelling del Vincente, interpretato dal Tagliatore di nastri. Colui che inaugura la Variante di Valico, una delle tanto vituperate Grandi opere volute da Berlusconi, che festeggia il successo dell’Expo 2015, che si fa beffe dei gufi, uccelli del malaugurio che non tifano per la ripresa economica. Il Rottamatore del passato si rappresenta così creatore di futuro. Per legittimarsi, ha bisogno di un ponte mediatico diretto con la collettività, megafonato dalla grande stampa che cerca di tenere insieme i dati economici con l’azione di governo.

IL RUOLO DELL’ESTABLISHMENT

L’establishment industriale e finanziario ha usato il Rottamatore per oscurare i grillini. Il suo modo spiccio di arrivare al governo, mettendo velocemente all’angolo Enrico Letta attraverso decisioni preconfezionate nella direzione del PD, la cui maggioranza è frutto delle primarie in cui Renzi ha provocato la disfatta dei vecchi equilibri. Anche il padrinaggio politico in suo favore serviva a dimostrare la inutilità dei grillini: se si doveva cambiare la Costituzione, mandare in pensione la legge elettorale, cacciare senza eccezioni i vecchi burocrati, rottamare la classe politica della Seconda repubblica, ebbene il Rottamatore lo si sceglie dall’alto Colle.

Che il Rottamatore maramaldeggi sul proprio partito, usi le procedure parlamentari come un grimaldello per far saltare qualsiasi dibattito estenuante evitando così ogni mercanteggiamento, proponga al Presidente della Repubblica decreti-legge per ogni necessità, metta e rimetta la fiducia cambiando continuamente i testi ad ogni lettura, non meraviglia più nessuno. Il Parlamento è già stato aperto come una scatola di sardine. Se non facesse così, che Rottamatore sarebbe?

Sostenere Renzi, e la sua Rottamazione, è il modo attraverso cui l’establishment industriale e finanziario si tutela: ha preteso da Renzi l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, così come chiede la riduzione del cuneo fiscale; invoca la privatizzazione del welfare sanitario e previdenziale per dare spazio fiscale al reddito di cittadinanza messo a carico degli altri lavoratori; pretende la creazione di un mercato delle sofferenze bancarie, la riorganizzazione delle banche popolari e del credito cooperativo.

Fintanto che c’è da ottenere risultati, la Confindustria e l’establishment finanziario accettano qualsiasi pedaggio populista, come gli 80 euro in busta paga. Servivano a chiudere la bocca alla sinistra, con quella che una volta sarebbe stata definita una mancia. Lo spesso Premier, ora, li definisce i “lingottini” della Legge di Stabilità.

Il distaccarsi di frange a sinistra, nel Pd, ha reso inevitabile l’accreditamento al centro di Renzi, che ha dovuto riproporre a partire dal 2016 la eliminazione dell’Imu sulla prima casa. Ha rialzato da terra la bandiera che fu di Berlusconi: ci vinse nel 2008, ai tempi in cui si chiamava Ici, il duello con Prodi e poi ci costruì la rimonta nella campagna elettorale del 2012, sfidando Bersani che voleva “smacchiare il giaguaro”.

Tutto va bene finchè si tratta di spezzare il legame con il passato, con le vecchie politiche, le vecchie facce, i vecchi marpioni: gli altri lasciavano le opere incompiute, Renzi le completa; gli altri parlavano di riforme istituzionali, Renzi le approva. E così sbaraglia il campo, una vittoria dietro l’altra.

Il Tagliatore di nastri è dunque il dritto della medaglia, quella che celebra il Rottamatore vincente contro tutto e contro tutti, supportato dall’establishment e dalla grande stampa.

LA REALTA’, OVVERO L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA

Lo storytelling vincente si infrange all’irrompere della realtà. Già la fase riflessiva della crescita economica nella seconda metà dell’anno aveva indispettito il Rottamatore, alla ricerca dei nuovi gufi. La mazzata è arrivata con la messa in liquidazione di quattro banche locali: doveva essere una sciocchezzuola, da celebrare passando ancora una volta come il Salvatore dei depositi dei correntisti e dei posti di lavoro.

Ci si sono messi di mezzo il suicidio di un pensionato che aveva sottoscritto obbligazioni di Banca Etruria, dichiarate senza valore con la risoluzione della vecchia banca ed i risparmiatori che si sono sentiti traditi.

La narrazione si inceppa quando il Rottamatore deve fare i conti con le conseguenze impreviste delle sue stesse decisioni. Dapprima barcolla: se la prende con l’Unione europea; quindi cerca di rimediare alle perdite dei risparmiatori con la previsione di un sistema di risarcimenti per chi fosse stato truffato; di seguito incarica Cantone di gestire gli arbitrati.

Deve rimettere le vesti consuete: il Rottamatore torna in sella, dà il via libera ad una ipotesi di Commissione parlamentare di inchiesta che faccia luce sulle vicende bancarie degli ultimi quindici anni, per indagare sui comportamenti della Vigilanza di Bankitalia, sulla sorveglianza di Consob, e sulle iniziative giudizarie in corso. Ha bisogno di nuovi nemici.

