“No, la candidatura di Enrico Rossi alla segreteria del Pd non vuole essere affatto una iniziativa di disturbo voluta da Matteo Renzi per mettere in difficoltà la sinistra del partito…Vuole essere un laboratorio per far nascere una vera sinistra riformista, né guascona come a volte il premier E né ideologica o persino violenta come quell’area che definisce Renzi un autoritario balilla…”.
Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità, opinionista di rango, specializzato nelle ingarbugliate e travagliate cose della sinistra italiana spiega a Formiche.net lo “strano” caso dell’autocandidatura del governatore toscano, annunciata lunedì 22 febbraio a Pontedera, che sta generando nella minoranza dem, di Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, più di un sospetto. E cioè che all’origine ci sia un patto, più o meno esplicito, tra lo stesso premier-segretario e il suo finora unico competitor al congresso del Pd previsto nel 2017. Il sospetto nasce dalle dichiarazioni dello stesso Rossi il quale ha annunciato come caposaldo del suo programma la volontà di superare la contrapposizione tra renzismo e anti-renzismo. Voci, raccolte da Formiche.net tra gli anti-renziani del Pd, che definiscono Rossi per Renzi “il miglior perdente” perché “male che va avrà diviso l’opposizione interna in due”. Ecco, invece, la terza via di Rossi, spiegata dall’ex direttore dell’Unità.
Caldarola, per lei che sta facendo anche da consigliere a Rossi in questa sua nuova avventura, le cose stanno così?
No, è una lettura sbagliata almeno per quello che riguarda le intenzioni di Enrico. Lui, con il suo peso e la sua storia (alle elezioni regionali con quasi il 50 per cento è stato il più votato d’Italia dopo il leghista Luca Zaia in Veneto), è espressione di quella Toscana gentile e non guascona che vuole provare a fare un laboratorio di una vera sinistra riformista. Non è anti-renziano nel senso che vede nel premier uno che sta provando a fare delle giuste riforme, ma avverte anche che ora rischia di impaludarsi nei giochi della vecchia politica. Quindi, avverte che sia arrivato il momento di superare Renzi e il renzismo e di consegnarlo all’archivio storico.
Ma ammetterà che la minoranza ha le sue ragioni per essere in fibrillazione…
Ecco, Rossi avverte anche che c’è necessità al tempo stesso di superare una certa sinistra protestataria che si avventa contro il premier definendolo un nuovo Silvio Berlusconi.
Ma c’è chi lo vorrebbe far apparire giocando sul suo cognome un “Signor Rossi” senza il necessario appeal per sconfiggere il premier. Come la vede?
Innanzitutto, il governatore toscano ha una storia importante nella sinistra e un curriculum di peso. E poi, attenzione: lui ha sempre detto che bisogna eliminare la doppia leadership che vede contemporaneamente Renzi presidente del Consiglio e segretario del partito. Quanto alla notorietà, Voglio fare esempi stranieri dei leader emergenti della sinistra mondiale che non erano famosissimi prima della loro discesa in campo: l’inglese Jeremy Corbyn (leader dei laburisti inglesi) e lo statunitense Bernie Sanders (sfidante di Hillary Clinton alle primarie per la Casa Bianca del Partito democratico, ndr). Tutti leader settantenni o quasi.
Ecco, l’età. Rossi ha 57 anni, non proprio giovanissimo secondo gli schemi della rottamazione renziana. Può essere una difficoltà?
Ah si? Ma a confronto della signora Clinton e degli altri è allora un ragazzino…
Ma il governatore quante truppe ha? Il segretario renziano del Pd toscano, Dario Parrini, lo definisce “più che autonomo, isolato”.
Il problema non sono le truppe. I laboratori nascono dalle idee, come dimostrano i nuovi leader della sinistra mondiale che prima ho citato.