I PASTICCI SULLE 4 BANCHE LOCALI

Se il governo non è riuscito mai a spiegare i perché del decreto legge sulle banche, incartandoci tra le ambiguità della Commissione europea, è perché a sua volta si era incartato nelle due procedure, quella sui salvataggi delle banche e quella della tutela dei depositi fino a 100 mila euro, che danno luogo a due Fondi completamente distinti: c’è il Fondo per la garanzia dei depositi, attivabile su base volontaria da parte del restante sistema bancario per sostenere una banca in difficoltà, ma solo a condizione che Banca d’Italia e governo non abbiano dato corso alla risoluzione bancaria; e c’è il Fondo di risoluzione bancaria attivabile su base obbligatoria dalle autorità pubbliche per ottenere l’apporto del sistema bancario quando si è deciso che una banca non può essere più salvata e si deve crearne una nuova con il capitale di questo Fondo e gli asset ancora in bonis.

Si è pasticciato tra l’uno e l’altro Fondo, dopo aver abbandonato la prospettiva di dare un sostegno alle vecchie banche per procedere alla loro risoluzione dopo averle ripulite. C’è di che fare bei soldoni, ora: sia comprando le nuove banche ripulite, sia acquistando le sofferenze confinate nella Bad Bank ai prezzi ultra stracciati decisi con la risoluzione: andava tutto bene, se non fosse stato per quel dannato suicidio e l’ira dei risparmiatori truffati.

Il commissariamento delle quattro banche forse è arrivato tardi ed è andato probabilmente troppo per le lunghe: già da maggio erano stati avviati i contatti con l’Unione, ma solo a novembre si è deciso di scioglierle con la approvazione del Tesoro. Dimostrando di stare dalla parte del mercato e non dei risparmiatori protetti dalla Costituzione: questa è già tutta carta straccia, di cui non c’è memoria, figurarsi se rappresenta un argine alle direttive comunitarie che buttano la croce sul risparmiatore disattento.

Purtroppo per lui, il governo Renzi è in carica ormai da quasi due anni, dal 22 febbrario del 2014, e non da due giorni. Ma fino alla emanazione del decreto legge salva-banca sembrava non aver nè visto, né capito, nè fatto nulla. Ad agosto del 2014, per esempio, Banca Etruria rinunciò all’utilizzo dei Monti bond: costavano troppo, si affermò ufficilamente, ed era più economico usare le risorse già raccolte tra i correntisti, cui erano stati offerte le ben note obbligazioni subordinate. Al Tesoro, che pure aveva concesso i Monti bond, occhi chiusi: lo Stato, dal default di Banca Etruria, se ne è uscito all’inglese.

Sono questioni complesse, che non possono essere tradotte nel linguaggio semplificato del tweet: ecco che il Rottamatore deve ritornare sui suoi passi, attaccare tutto e tutti, dopo aver sfiduciato platealmente Bankitalia e Consob: anche se ne ghigliottinasse i vertici, non cambierebbe nulla. Le direttive europee stanno lì, e la realtà soprattutto non si cambia a sbuffi e piagnistei.

L’UTILITA’ DI NUOVI NEMICI

Bisogna trovare altri nemici, dai precedenti Governi che si sono fatti imporre le direttive sul bail-in bancario, alla Commissione europea che userebbe due pesi e due misure, alla Germania che egemonizza l’Unione. Meglio, dunque, se i contenziosi si moltiplicano: deficit di bilancio, aiuti di Stato all’Ilva, questione bancaria, sanzioni a Mosca, raddoppio del North Stream, questione immigrati ed interventi in Siria e Libia.

Ha il M5S alle calcagna, il Rottamatore: deve alzare il tiro più di loro. Chi ha sbagliato deve pagare. Ma lui no; il Premier non sbaglia per definizione: come nella monarchia inglese, the King cannot do wrong. Ha bisogno del passato, maledettamente, il Rottamatore: di un passato disonorevole da seppellire senza mai una prece.

Ha l’opinione pubblica che ondeggia, il Rottamatore: deve intervenire in prima persona su ogni questione. Il suo governo è sparito, non c’è più un ministro che sia responsabile della condotta del suo dicastero.

CHI E’ PREOCCUPATO

L’establishment industriale non ha incassato granché, perché il Job Act è servito a poco. Dalla riforma delle banche popolari, poi, il gotha finanziario non ha incassato alcun beneficio. La accelerazione delle procedure fallimentari non ha incentivato la creazione di un mercato dei crediti in sofferenza, tutti rimasti in pancia alle banche. La gestione improvvisata ed improvvida delle vicenda di Banca Etruria può danneggiare la fiducia nel sistema: il futuro è bigio.

L’establishment mercatista ed europeista cerca di nascondersi, mettendo sul palcoscenico il Rottamatore, negando ancora la sua responsabilità storica e politica della più grave recessione della Storia italiana, un crimine contro la collettività.

LA MASCHERA E IL PALCOSCENICO

Instancabile, tra il dire e lo strafare, il Rottamatore continua a roteare la spada facendo il vuoto attorno a sé, di uomini ed istituzioni. Ormai deve farlo per difendere se stesso, per mettersi al riparo dalla realtà che gli si para dinnanzi, sempre più solo.

Ha capito, forse, l’inganno: è stato usato, ma non lo confesserà mai, prigioniero com’è della maschera che lo ha portato sul palcoscenico.



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